17 gennaio 2018
APPUNTI SU RIGOPIANO UN ANNO DOPO PER GAZZETTA
• E perché ci sono posti dove i terremoti capitano di continuo e altri dove non ci sono mai?
L’attività vulcanica e quella sismica sono concentrate nelle zone di confine, nei punti cioè dove le faglie si incontrano. La parte di crosta terrestre che sta in mezzo a una placca è sicura: qui non succede mai niente.
• L’Italia sta sopra una faglia?
E già. Siamo sopra la faglia che divide la placca africana da quella eurasiatica. L’Italia è tutta sismica, e in base a quello che ha spiegato una volta Enzo Boschi – il famoso geologo – la fascia appenninica dall’Abruzzo in giù è esposta a terremoti fino a magnitudo 7 e dall’Abruzzo in su fino a magnitudo 6. Il guaio nella comprensione e previsione di questi fenomeni è che sappiamo poco di come è fatta la Terra. Pensi che con i telescopi abbiamo fotografato oggetti distanti 10-11 miliardi di anni luce, cioè una distanza inimmaginabile. Mentre abbiamo bucato la Terra per appena qualche chilometro (il record fu stabilito a Kola in Russia: 14 chilometri) e per il resto procediamo ipotizzando, supposizioni e ipotesi che si basano principalmente proprio sullo studio dei terremoti e delle onde sismiche. Da come viaggia l’onda, gli scienziati cercano di capire che tipo di strati attraversa e, insomma, che cosa c’è sotto. Per il momento si crede di aver capito solo questo: la crosta terrestre, il guscio più esterno, è spesso 7-8 chilometri sotto gli oceani e 30-40 sotto i continenti, fino a punte di una sessantina di chilometri sotto alcune catene montuose, tipo Himalaya. Sotto la crosta, o litosfera, c’è l’astenosfera che rappresenta circa il 68% della massa terrestre e si estende fino a una profondità di 680 chilometri. Qui comincia la meosfera che termina a circa 2.890 chilometri, dove poi inizia il nucleo, cioè il centro della Terra. Che cosa c’è in questo luogo mitico e irraggiungibile? Ferro e uranio, pare. Cioè un’immensa centrale nucleare che fa della Terra una meravigliosa calamita. (conversazione del 12 aprile 2009, terremoto dell’Aquila)
• Se si volesse sistemare tutto, pubblico e privato?
Se si volesse sistemare tutto - pubblico e privato - bisognerebbe procurarsi 360 miliardi, cifra confermata l’altro giorno dal ministro Delrio. Sembrano numeri enormi, ma in cinquant’anni, senza minimamente risolvere il problema, abbiamo speso per interventi post-terremoto 190 miliardi (stime Ania). Se ci mettiamo le altre catastrofi, tipo le alluvioni, i miliardi diventano 250. Si tratta di decidere se è meglio intervenire dopo, senza aver risolto il problema, o prima, risolvendolo.
È giusto aiutare i privati a mettere in sicurezza la propria casa?
I privati sono un problema a parte. Le norme di adesso escludono dagli aiuti le seconde case, che è un assurdo. Le norme di adesso, come abbiamo già scritto, sono un guazzabuglio di regole e avvertenze, in cui, per esempio, si perdono una novantina di pagine per stabilire che cosa deve intendersi per «edificio». Ci vuole un pensiero normativo di tipo nuovo, e anche una lingua di tipo nuovo con cui scrivere le leggi, ad oggi volutamente incomprensibili anche a un cittadino di cultura medio-alta. Poche pagine, poche parole essenziali e chiare, che permettano di muoversi agevolmente su un terreno che è drammatico: abbiamo la certezza di una sequenza di terremoti da 6-7 gradi della Scala Richter, che si susseguiranno implacabilmente nei prossimi anni, distruggendo e uccidendo, se non faremo niente. Non sappiamo esattamente il dove e il quando, ma sappiamo che arriveranno, al ritmo di uno ogni quattro-cinque anni.
Queste misure, lo ha detto lei, non portano voti.
Forse a questo punto è maturata una sensibilità generale, e potrebbe darsi che questa sensibilità generale renda fruttifero anche dal punto di vista del consenso il far qualcosa. E senza troppi magnatori di professione, e senza troppi politici amici dei magnatori di professione. In Irpinia si passò dai 99 comuni disastrati dichiarati subito dopo il sisma, ai 643 riconosciuti dal governo Forlani, e ai 687 finali.
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