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 2018  gennaio 18 Giovedì calendario

Intervista a Stefania Spampinato: Con la dottoressa DeLuca porto a Grey’s Anatomy un’Italia non stereotipata

L’abbiamo lasciata nel finale di metà stagione alle prese con un parto complicato: «Me ne stavo lì con questo bambino vero di dieci settimane, truccato con marmellata e formaggio spalmabile, più che per le battute da dire ero preoccupata che mi scivolasse. Per fortuna a Grey’s Anatomy sul set ci sono sempre medici veri che ti spiegano cosa devi fare».
Lei è Stefania Spampinato, 35 anni, attrice e ballerina siciliana di Belpasso, ai piedi dell’Etna, approdata sul set della 14a stagione della serie che a dicembre ha superato i 300 episodi ed è un successo mondiale dal 2005, nei panni di Carina DeLuca, ginecologa lesbica a Seattle per studiare le cellule cerebrali femminili durante l’orgasmo. Che avrebbe lasciato il segno si è capito dalle prime scene della nuova stagione, sorpresa dal fratello Andrew, interpretato da Giacomo Gianniotti, attore italo-canadese, ad amoreggiare sul divano di casa con la dottoressa Arizona Robbins, con tanto di scenata in dialetto: «E se ti vedesse mamma?». Il suo personaggio incarna lo spirito di questa stagione, che negli Usa riprende stasera, mentre in Italia sarà il 12 marzo su FoxLife.
Un ritorno alle origini?
«Sicuramente un’atmosfera molto simile a quella delle prime stagioni, quando in corsia, oltre a piangere, si rideva molto. Prima delle catastrofi e dei lutti che hanno travolto il Grey Sloan Memorial Hospital, fino alla morte di Derek Shepherd. Da fan quello è stato un trauma. Ho smesso di guardarlo! Ma quando mi hanno preso ho recuperato le puntate perse».
Carina assomiglia a Stefania?
«Moltissimo. Anche io come lei sono sfrontata e dico in pubblico cose che spesso non dovrei dire. Carina è una donna determinata, che non si vergogna di dare voce a quello che pensa, disinibita».
Una italiana non stereotipata.
«Era il mio obiettivo. Riuscire a recitare in inglese senza nascondere l’inflessione, ma non risultando una macchietta. Di quelle che gesticolano in continuazione, parlano ad alta voce e con un accento che non esiste».
È stato difficile arrivarci?
«Ho lasciato la Sicilia 15 anni fa, ho studiato a Milano, poi a Londra. Sono a Los Angeles da sei anni e i primi quattro sono stati davvero duri. Ho fatto la cameriera e la hostess, continuando i corsi di recitazione. Non sono scappata solo perché avevo pagato troppi soldi per il visto. Avevo recitato in teatro o in piccole produzioni fino al provino che ha cambiato tutto: il giorno dopo ero già alla lettura a tavolino del copione».
Sorprese dal set?
«La velocità con cui tutto avviene e il fatto che i protagonisti sanno quello che gli accadrà solo poco prima di registrare. Ho visto attori sconvolti per le evoluzioni del loro personaggio. E poi il clima che si respira. Mi hanno accolta benissimo. Al mio primo giorno Ellen Pompeo, Meredith, è subito venuta a presentarsi. Chandra Wilson, la temuta capa di chirurgia Miranda Bailey, è in realtà molto dolce. Quella di Grey’s Anatomy è una macchina rodatissima, non ci sono tempi morti, eppure c’è modo di stare insieme e scambiarsi opinioni. Spesso sono gli attori a suggerire battute o modifiche agli scrittori».
Molte protagoniste di «Grey’s» sono intervenute sul caso molestie. Ne avete parlato?
«Sì e quello che percepisco è una unità nuova fra le donne, negli Usa più che in Italia, schierate a fare fronte comune. È evidente che Shonda Rhimes ha cambiato il volto della tv. Al tempo di Trump, nei suoi show ci sono personaggi di diverse etnie e accenti, metà dei protagonisti, dei registi e degli autori sono donne. Il caso Weinstein non farà che accelerare questa evoluzione».
Il futuro di Carina DeLuca?
«Finora ho fatto sorridere, mi piacerebbe avere il tempo di mostrare il lato super drammatico che è in me. E in lei».