Avvenire, 17 gennaio 2018
Anarchici italiani negli Usa, una vicenda anche femminile
All’inizio del Novecento negli Stati Uniti si susseguirono una serie di attentati di matrice anarchica. Ma ciò che successe il 18 gennaio di cento anni fa lasciò tutti allibiti. Quella mattina la Union Station di Chicago si riempì di poliziotti che, armati di tutto punto, fecero scendere dal treno proveniente da Pittsburgh tutti i passeggeri tranne uno, una ragazza che sembrava uscita da un quadro preraffaellita, con la pelle di porcellana e gli occhi color smeraldo. L’eterea giovane donna era un’anarchica e trasportava in una valigetta trentasei candelotti di dinamite.
Salita alla stazione di Steubenville, aveva suscitato qualche perplessità in un facchino per il modo in cui tene- va la valigetta da cui non si separava mai. Il facchino aveva aspettato che la signorina si recasse nel vagone ristorante per la cena, sempre con l’inseparabile valigetta, per spegnere il riscaldamento. E così, dopo aver cenato, la ragazza si era messa a letto ma era stata svegliata dal freddo. Chiamato per aggiustare il riscaldamento, il facchino era riuscito finalmente ad aprire la valigetta scoprendone l’esplosivo (è il caso di dirlo!) contenuto. Con la valigetta ben stretta a sé, era accorso dal capotreno, che aveva subito telegrafato a Chicago.
Le dinamiche di questa singolare scoperta furono raccontate con grande risalto dai principali quotidiani che subito battezzarono quella ragazza “ Dynamite girl”. In realtà si chiamava Gabriella Antolini ed era un’emigrata italiana appena diciannovenne. Anche se lei non parlerà mai, a cento anni di distanza, storici ed esperti sono concordi nell’ipotizzare che la dinamite serviva a Mario Buda che avrebbe dovuto attentare alla vita del giudice Kenesaw Mountain Landis. Una risposta alla vicenda di Milwaukee, dove la polizia aveva ucciso due italiani che protestavano contro la guerra. «Occhio per occhio’» aveva sentenziato il sovversivo Carlo Tresca. Mentre Luigi Galleani, «l’anarchico più pericoloso d’America», gli aveva fatto eco sostenendo che non ci doveva essere «né pietà né tregua» in quella guerra. Infatti, a fine aprile ben trentasei pacchi esplosivi furono inviati ad altrettanti politici e la sera del 2 giugno vari ordigni detonarono in otto differenti città degli States. Intanto, la Antolini fu condannata a 21 mesi di reclusione. Sua compagna di cella sarà Emma Goldman. Scriverà Gabriella: «Se non fossi convinta che Dio è morto, direi che è stato gentile a darmi Emma Goldman per compagna di prigione». Scontata la pena, proprio nei giorni in cui tornava in libertà la giovane italiana, il movimento anarchico subì un duro colpo: oltre duecento attivisti furono caricati su quella che fu definita «l’arca sovietica» e rispediti nella vecchia Europa. Rimasta in Usa, la Antolini morirà nel 1984. La sua storia, per lo più sconosciuta in Italia, è stata raccontata da Filippo Manganaro nel libro Dynamite girl. Gabriella Antolini e gli anarchici italiani in America (Nova Delphi).Dynamite girl stupì e affascinò perché si era (e siamo tutt’oggi) abituati a pensare al mondo anarchico come un ambiente prettamente maschile. Ma se è vero che la partecipazione delle donne fu molto esigua, questo non toglie che vi siano state figure importanti. «Mentre Maria Barbieri trattava della situazione femminile su “La Questione Sociale” – ci ha spiegato Manganaro – Maria Roda, a Paterson, fondava il “Gruppo emancipazione delle donne” e, nonostante i suoi otto figli, girava gli States per sostenere le lotte degli immigrati ispanici. Virgilia D’Andrea, invece, fu definita da Errico Malatesta “la poetessa dell’anarchia”. Prima di morire, pubblicò a New York la raccolta Torce nella notte.
Un’altra figura che merita di essere ricordata è quella di Rosina Zambelli, moglie di Nicola Sacco. Sarà lei a introdurre il marito nei circoli anarchici. Insomma, figure tutt’altro che secondarie».