La Stampa, 18 gennaio 2018
Attilio Fontana: Sono un leghista ma la parola razza non la userò più
«Ho usato un’espressione sbagliata e di questo mi dolgo», dice Attilio Fontana alla radio. Insomma, l’atteso atto di dolore per la «razza bianca» da preservare dall’invasione degli immigrati è arrivato. Adesso, magari, si potrebbe pure parlare d’altro. Però curiosamente è lo stesso candidato leghista alla Regione Lombardia a tornarci sopra.
Fontana, incidente chiuso?
«Per quel che mi riguarda, sì. Ho chiarito».
Ma che effetto le ha fatto passare da un relativo anonimato alle prime pagine di tutti i giornali?
«Diciamo che non l’ho vissuto benissimo. Ma soltanto perché non mi riconosco in quella frase. Da amministratore e da uomo ho sempre mostrato la massima disponibilità e vicinanza a tutti. Non sono mai stato né xenofobo né razzista. Infatti, benché io sia orgogliosamente leghista da sempre, nessuno mi ha mai insultato né tantomeno denunciato per questo».
Parliamo di politica, allora. Sull’immigrazione, il paradosso è che le scelte vengono fatte a livello nazionale, ma poi la gestione dei migranti è un problema locale...
«Per questo credo che non si possa continuare a vivere nell’emergenza. Il problema dell’immigrazione è strutturale e si risolve solo con interventi sui luoghi di partenza».
Il famoso «aiutiamoli a casa loro», insomma.
«Esatto. Io avrò certamente detto una stupidata sulla razza, ma altrettanto stupido è dire che l’accoglienza va bene così com’è. Lo dico da ex sindaco. Chi conosce il problema sa che non possiamo andare avanti così».
Capitolo campagna elettorale. Il fatto che lei sia stato la seconda scelta della Lega dopo il gran rifiuto di Maroni è un handicap?
«Mettiamola così: se il candidato fosse stato Roberto, avrebbe potuto fare la campagna in pantofole. Visto che sono io, devo mettere le scarpe da ginnastica e pedalare».
A proposito di Maroni: ormai con Salvini è rottura. Lei invece, anche nel discorso di investitura, lo ha ricordato con simpatia.
«Prima della politica viene un’amicizia che dura da quarant’anni. Con Roberto ho litigato una volta sola».
Racconti.
«Sul campo di calcio. Eravamo nella stessa squadra e lui che faceva il terzino fluidificava troppo. Insomma, in difesa non c’era mai».
Ma lei era l’allenatore?
«No, ero l’altro terzino e per colpa sua dovevo correre come un matto per coprire gli spazi».
Dica tre ragioni per cui un lombardo dovrebbe votare lei e non Giorgio Gori.
«Prima: bisogna garantire quel che è stato fatto. Io voglio continuare la buona amministrazione che abbiamo dato alla Lombardia. Secondo: c’è da portare a casa l’autonomia. E fra i miei avversari ci sono troppi autonomisti dell’ultima ora e anche qualcuno che autonomista non è affatto. Terzo: perché, con tutto il rispetto per Gori, come amministratore ho più esperienza di lui. Ho fatto il sindaco per quindici anni, cinque a Induno Olona e dieci a Varese. Un po’ conta».
Lei dovrebbe accendere un cero a Grasso che ha deciso che LeU correrà da sola.
«Io faccio l’avvocato, Grasso il magistrato. Un minimo di condivisione l’abbiamo».
Che vuol dire?
«Che a entrambi non sta bene Gori».
Che dicono i sondaggi?
«Mi danno in vantaggio. Da 7 a 9 punti, a seconda degli istituti».
Confessi: la sparata sulla razza era rivolta all’elettorato leghista più puro e duro che la considera troppo moderato.
«No. Non farei mai una speculazione di questo tipo. Quella frase è stata un errore. Non la ripeterei nemmeno per diventare presidente della Repubblica».
A proposito: Salvini cosa le ha detto, dopo?
«Di non preoccuparmi e di andare avanti».
Ammettiamo che vinca lei. Quale è la prima cosa che farebbe da governatore?
«Mi impegnerei per aumentare i posti gratis negli asili nido prima del nuovo anno scolastico. Ce ne sono molti, ma non abbastanza. Se vogliamo che si facciano più figli, bisogna dare alle mamme un aiuto concreto per crescerli».