Corriere della Sera, 18 gennaio 2018
«Futuro al top». Intervista a Alessandro Antonello
MILANO I riflettori non li ama. È uno sportivo, abituato a lavorare con metodo e costanza per arrivare al risultato. Alessandro Antonello, varesino di nascita e bergamasco d’adozione, lo scorso luglio, a 52 anni, è diventato amministratore delegato dell’Inter. Il calcio gli è entrato nel sangue da piccolo, il nuoto è l’altra sua passione che gli ha insegnato il rigore e il metodo, la fatica quotidiana dell’allenamento e delle levatacce di prima mattina. È lui la mente finanziaria dell’Inter e, in un calcio dominato da numeri e bilanci, non è facile restare in equilibrio.
È arrivato prima l’Inter o il nuoto?
«A 7 anni andai a San Siro per una partita di coppa e mi innamorai subito dell’Inter. Ma ho un altro grande amore, il nuoto. Avevo iniziato a 5 anni e nel 1984 sfiorai il tempo per qualificarmi all’Olimpiade di Los Angeles».
Cosa significa a 52 anni essere l’ad di uno dei più grandi club d’Europa?
«Provo orgoglio e sento il peso della responsabilità. La mia dedizione è totale, voglio raggiungere l’obiettivo della proprietà: l’Inter deve tornare tra i top club d’Europa».
L’Inter da un po’ ha difficoltà sul mercato. C’è stato un rallentamento: perché?
«A luglio la strategia era chiara: ritorno in Champions nel rispetto del fair play finanziario. Dobbiamo bilanciare la parte tecnica ed economica».
Così è dura tornare grandi.
«La crescita deve essere organica dal punto di vista commerciale per arrivare a una “destagionalizzazione” dei risultati. Come per il Manchester United: se un anno non centra l’obiettivo non è un dramma, perché la struttura è solida».
Per crescere però serve una squadra forte e che faccia risultato, non crede?
«Certo, è un circolo virtuoso. Il ritorno in Champions produce un ritorno economico e spinge il marchio Inter».
In questi giorni si parla dell’addio di Cristiano Ronaldo al Real Madrid, in altri tempi su un giocatore simile l’Inter ci si sarebbe tuffata. I tifosi si chiedono: quando si tornerà a fare un colpo così?
«Il tifoso dell’Inter ha un attaccamento al club al di là di ogni limite. A San Siro vengono in media 60 mila spettatori. Ogni tifoso vuole sognare, però non possiamo farci trascinare dall’emozione ma rispettare i piani strategici che ci siamo fissati. Il sogno per noi continua e vogliamo riportare l’Inter in Europa».
Club come il Psg spendono e sembrano infischiarsene del fair play: com’è possibile?
«Non voglio parlare di doping finanziario, ma girano cifre importanti che meritano una riflessione. Chiaro che tutti devono rispettare le regole e l’Uefa vigilerà. Se qualcuno non rispetta le regole e non viene punito il sistema perde di credibilità».
Però il campione fa la differenza, non crede?
«La star aiuta tecnicamente e commercialmente. Oggi le persone sono attratte dal campione, basta guardare i social, dove alcune star hanno più seguito dei club. Chi non vorrebbe Messi? Poi però se l’Uefa ci esclude dalle coppe diventa un effetto boomerang».
Non pensa che bisognerebbe mettere un freno agli stipendi dei calciatori?
«Dovrebbero pensarci Fifa e Uefa, non può farlo l’Italia da sola. La regola deve valere per tutti. Il salary cap? Semplice da pronunciare, ma bisogna vederlo all’atto pratico».
Suning era partita con investimenti fortissimi, ora si è fermata: solo colpa del fair play o anche delle restrizioni imposte dal governo cinese?
«Non abbiamo mai vissuto una situazione di chiusura e mai Suning è stata in una black list. C’è stato un rallentamento, questo sì, che il governo cinese ha imposto per difendere la propria valuta. Ciò significa più controlli ed è inevitabile un rallentamento. Suning però sta facendo tutti gli investimenti necessari per riportare l’Inter in alto».
Tutti vogliono sfruttare il mercato cinese, in pochi ci sono riusciti. Perché l’Inter ce la dovrebbe fare?
«Perché Suning fattura 53 miliardi di dollari l’anno, ha 250 milioni di persone registrate online. L’Inter può sfruttare questa base, con una crescita organica. Il mercato del calcio cinese ha bisogno di tempo per maturare».
Però non si riesce a spostare neppure Ramires dal Jiangsu all’Inter che sono entrambe di proprietà di Suning. Qual è la difficoltà?
«Sono progetti diversi. Qui si pensa come può il Jiangsu aiutare l’Inter, in Cina magari pensano il contrario. Se le esigenze non combaciano non si può».
Torniamo sempre al fair play: quando l’Inter si libererà dagli obblighi?
«Chiariamo: il fair play ci sarà per sempre. Il club deve stare in equilibrio. L’Uefa dopo aver imposto alle società il fair play è pronta per un fair play 2.0: più aperto. Questo di oggi limita l’attrazione di nuovi capitali».
Prima di Natale avete lanciato un bond da 300 milioni: a cosa è servita l’operazione?
«È stato un successo. Un club che riesce a raccogliere quella cifra a un tasso del 4,8% mostra solidità e credibilità. La domanda era doppia».
Scusi ma perché non ha messo Suning quei soldi invece di farseli prestare?
«L’Inter deve correre con le sue gambe e l’operazione del bond è quella che avrebbe fatto un qualsiasi imprenditore. Se il mercato crede in te ti premia. Non è giusto chiedere sempre alla proprietà».
Con il Milan c’è stato un problema sulla gestione dello stadio, come sono i rapporti?
«Siamo avversari in campo, ma collaboriamo fuori. Dobbiamo vedere come proseguire nella gestione dell’impianto. San Siro è casa nostra. Il futuro dello stadio sarà al centro dell’incontro del 5 febbraio tra noi, il Milan e il Comune».
In che modo volete ristrutturare San Siro?
«Deve vivere tutti i giorni, non solo la domenica. Le aree hospitality devono passare dal 4% attuale al 14%. La capienza scendere a 60 mila. Parliamo di un investimento da circa 150 milioni».
Andate avanti sul centro sportivo in Piazza d’Armi?
«Siamo ancora alle fasi preliminari ma un nuovo centro sportivo rimane un progetto strategico. Tutti i grandi club europei hanno centri sportivi all’avanguardia».
Da ad dell’Inter, come vive il momento difficile del calcio italiano escluso dal Mondiale e della Lega Calcio che non elegge un presidente?
«Da una sconfitta bisogna rialzarsi. Non si può continuare a litigare così: tutti devono fare un passo indietro per poi farne due avanti».
Che uomo è il patron di Suning, Jindong Zhang?
«Di grande personalità, leadership e forza. Sposta l’asticella sempre verso l’alto. Ti spinge a sognare, a volare alto. E poi la famiglia Zhang si inserisce nel solco delle grandi dinastie nerazzurre, con Moratti in questo senso c’è una continuità molto forte».
Il futuro dell’Inter è?
«La Champions. I cinesi pianificano sempre a medio-lungo termine e c’è un unico obiettivo: tornare tra i top club d’Europa».