la Repubblica, 18 gennaio 2018
Apple con Trump paga 38 miliardi e riporta negli Usa i guadagni esteri
New York La riforma fiscale di Donald Trump funziona. Per lo meno sta dimostrando la sua efficacia nel centrare i due obiettivi principali: aumento degli investimenti e rimpatrio dei profitti parcheggiati all’estero. L’ultima conferma arriva da una regina dell’economia digitale, Apple. L’azienda fondata da Steve Jobs e guidata da Tim Cook ieri ha dato questo annuncio: pagherà ben 38 miliardi di dollari di tasse in “repatriation tax”, l’imposta forfettaria ad aliquota ridotta che accompagna il condono per il rientro dei capitali negli Stati Uniti. L’ultimo dato ufficiale attribuisce all’azienda un tesoro estero di 252 miliardi di dollari, molti dei quali parcheggiati in Irlanda. La “tassa scontata” sul rimpatrio ha un’aliquota del 15,5%. È pagabile a rate, in otto anni. La convenienza è aumentata dall’opportunità di versare l’imposta solo al fisco americano – viste le condizioni favorevoli – avvalendosi così delle regole contro la doppia imposizione per sfuggire alle pretese del fisco europeo. Cook ha detto che intende investire negli Stati Uniti ben 350 miliardi in un quinquennio; e che i primi 30 miliardi di investimento andranno a creare 20 mila posti di lavoro, ivi compreso con la costruzione di una nuova sede (“campus”, secondo l’abitudine della Silicon Valley di usare il termine delle università).
La riforma fiscale di Trump sta quindi dando i frutti a velocità record. È stata varata subito prima di Natale, e già si susseguono questi annunci. È di pochi giorni fa la mossa di Sergio Marchionne: la sua Fca chiude un’attività produttiva in Messico per rimpatriarla negli Stati Uniti (Michigan) e anche in quel caso è stato citato l’impatto delle nuove regole fiscali. Che hanno ridotto anche l’aliquota sugli utili: dal 35% al 21%. Per il rimpatrio di capitali esteri il termine condono è usato per semplicità, ma in realtà i capitali si trovavano all’estero in modo legale, stanti le normative Usa. In base a una stima della banca Goldman Sachs, le società americane quotate in Borsa che compongono il listino S& P500 hanno 920 miliardi di dollari all’estero, parcheggiati in situazioni sostanzialmente “esentasse”, ma che possono avere convenienza a sfruttare quest’opportunità di rientro. Per la Goldman Sachs almeno 250 miliardi sono destinati a rientrare, ma questa sua previsione era stata formulata prima dell’annuncio di Apple. Un’altra stima della Citigroup, che si riferisce alla totalità delle imprese Usa, arriva a calcolare 2.500 miliardi di capitali all’estero. Anche un successo soltanto parziale del condono per il rimpatrio può dare alla crescita americana una marcia in più, proprio come promesso dal presidente che su questo è riuscito ad accordarsi con la sua maggioranza repubblicana al Congresso. L’impatto sull’occupazione e sui salari è più difficile da prevedere perché una parte di quei capitali possono essere usati in operazioni finanziarie come fusioni e acquisizioni, oppure l’acquisto di azioni proprie. C’è però qualche segnale di risveglio di una dinamica salariale positiva. E di certo lo stimolo fiscale è uno dei motori, forse il più vigoroso, del rialzo di Borsa.