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 2018  gennaio 17 Mercoledì calendario

Profughi e guerra all’Isis. Ipiani militari dell’Italia

ROMA Saranno 31 le missioni militari italiane per il 2018, con circa 6.400 uomini dislocati in 21 Stati di tre continenti (Europa, Asia, e Africa). Il decreto è già passato in Commissione difesa al Senato, con qualche protesta grillina, l’astensione leghista, un no di sinistra democratica. E oggi si prepara ad affrontare la Camera senza troppe sorprese. Del resto, gli interventi di cooperazione, sostegno e stabilizzazione nei processi di pace non sono di questi giorni. Il piano costato 1,43 miliardi nel 2017, inclusi i fondi per la cooperazione allo Sviluppo della Farnesina, vede investiti nel nuovo decreto, alla voce fabbisogno 2018, circa 1,5 miliardi. Ma il voto di oggi approverà le missioni solo fino al mese di settembre, perché, al momento, manca la copertura finanziaria per l’intero anno. Le nostre forze armate saranno coinvolte dall’Afghanistan al Kosovo, dal Libano alla Somalia, dall’Iraq alla Libia. E 10 milioni saranno stanziati per le operazioni d’intelligence a supporto delle missioni condotte dagli agenti operativi dell’Aise, il nostro servizio segreto esterno, attivi soprattutto in Libia, Iraq e Afghanistan. Un investimento legato all’impiego di assetti militari (forze speciali) a supporto degli 007 per operazioni segrete.
MENO MEZZI 
Il maggior dispiegamento di uomini rimane quello per il contrasto di Daesh, inviato dal 2015 «a seguito delle richieste umanitarie curde e con il consenso delle autorità irachene». La sconfitta dello Stato Islamico sui campi di battaglia, nonostante le ritrosie Usa dai quali continua ad arrivare la richiesta di una presenza massiccia, consentirà di ridimensionare il numero di uomini: 1497 i militari previsti come presenza massima, con una media di 1.100. Il ritiro riguarderà soprattutto i mezzi terrestri che passano a 390, più 17 mezzi aerei, con una spesa di 162.164.899 euro. Verrà chiusa la base in Kuwait, riducendo così i costi della missione in modo considerevole.
Appare evidente la volontà di concentrare gli sforzi militari nei territori adiacenti all’area del Mediterraneo, Nord Africa e Sahel, da dove provengono le maggiori minacce per il nostro paese. Qundi, nessuna riduzione nei Balcani (Joint enterprise-Nato) e in Kosovo (Ue), dove il jihadismo continua non mollare la presa: 538 militari, 204 mezzi terrestri e un mezzo aereo, per la prima, con un fabbisogno finanziario fino al 30 settembre 2018, di 45.552.389 euro. La seconda, invece, vedrà impegnati «per l’assistenza alle istituzioni, alle autorità giudiziarie e alle forze di polizia kosovare» 4 militari, 23 uomini della polizia di Stato, due magistrati (costo 249.012 Difesa, 1.314.460 Interno, 88.289 Giustizia). Lungo il confine sempre più caldo tra Israele e il Libano verranno dislocati 1.072 uomini, 278 mezzi terrestri, 6 mezzi aerei (102.297.566 euro). 
LA SICUREZZA 
L’Italia non rinuncia alle operazioni navali di fronte alla Libia con Mare sicuro ed Eunavformed-Sophia: 745 militari come presenza massima «per la prevenzione e il contrasto del terrorismo, per la tutela delle piattaforme Eni, per il salvataggio in mare» (63.442.734 euro), e 495 militari, una unità navale e due mezzi aerei, per la seconda, con una spesa di 30.765.657 euro. In base ad accordi bilaterali si muoveranno, invece, le nuove missioni: in Libia con 400 militari (presenza massima, media 375), 130 mezzi terrestri, mezzi navali e aerei tratti dal dispositivo di Mare Sicuro (costo 34.982.433 euro). In Niger: 470 militari, 130 mezzi terrestri, 2 mezzi aerei. Costo 30.050.995 euro. Mentre in Tunisia, l’Italia sarà di supporto alla Nato, con 60 uomini, e nel Sahara occidentale, per l’Onu, con due militari. Nel decreto missioni c’è spazio anche per gli Emirati Arabi e per l’Antartide.