Il Messaggero, 17 gennaio 2018
Da Burton a Oldman, tutti i volti di Winston Churchill
Agli esami di maturità riuscì a passare a fatica. Venne bocciato in matematica, nella prova di studi classici, materia fondamentale all’epoca, e si salvò grazie alla sufficienza in letteratura. Pochi mesi più tardi fu costretto a ripetere per tre volte il test di ingresso all’accademia militare di Sandhurst, dove i voti restarono sempre modesti. Era un alunno svogliato Winston Churchill, ritenuto il miglior britannico di ogni epoca secondo un recente sondaggio della Bbc, che ora un saggio e un film celebrano. Ieri, infatti, edito da Mondadori, è uscito il volume di Anthony McCarten, L’ora più buia, che ricostruisce gli eventi che portarono un uomo lacerato dal dubbio e schiacciato dalle responsabilità, a diventare nel maggio del 1940 lo statista che salvò il mondo dal baratro. Vera storia che ha ispirato l’omonimo film diretto da Joe Wright con Gary Oldman, sul grande schermo da domani. La pellicola ricostruisce infatti il drammatico periodo in cui, alla guida di un Regno Unito orgoglioso e deciso a non soccombere, Churchill mise a punto la strategia che gli permise di battere i nazisti.
CARRIERA
Il padre, politico conservatore e cancelliere dello Scacchiere, lo riteneva un inetto. Per sottrarlo al destino fatuo all’insegna di Wine, Women and Song, al pari di gran parte dei suoi coetanei, lo spedì in India ad amministrare la periferia imperiale. Nel subcontinente, la metamorfosi. A renderla possibile furono i testi fondamentali della filosofia greca, in particolare i trattati di retorica, e i saggi del Settecento che avevano aperto la strada al liberismo economico grazie al quale era nata la rivoluzione industriale. Rientrato in patria, conquistò in fretta un seggio ai Comuni. Diventando subito un protagonista della scena pubblica mai abbandonata sino alla metà del Novecento, quando, ultraottantenne, decise di ritirarsi a vita privata al termine di una carriera che lo aveva visto ricoprire con finta riluttanza ogni possibile ruolo di governo.
Che sia stato un genio della politica e della strategia militare è certezza mai scalfita dai suoi avversari. Il piglio aristocratico che gli derivava da un casato illustre lo rendeva pigro e indifferente alle norme dell’etichetta. È noto, tra l’altro, che gestì tutti i passaggi decisi del secondo conflitto mondiale restando sotto le coperte, nella residenza di ogni premier a Downing Street o nella villa di campagna. Dormiva pochissimo, per la disperazione dei segretari personali, e telefonava dal letto, spesso a ore improbabili, ai suoi generali o ai ministri del governo, con un bicchiere di brandy sempre pieno sul comodino e un sigaro acceso in mano.
ERRORI
A dispetto della leggendaria intelligenza mostrata durante il drammatico scontro con la Germania nazista, in politica interna commise spesso gravi errori di valutazione. L’incapacità di capire l’importanza del welfare costruito insieme ai laburisti gli costò la vittoria nelle elezioni del 1945. E anche quando si convinse di aver suddiviso equamente a Yalta il mondo tra i vincitori del conflitto non fu lungimirante e si lasciò ingannare dalla apparente bonomia di Stalin, con il quale trascorse molte serate alcoliche. Credeva poi che l’impero britannico potesse sopravvivere «ancora per mille anni» e non si accorse che stava fragorosamente crollando. Era, infine, persuaso, che il Regno Unito sarebbe riuscito a rimanere «una superpotenza dominante», mentre stava mestamente scivolando verso il declino, anche a causa dei colossali debiti contratti con Washington per far fronte alle spese affrontate da Londra durante le guerre combattute nella prima parte del secolo scorso.
Il segreto del suo genio sotto il profilo politico e personale stava nel Common Touch, nella capacità di porsi in sintonia con il sentimento popolare. Nessun leader britannico del Novecento è stato oggetto di altrettanta adorazione: ai funerali assistette una folla imponente, la cerimonia fu trasmessa in diretta televisiva in oltre cento Paesi. Il tempo non ne ha certo offuscato la notorietà. Per tutti i sudditi di Elisabetta resta l’uomo che ha battuto i nazisti, salvando l’isola dall’invasione straniera. Diventando così oggetto di un culto che ancora persiste ben saldo.