la Repubblica, 18 gennaio 2018
Considerate la sofferenza dell’aragosta
Il governo svizzero, impietosito dalla sorte delle aragoste, proibisce ai ristoratori di buttarle vive nell’acqua bollente, prima di servirle in tavola. La disposizione, presa da Berna, entrerà in vigore dal primo marzo e rientra nel diverso approccio, assunto ormai quindici anni fa dalla Confederazione, nei confronti delle specie animali. «Gli animali non sono cose», recita infatti un articolo costituzionale, approvato dal Parlamento svizzero, nel 2002. Ecco una delle ragioni per cui le aragoste che «non avendo le corde vocali non possono urlare, quando finiscono vive nell’acqua bollente», come ha specificato il veterinario esperto di sicurezza alimentare, Fabien Loup, meritano una morte più dolce. «Anche perché – spiega sempre Loup al quotidiano Le Temps di Ginevra – l’aragosta appartiene alla specie degli animali selvaggi, con tutte le esigenze di tutela che questo comporta». Tali obiezioni, suscitano interrogativi tra gli chef svizzeri che sembrano restii ad abbandonare il rito culinario dei crostacei, gettati vivi nell’acqua bollente. «Sono perfettamente d’accordo sulla necessità di trattare gli animali nel modo più giusto possibile, però come procedere per non far soffrire le aragoste?», si chiede per esempio Richard Terrochaire del ristorante Chez Philippe di Ginevra. Al grand hotel Beau Rivage di Losanna, spesso teatro di summit internazionali, una soluzione l’hanno trovata: prima addormentano l’aragosta, quindi la finiscono con un colpo di coltello alla nuca. Dal canto suo il veterinario Loup suggerisce di far capo al Crustatun, un aggeggio inglese che provoca la morte dei crostacei per elettrocuzione. Il dibattito è aperto.