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 2018  gennaio 18 Giovedì calendario

Metà dei giovani e l’8% nel Pd: la mappa del non voto e i timori di Mattarella

«Nessuno deve chiamarsi fuori o limitarsi a guardare». È uno dei passaggi dell’intervista che Sergio Mattarella ha rilasciato al settimanale Famiglia Cristiana. Un passaggio in cui cerca di spingere verso la partecipazione tutti coloro che sono tentati dall’astensione con un discorso che richiama diritti e doveri di ciascuno spiegando che lo status di cittadini non è di essere solo «creditori esigenti» ma anche debitori di comportamenti. Che questa sia una delle preoccupazioni del capo dello Stato si era sentito anche nel suo discorso di fine anno quando invitò tutti a scrivere la pagina bianca del 4 marzo e contemporaneamente invitò i partiti a fare proposte chiare e realistiche per non allontanare gli elettori dalle urne. In realtà, la preoccupazione non c’è solo dalle parti del Quirinale.
A sfogliare gli ultimissimi sondaggi di Euromedia Research di Alessandra Ghisleri – realizzati lunedì scorso – la quota più alta di indecisi/astenuti riguarda il Pd dove è già scattato l’allarme. Nell’analisi fatta partito per partito, quello di Renzi tocca l’8%, ben sopra quel 3,2% di Forza Italia mentre è davvero esigua la percentuale di chi non sa o è tentato dall’astensione nel Movimento 5 Stelle (1%) o nella Lega (0,8%). In questi numeri, però, c’è per il Pd una buona e una cattiva notizia insieme. Nel senso che c’è un potenziale di recupero più consistente di quello delle altre forze politiche, il punto è riuscire a trovare il modo di portarli alle urne. Anche solo recuperarne la metà, porterebbe il Pd al sorpasso sui 5 Stelle, almeno stando ai sondaggi di oggi: passerebbe dal 24% in cui è “quotato” oggi, al 28% mentre i 5 Stelle per la Ghisleri sono adesso poco sopra al 26 per cento.
In sostanza, la lotta di Renzi su Di Maio si gioca tutta su quell’8% di indecisi o tentati dal non voto, è quel blocco che va aggredito. E in prima battuta vanno convinti i più giovani. Sono loro i grandi “astenuti” mentre dalla parte opposta sono gli anziani i “grandi” elettori. E la ragione è piuttosto evidente. Nella propaganda elettorale – finora – si è parlato solo di riforma delle pensioni, di aumento delle minime, di flat tax, di riduzione delle aliquote Irpef: tutte ricette tagliate su misura o per gli over 60 o per chi ha già un reddito. I grandi assenti dalle promesse elettorali sono proprio i giovani nonostante i dati sulla disoccupazione giovanile (soprattutto al Sud) e documentate ricerche – l’ultima è il rapporto della Caritas – che indicano come i nuclei familiari composti da capofamiglia giovani abbiano la metà del reddito di vent’anni fa. E quindi se a oggi il totale di indecisi/astenuti è del 32% (dati Euromedia di lunedì scorso), quando si guarda alla fascia di età tra i 18 e 24 anni si supera il 45 per cento.
Ma quasi la metà dei ragazzi italiani che non sa o non vuole votare “pesa” tutta sul centro-destra e centro-sinistra perché i 5 Stelle oltre essere – a oggi – il primo partito scelto dagli italiani è anche il primo scelto dai giovani (34%). Per un Pd che vuole tentare la rincorsa sul Movimento i suggerimenti sono chiari: capire perché quell’8% di elettori è ancora “congelato” (e convincerli) e mirare ai giovani, dove si è accumulato il disincanto nonostante lo slogan della rottamazione.