la Repubblica, 18 gennaio 2018
Sempre più grandi e sempre meno i giganti dei dolci
MILANO I talebani anti-zucchero e i cultori (sempre di più) della “dieta del senza” – quella dove non conta quel che mangi ma cosa non mangi alzano l’asticella. E dopo aver terremotato a colpi di tasse e divieti il mercato delle bevande gassate Usa (nemico pubblico numero uno del girovita e della salute degli americani, dicono) puntano al bersaglio grosso e provano a mettere in cura dimagrante pure cioccolato e caramelle. «Contengono troppo zucchero» è il loro mantra. I produttori – come dimostra l’acquisto delle barrette Nestlè da parte della Ferrero – non prendono l’attacco sottogamba: i gusti dei consumatori – specie quando c’è in ballo la salute sono ballerini. I guai passati da Coca-Cola e Pepsi (il pressing dei crociati anti-calorie ha fatto crollare le vendite di lattine negli Stati Uniti del 20% dal 2007) sono un brutto precedente. E i big dei dolciumi preoccupati che il futuro del cioccolato sia più amaro che dolce – stanno rivedendo le strategie e riscrivendo la mappa del settore. Chi non vuole prendere rischi – come Nestlè rivede le priorità: «Abbiamo venduto le barrette Usa per concentrarci su prodotti legati alla nutrizione, alla salute e al benessere», spiegano gli svizzeri. Chi come Ferrero ha prodotti di gamma più alta, massa strategica – Alba fattura 10 miliardi e vende ogni 2,5 secondi un barattolo di Nutella – e un portafoglio di marchi adatto alla grande distribuzione, compra.
Convinto che gli effetti («inevitabili», dicono tutti) delle campagne anti-zucchero su tavolette al latte, chewing-gum & C. restringeranno il mercato come sta già succedendo da un paio d’anni – penalizzando darwinianamente i più deboli ma garantendo margini migliori a chi terrà duro presidiando le fasce di mercato più ricche e diversificherà su cioccolati e caramelle più “sani”.
La sterzata verso il dolce pulito, quello che privilegia la qualità alla quantità, è già iniziata. I volumi di vendite in America e in Europa sono stazionari da un paio di anni e hanno rialzato la testa (con un modesto +0,5%) solo nel 2017, calcola Euromonitor. Gli incassi però crescono – anche se al ralenti proprio perché i consumatori si orientano sempre più sui prodotti più raffinati. E i vari segmenti di mercato si muovono a diverse velocità, con i brand “salutisti” a tirare la volata. Le cicche senza zucchero valgono ormai 2 miliardi in più delle cugine tradizionali. La vendita di caramelle a calorie ridotte o senza calorie si è moltiplicata per 23 volte dal 2011, calcola la Nielsen, secondo cui il 22% degli americani ritiene lo zucchero il peggior nemico della sua salute, più del 21% riservato al sodio. La politica ha già messo i primi paletti: Londra ha obbligato i produttori di biscotti e dolci a ridurre del 20% il contenuto di zucchero entro il 2020. L’Olanda ha chiesto una revisione delle ricette per abbassare i rischi per la salute, la Francia ha reso obbligatorie etichette ben in vista per informare gli acquirenti sui contenuti calorici. La Food and Drug administration Usa aveva imposto per metà 2018 l’obbligo di segnalare sulla confezione la quantità di zucchero rispetto al fabbisogno giornaliero. Ma Donald Trump ha già rimandato sine die questo provvedimento.
L’industria, che pianifica a lungo termine, ha deciso di anticipare i tempi e provare ad autoregolamentarsi.
L’associazione che riunisce i maggiori produttori si è impegnata a garantire che nel 2022 il 50% delle loro confezioni avrà meno di 200 calorie e ne riporterà il numero sulla parte più visibile della confezione.
Molti stanno riducendo le porzioni (il Kitkat standard è sceso in molti paesi da 45 a 41 grammi).
Altri spostano il core-business dal dolce al salato, investendo negli snack – non ancora nel mirino dei salutisti – che piacciono tanto ai millennials.
Hershey, rivale di Ferrero nell’asta per le barrette Nestlè, ha appena comprato per 1,6 miliardi un big del pop corn, la Skinny Pop e le patatine Taylor.
Mars, l’altro leader mondiale del cioccolato, ha investito milioni per lanciare una barretta pulita a base di cioccolato amaro, noci e frutta secca. Il motivo?
Semplice: questi prodotti crescono del 2,5% annuo e sono i preferiti dei ragazzi nati in questo millennio che scelgono snack salutisti e fanno quattro spuntini al giorno.