Corriere della Sera, 18 gennaio 2018
La signora del violino. Intervista a Anne-Sophie Mutter
Roma La Signora del violino torna a Roma dopo 26 anni. Nemmeno lei, Anne-Sophie Mutter, l’ex prodigio scoperto quando aveva 13 anni da Karajan, riesce a credervi. Ride divertita: «Davvero è passato tutto questo tempo? Mia figlia ha 26 anni!».
Ritroverà volti nuovi nell’Orchestra di Santa Cecilia...
«Li ho sentiti quando sono venuti in tournée con Antonio Pappano e Martha Argerich nella mia città, a Monaco di Baviera, e sono rimasta sopraffatta dalla loro qualità, dall’accresciuta sensibilità. Non vedo l’ora di suonare con quei bravi colleghi italiani. Sarà il mio debutto assoluto con Pappano sul podio. Concerto di Beethoven».
Cosa vuol dire ristudiare tutta la vita quel pezzo?
«La prima volta lo suonai a 16 anni. È passato un po’ di tempo. È l’antonomasia del linguaggio musicale della mia terra, la Germania, una cattedrale con una incredibile anima. Non ho la ricetta giusta per eseguirlo, ogni volta è una lotta. È un pezzo molto sinfonico, un filo di perle dove ogni nota è preziosa».
Lei ha vissuto una singolare esperienza in Italia.
«In ottobre sono andata a piedi da Firenze a Assisi. Ero con amici, lungo la via abbiamo acquistato 5 etti di tartufi bianchi, ci fermavamo in trattorie semplici e chiedevamo di cucinarli con le tagliatelle».
Un viaggio spirituale?
«Io non sono cattolica, ma certo il mettersi così fisicamente alla prova, il silenzio, il contatto con la natura pensando all’insegnamento di San Francesco, ti portano a riconsiderare che cosa dovresti fare nella vita, anziché cosa la società e le convenzioni ti spingono a fare. Ma anche ciò che posso dare agli altri. Qualcosa che sperimento nella mia Fondazione».
Quanti giovani aiutate?
«Diecimila. Nel 2017 abbiamo celebrato il ventennale della Fondazione con chi ha avuto una carriera internazionale. Famosi è una parola stupida: diciamo bravi. Al contrario delle Fondazioni che dopo qualche tempo danno lo strumento a un altro talento, provocando un trauma in chi non ne dispone più, noi in casi di bisogno economico acquistiamo lo strumento per un giovane. Poi commissioniamo brani a autori di oggi per allargare il repertorio».
Lei ha commissionato a suo marito André Previn…
«Fifth Season, lo eseguirò a marzo alla Carnegie Hall di New York. Gli ho chiesto lumi sul titolo: dice che è un riferimento scherzoso e riverente a un pezzo arciconosciuto come Le Quattro Stagioni di Vivaldi. Io l’avrei chiamato Fantasia : perché è in un solo movimento con differenti aspetti, ha richiami jazz, elementi di improvvisazione, una grande cadenza. Lo suonerò accanto a un brano di Bach e alla Seconda Sonata di Penderecky, che ha scritto per me e che inciderò in una retrospettiva a lui dedicata».
Ha appena inciso per Deutsche Grammophon il Quintetto La Trota di Schubert con l’astro nascente del pianoforte, Daniil Trifonov.
«E si sono aggiunti tre musicisti della mia Fondazione. Daniil ha una personalità unica, abbiamo tanti”tecnici” del piano ma pochi poeti: lui lo è. Einstein diceva che la fantasia è più importante della conoscenza perché non ci sono limiti. Se ero la mamy-star del cd? Questo lo dovrebbe chiedere ai miei figli».
Che cosa fanno?
«Arabella, la grande, studia a Londra e vuol lavorare nell’industria cinematografica come costumista o direttore di set, Richard studia Legge a Monaco. Alle madri che lavorano dico: fate entrambe le cose, non rinunciate ai vostri sogni e alla vostra creatività».
Lei è stata la prima ad abbinare talento e bellezza, i suoi abiti senza spalline hanno fatto epoca.
«Pensare che Karajan quando ero adolescente mi rimproverava che ero infagottata, troppo tedesca! Vi confesso una cosa, ora indosso solo i miei primi abiti Dior. Non mi sono piaciute le battute antisemite del suo stilista (John Galliano, che per questo fu licenziato e accusato in tribunale a Parigi, ndr). Forse era ubriaco in un bar, ma non importa, è una cosa che non ho tollerato».
Non è più tempo di divi?
«Mi definisco una working mother. Dive sono le cantanti, Maria Callas. Non c’è niente di glamorous, mi creda, in una donna che suona il violino».