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 2018  gennaio 18 Giovedì calendario

Il flop demolizioni nell’Italia degli abusi

ROMA Il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato fa due conti. «Se ogni sindaco applicasse, come prevede la legge, la sanzione minima di duemila euro per ogni abuso edilizio, solo nel mio distretto, cioè Palermo, Agrigento e Trapani, con più di cinquemila sentenze definitive, si riscuoterebbero 10 milioni di euro. E dunque di soldi per finanziare le demolizioni ce ne sarebbero più che a sufficienza. Peccato che qui nessuno abbatta e nessuno incassi. Ma ora tolleranza zero».
Un esempio, un procuratore generale che entra a gamba tesa nell’inerzia che contraddistingue le amministrazioni locali, dalla Sicilia alla Lombardia, dove da dieci, venti, anche trent’anni decine di migliaia di edifici bollati come abusivi da sentenze di Cassazione restano in piedi e, nella maggior parte dei casi, persino nelle mani dei proprietari, che non solo non pagano le sanzioni, ma neanche un canone al Comune che dovrebbe acquisirli al suo patrimonio.
Quanti siano, in tutta Italia, gli abusi edilizi e urbanistici sanciti da sentenze definitive cui avrebbero dovuto far seguito ordinanze di demolizione nessuno lo sa veramente: 1.000 nel 2016, il doppio dell’anno precedente, tra 25 e 30.000 se si va a ritroso fino agli anni Novanta. E la percentuale delle demolizioni effettive non va oltre il 10 per cento, una stima per eccesso se si considera che è calcolata sulla base dei dati dei capoluoghi di provincia che, rispetto ai centri costieri o alle zone di pregio ambientale, non sono quelli che registrano più abusi.
«Sono cifre intollerabili soprattutto se si considera che, in Italia, con tre condoni, è stato sanato tutto il sanabile. Il cosiddetto “abuso di necessità” non esiste. Quando parliamo di case da abbattere parliamo di manufatti sul greto di un fiume, in zona sismica, o in riva al mare», è l’analisi di Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente.
Vedi Triscina, ad esempio, una striscia di cemento sulla spiaggia tra Castelvetrano e Selinunte, provincia di Trapani. Più di 5.000 villette, tutte o quasi seconde case, 1.900 sanate, 170 sentenze di demolizione che nessun sindaco ha mai pensato di eseguire, non foss’altro perché qualcuna appartiene a familiari di mafiosi e qui siamo in territorio di Matteo Messina Denaro. Adesso però si cambia strada, così ha deciso il commissario che guida il Comune, Salvatore Caccamo, che ha già stilato una lista delle prime 85 case da abbattere e ha pure trovato i soldi per farlo. Come aveva cominciato a fare Angelo Cambiano, il sindaco ( poi defenestrato) di Licata, e come sta facendo Giovi Monteleone che, a Carini, ha cominciato ad abbattere schiere di villette sul mare senza attendere l’ordine della magistratura.
Sicilia, Calabria, Campania, con un rapporto tra demolizioni ordinate ed effettive che non va oltre il 4 per cento, rappresentano la fetta più grande dell’Italia che ignora gli ordini della magistratura e arranca nella palude della burocrazia. C’è un altro dato che la dice lunga sull’impresa donchisciottesca di chi si avventura nella battaglia contro l’abusivismo. L’eredità dei tre condoni dell’ultimo ventennio, tra il 1985 e il 2003, sono 15 milioni di domande di sanatoria ancora da esaminare. Lì dentro c’è di tutto, dalla veranda al piano tirato su senza autorizzazione,dal muretto di giardino all’edificio intero. Qui la stima più recente è quella del Cresne: in Italia, su 12 milioni di case, un milione e mezzo è fuori legge. «Manca una struttura di coordinamento e monitoraggio che sia punto di riferimento per quei sindaci che non sanno dove andare a bussare per trovare i soldi per abbattere, che magari ci sono», dice ancora Zanchini.
Oggi però sono le procure, soprattutto nelle zone dove l’incidenza del fenomeno è più alta, a prendere l’iniziativa. Lo aveva fatto già un paio di anni fa la procura di Agrigento, che si era ritrovata con le scrivanie invase da duemila sentenze definitive, e lo sta facendo ora il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, che ai sindaci del suo territorio dice con chiarezza: «Spero in una nuova stagione di sindaci, ma siamo pronti a denunciare quelli inadempienti sia in sede penale sia alla Corte dei Conti, per danno allo Stato.L’inerzia non è più tollerabile e ha effetti criminogeni. Se chi costruisce abusivamente vede che non succede nulla, gli abusi non possono che aumentare». E basta guardare il resort realizzato spianando le magnifiche dune della spiaggia di Marina di Butera, sequestrato ieri dal procuratore di Gela Fernando Asaro, per capire che la colata di cemento continua ad avanzare.