Avvenire, 17 gennaio 2018
In Niger soldati francesi, tedeschi e alta tensione
Arriva nel momento peggiore la missione italiana in Niger. L’ultimo rapporto trimestrale dell’Onu parla chiaro: «La cornice di sicurezza nella fascia sahelo-sahariana continua a deteriorarsi». Nel 2017, i gruppi armati terroristici hanno sferrato 276 attacchi in Mali, Niger e Burkina Faso, 19 di più che nel 2016. Abbastanza per dedurne che le organizzazioni jihadiste hanno conservato integra la capacità di colpire con tempistica operativa, mostrando spesso di dettare le regole del gioco di una guerra tipicamente “ibrida”.
L’Italia andrà in Niger, in piena campagna elettorale, con una missione per ora limitata al campo addestrativo e alla capitale Niamey. Schiererà 120 militari per mettere in piedi una base logistica e iniziare la formazione delle truppe nigerine, che integreranno uno dei cinque battaglioni della Forza G5-Sahel, con la speranza, forse vana, di disimpegnarci presto dall’area. Sebbene bilaterale e negoziato con il governo locale, l’accordo italo-nigerino si somma a una flebile iniziativa europea per supportare la Francia e i Paesi del Sahel nel contrasto ai movimenti jihadisti e ai traffici illeciti. Si sa già che nel secondo semestre 2018 le truppe italiane in Niger saliranno a 256 uomini, con punte possibili di 470 unità. Faremo meno della Germania, che ha puntellato la missione delle Nazioni Unite in Mali con otto elicotteri e un migliaio di soldati della Bundeswehr, in un contesto in cui si sommano mille ambiguità.
Gli europei arrivano con un logica (affermano alcuni) “semi-coloniale”, per spazzar via i gruppi terroristici, stabilizzare i Paesi e bloccare il flusso migratorio. Ma a ben vedere nel Sahel si scontrano conflitti etnicoregionali irrisolti e il jihadismo potrebbe non essere che il problema più superficiale. I francesi non lo ammetteranno mai.
Ma stanno coinvolgendo gli alleati europei in una sorta di “pantano” da cui non riescono a venire fuori, per mancanza di uomini, mezzi e di una strategia seria e onnicomprensiva. Bastino due dati: mentre si danna da anni a combattere i terroristi, la Francia investe appena 15 milioni di euro per aiutare lo sviluppo dell’agricoltura nei Paesi del Sahel. Eppure il generale Leclerc, eroe della patria francese, diceva già che è «impossibile fermare le idee con le pallottole». Invece stanno arrivando solo queste, anche dalla Gran Bretagna. A Sandhurst, nei prossimi giorni, il bilaterale franco-britannico del 18 sancirà l’arrivo di rinforzi combat d’oltremanica. Forse elicotteri, droni Reaper, armati a differenza di quelli francesi, e mezzi di sorveglianza aerea. Movimenti militari di cui sono perfettamente a conoscenza i jihadisti, che hanno il loro sancta sanctorum nella zona della triplice frontiera, fra Mali, Niger e Burkina. Un’area vastissima dove i terroristi sono pronti a tendere trappole e imboscate: «Faremo di tutto per impedire al G5-Sahel di mettere piede qui», ha minacciato due giorni fa un “luogotenente” di Adnan Abu Walid Sahraoui, numero uno del Daesh nel Grande Sahara.