il Giornale, 18 gennaio 2018
L’ex brigatista infastidito dall’anniversario di Moro
Roma Non bastavano gli hater, e nemmeno i webeti sic et simpliciter, quelli che sui social non perdono occasione per commentare a sproposito e seminare rancore nascosti dietro una tastiera. Adesso a litigare sul web ci si mettono pure gli ex terroristi. E, come per tutte le derive social, lo fanno a cascata.
L’inizio è noto, e a innescarlo è un post dell’ex brigatista rossa Barbara Balzerani, una che non s’è mai pentita né mai dissociata, che commentando il prossimo 40ennale della strage di via Fani e del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro, pensa bene di scrivere: «Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40ennale?». Una battuta di pessimo gusto per chi fece parte del commando che freddò i cinque uomini della scorta e partecipò al lungo rapimento, finito tragicamente, dell’ex presidente della Dc. Al post-shock della Balzerani replica, a caldo, il brigatista pentito Raimondo Etro, criticando l’ex compagna di lotta armata, invitandola a «tacere in nome dell’umanità verso le vittime» e concludendo con un glaciale «ci rivedremo all’inferno». Segue un’ondata di prevedibili quanto inevitabili polemiche, soprattutto per l’evitabilissima ironia della Balzerani, ma anche l’invito di Etro («Il silenzio sarebbe preferibile all’ostentazione di sé, per il misero risultato di avere qualche applauso da una minoranza di idioti») cade inascoltato. Perché al battibecco, lunedì pomeriggio, si unisce Enrico Galmozzi, ex terrorista anche lui, tra i fondatori di Prima Linea, condannato per gli omicidi del militante missino Enrico Pedenovi e del brigadiere di polizia Giuseppe Ciotta. E sempre su Facebook Galmozzi pensa bene di dire la sua, ça va sans dire con garbo e misura: «E no cazzo! Va bene tutto ma la rottura di balle del 40ennale di Moro no! Mo hanno già cominciato: Raimondo Etro è uno psicopatico oltre che un ignobile pentito ma pure la pasionaria, dai, dicesse che hanno fatto una stronzata e non ne parliamo più: che palle!». Di parlarne, invece, ha voglia Potito Perrugini, nipote di Ciotta, che fu ammazzato da Galmozzi nel 1977. «Disgustoso. Formalmente avranno anche scontato la pena, ma non solo non si sono mai davvero pentiti, e ora si permettono di sbeffeggiare pubblicamente le vittime», sospira Perrugini. «Forse – conclude – sanno che nessuno prenderà iniziative, o rivaluterà i benefici che hanno già ottenuto. Che tristezza».