la Repubblica, 18 gennaio 2018
L’amaca
Quello che scrive il premio Nobel Krugman ( Repubblica di ieri) a proposito della “distanza che si è prodotta tra la destra e gli americani di elevata istruzione” è applicabile anche alle società europee. E se è vero che, come dice Krugman, “abbracciare l’ignoranza” non è stata la conseguenza di una discriminazione subita, ma il frutto di una scelta rivendicata in favore di millantati “sentimenti popolari” e contro il cosiddetto establishment intellettuale, questo significa che la discussione sull’egemonia culturale della sinistra andrebbe ribaltata.
Krugman non nega “la scarsità di professori conservatori nelle università”, ma la attribuisce a una sorta di auto-esclusione: “quando la tua parte politica sostiene che i cambiamenti climatici sono una bufala e l’evoluzione non c’è stata, è difficile ottenere consensi tra le persone che prendono sul serio i dati e l’evidenza”.
Non so altrove, ma certamente in Italia il dibattito sulla sproporzione tra sinistra e destra (uso i due termini per pura convenzione) in campo culturale ha preso una piega davvero distorta. Come se a doversi giustificare non fossero gli assenti, ma i presenti. Se l’evoluzionismo è un fatto, e il creazionismo solo una rispettabile credenza religiosa, non ci si deve meravigliare se i circoli scientifici tendono a premiare chi ha letto Darwin. Almeno fino a quando la destra creazionista sarà in grado di ribaltare i rapporti di forza, e con essi la realtà del mondo.