la Repubblica, 17 gennaio 2018
Da outsider a leader, tre donne nel destino del governo catalano
BARCELLONA Il parco è ancora quello, l’edificio del Parlamento catalano anche.
Com’è, più o meno uguale, la maggioranza dei deputati indipendentisti rieletti il 21 dicembre: 70 su 135. Ma dimenticate i protagonisti delle drammatiche giornate di tre mesi fa, quando – era il 27 ottobre – venne dichiarata un’indipendenza impossibile da realizzare. A Rajoy bastò attivare il commissariamento della regione autonoma per cancellare i sogni utopistici delle truppe nazionaliste che sventolavano le esteladas per le strade di Barcellona. Oggi Carles Puigdemont è in esilio a Bruxelles, mentre il suo ex vice, Oriol Junqueras, è in carcere per ribellione a Estremera, 70 chilometri da Madrid. Così i nuovi interpreti di queste giornate che si daranno battaglia nell’aula catalana saranno soprattutto tre donne.
La prima è Inés Arrimadas. La giovane leader di Ciutadans, costola locale del nuovo centro-destra di Ciudadanos di Albert Rivera, è riuscita a diventare la paladina indiscussa dei “charnegos” ( i terroni), ossia quelle decine di migliaia di spagnoli emigrati dal Sud, soprattutto dall’Andalusia e dall’Estremadura, in cerca di lavoro nella ricca Catalogna a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Inés, con il 25% dei suffragi e 36 seggi, è la vincitrice morale delle ultime elezioni.
Nonostante serva a poco, in Catalogna Ciutadans è diventato il primo partito. E di lei, avvocato, 36 anni, nata in Andalusia, la più piccola di cinque fratelli, ormai si parla come una possibile leader nazionale da quando molti sondaggi la collocano davanti a Rivera nel gradimento degli elettori. L’altra donna in campo è l’esatto opposto di Inés. Erede di una importante famiglia di industriali catalani, Elsa Artadi, è diventata negli ultimi mesi il vero braccio destro dell’ex presidente Puigdemont. Quella che ha diretto la campagna elettorale di Junts per Catalunya, la lista del presidente. Lista che anche grazie a lei ha battuto, contro ogni pronostico, l’altro grande partito nazionalista, Esquerra repubblicana di Oriol Junqueras.
Elsa, 41 anni, laurea in Economia, master a Harvard, prima di entrare in politica ha insegnato per cinque anni a Milano, alla Bocconi, e lavorato alla Banca Mondiale. Ora è una principessa ribelle che lotterà fino alla fine per raggiungere l’obiettivo: rimettere, nonostante tutti i veti, Puigdemont alla guida della Generalitat. Un obiettivo che sarebbe più vicino dopo che, ieri sera, JuntsxCat e Esquerra hanno raggiunto un accordo per tentare di rieleggere in ogni modo l’ex-presidente, anche a distanza. L’altra ipotesi – che nessuno scarta in queste ore – è che invece sia proprio lei, Elsa, la nuova presidente, come fedelissima del capo in esilio.
La sfida sul futuro della Catalogna, che passa oggi per l’elezione del presidente del Parlamento e entro il 31 gennaio per quella del nuovo presidente della Generalitat, è semplice: si gioca sulla possibilità di un “presidente tecnico”, e una legislatura nazionalista “tranquilla”, per recuperare le istituzioni regionali oppure su un nuovo “colpo di mano” per forzare l’elezione di Puigdemont a distanza, via Skype. La tentazione c’è ma già Rajoy come i consiglieri giuridici del Parlament hanno dato l’altolà. Il primo ha detto che in quel caso prolungherebbe il commissariamento, i secondi che eleggere un presidente in sua assenza è illegale. E qui entra in gioco la terza donna di questo scenario, Marta Rovira. Con Junqueras in carcere, Marta è diventata la leader di Esquerra republicana. Quarantun’anni, li compie il 25 gennaio, laurea in Scienze politiche, nata a Vic, nel cuore della Catalogna secessionista, è lei che in queste ore proclama una iniezione di sano realismo per evitare un nuovo e inutile scontro aperto con Madrid.
Infine però, c’è anche una quarta donna decisiva nel futuro che inizia stamane. Ed è la sindaca di Barcellona Ada Colau: l’astensione del suo gruppo, En Comú-Podem, potrebbe evitare ai deputati in esilio la rinuncia al seggio. Ma se il candidato alla presidenza sarà ancora Puigdemont, Colau si pronuncerà con ogni probabilità contro l’astensione.