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 2018  gennaio 18 Giovedì calendario

Intervista a Franz Klammer, leggenda della discesa libera: Svindal l’erede, Paris mi piace molto. Ma ai miei tempi lo sci era più follia

Franz Klammer è un’icona degli Anni Settanta, ex imperatore dello sci alpino e cannibale della discesa. L’austriaco medaglia d’oro alle Olimpiadi di Innsbruck ’76 (e con 5 coppe del mondo nella sua specialità) a 64 anni è uomo immagine della Carinzia. La pista di Bad Kleinkirchheim porta il suo nome, come capita solo ai grandissimi, e proprio su quel tracciato le azzurre Sofia Goggia, Federica Brignone e Nadia Fanchini hanno scritto l’impresa storica: prima seconda e terza in libera. Da domani Klammer seguirà a Kitzbühel la gara regina nella Coppa del mondo maschile.
La Streif è stata anche la sua pista preferita?
«Senza dubbio. La Mausefalle ti toglie il respiro e l’Hausbergkante ti spezza le gambe. Se vinci a Kitz sei tecnicamente eccellente, ma è la testa a fare la differenza. Non puoi aver paura né essere razionale, la Streif non ti lascia riflettere».
Chi è il suo erede in discesa?
«Con i suoi 35 anni Aksel Svindal è fenomenale. Se pensate agli infortuni patiti e a come sia ancora il velocista di riferimento capirete come la sua carriera sia speciale. Tecnicamente è sublime, se il fisico lo sorregge è il favorito in ogni gara».
L’evoluzione degli sci è stata rivoluzionaria. Come potevate raggiungere le stesse velocità con i vostri?
«Quando parlo con Gustavo Thoeni ci diciamo che eravamo pazzi a buttarci giù con gli sci di allora. Oggi è più facile: i materiali rendono tutti dei buoni sciatori anche se forse ci si diverte meno. Quando correvo io il limite a bordo pista era delimitato dagli alberi».
Meno di un mese ai Giochi: come li interpreta?
«Le Olimpiadi sono speciali, la preparazione non può essere quella di una gara normale. A livello tecnico l’allenamento non varia molto, a livello mentale sì. La pressione e l’attenzione dei media caricano a tal punto l’evento che ti senti svuotato. Già al cancelletto di partenza sai di avere un unico tentativo e devi essere bravo per reggere l’impatto emotivo».
Paris, Fill e Innerhofer sono da podio?
«Paris mi piace molto, può fare bene ovunque. L’ho visto a Bormio: è stata una vittoria piena. A proposito sono contento che la Valtellina sia tornata in calendario. Fill e Innerhofer sono campioni con cui tutti dovranno misurarsi, inoltre Fill ha raggiunto risultati importanti. Vincere ti aiuta a vincere».
Hirscher dominerà anche in Corea?
«Le Olimpiadi sono speciali, riservano brutte sorprese ai favoriti. Tutti sono lì per fare la gara della vita e chi trova la giornata perfetta può far saltare il banco. Hirscher domina in coppa, ma i Giochi sono un’altra cosa».
Che tipo di campione è l’austriaco?
«Marcel è un fenomeno. Potenza, talento e la dedizione al lavoro lo hanno portato a un livello che al momento è irraggiungibile per gli altri. Però fuori dalla pista Hirscher si “perde”, non ha trovato ancora quella dimensione di icona che aveva invece Alberto Tomba, conosciuto in tutto il mondo perché ha fatto scoprire lo sci. Formidabile».
La Coppa femminile è tornata a Bad Kleinkirchheim, in Carinzia. Cosa pensa dell’idea di Lindsey Vonn di gareggiare con gli uomini?
«No way. È una bella operazione pubblicitaria, ma a livello agonistico non ha possibilità. La potenza d’azione di un maschio durante la discesa è fuori portata anche per lei. Potrebbe forse competere su un tracciato regolare come Lake Louise, ma se penso a Kitzbuhel, non se ne parla».
Le libere di oggi la entusiasmano ancora?
«Le trovo un po’ più noiose. Tutti pensano ad andare il più forte possibile. Noi lo facevamo, però quando vedevi gli alberi o le cataste di legna a bordo pista pensavi al rischio, bisognava ricorrere all’istinto per non fare una brutta fine. Sugli sci non puoi essere un passeggero».
Ricordi?
«I successi, ma non solo. Le sfide con i compagni erano a carte: mi sono divertito molto, niente poteva distrarci durante una partita e anche gli allenatori lo sapevano».