La Stampa, 17 gennaio 2018
Polo Nord, il mega-laboratorio che cela i destini della Terra
Mentre mezzo mondo gareggia per imporre il proprio predominio sul Polo Nord, l’Italia, in realtà, ha già conquistato un pezzetto di quei territori vergini e ricchissimi. Lo ha fatto utilizzando l’«arma» della ricerca.
«La conoscenza e la ricerca sono il potere gentile che ci consentono di avere un peso e un ruolo strategico sulle future scelte politiche in Artico», dice Massimo Inguscio, presidente del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche, che nei prossimi mesi guiderà, di concerto con il governo e il ministero degli Esteri, le fasi di nomine e avvio del «Consiglio Artico Italiano» e del «Programma di ricerche in Artico», recentemente finanziato con la legge di Bilancio del 2018, grazie – sottolinea Inguscio – all’impegno e al gioco di squadra tra governo e Parlamento.
L’Italia, in effetti, è tra le nazioni che meglio conosce questa area strategica di frontiera. «La nostra avventura in Artico – racconta il presidente – iniziò quasi un secolo fa con l’esploratore Umberto Nobile che sorvolò il Polo Nord con il dirigibile “Norge”, partendo per l’ultima tappa da Ny-Alesund nell’arcipelago delle Svalbard, a Nord della Norvegia». A Nobile e all’esploratore norvegese Roald Amundsen, che con l’esploratore italiano condivise l’avventura in Artico, è stato dedicato il nome di una delle complesse piattaforme della base artica «Dirigibile Italia», la «Amundsen-Nobile Climate Change Tower» proprio a Ny Alesund. Si tratta del laboratorio che permette di effettuare sofisticate misure del riscaldamento globale e dell’inquinamento atmosferico, mentre la base «Dirigibile Italia», inaugurata nel 1997 dal Cnr, è il primo vero avamposto italiano in Artico.
«In questi anni di attività – aggiunge – l’Italia ha contribuito a migliorare la conoscenza e le cause di fenomeni importantissimi, tra cui quelli legati ai cambiamenti climatici». Le regioni polari, infatti, sono un «laboratorio» ideale e unico in cui studiare la storia, le cause e anche il futuro del riscaldamento del globo. E l’Artico rappresenta il termometro perfetto per misurare la «febbre del Pianeta». «È qui, infatti, che il riscaldamento globale si verifica in forma a accelerata rispetto al passato, influendo in modo determinante su quello che avviene alle nostre latitudini».
L’atmosfera, il mare, i ghiacciai e la terra sono gli elementi che danno alla ricerca artica una straordinaria caratteristica, quella della multidisciplinarietà. I filoni di ricerca affrontati dal Cnr spaziano, infatti, dalla fisica dell’atmosfera all’oceanografia e alla biologia marina, dallo studio degli ecosistemi e del permafrost al paleoclima, fino alla ionosfera e alle interazioni Sole-Terra. E sono già molte le informazioni raccolte in questi anni di ricerca. «Come la scoperta di perdite di metano dal permafrost anche in inverno – ricorda Inguscio -. Una scoperta che ha cambiato la nostra comprensione del precario equilibrio del sistema climatico globale».
Ma preziose informazioni si attendono ora dai robot marini del Cnr, grazie ai quali sono stati raccolti dati sulle acque, sulla superficie e sull’atmosfera artica. «Tutte informazioni – sottolinea il presidente del Cnr – che serviranno a raffinare i modelli utilizzati per prevedere l’evoluzione del clima».
Altro fiore all’occhiello della ricerca italiana in Artico è il progetto «Ice Memory», un mega-archivio sulla storia del clima e dell’ambiente, riconosciuto dall’Unesco. «Lo scopo del progetto è mettere al sicuro le informazioni millenarie racchiuse nelle carote di ghiaccio, rendendole disponibili a studi futuri anche con tecnologie che oggi non esistono ancora».
Queste, quindi, sono le «armi» della ricerca con cui il nostro Paese si presenta al mondo che si appresta a decidere il destino di questa nuova frontiera del mondo. «È la nostra attività di ricerca che ha permesso di far entrare l’Italia nei consessi scientifici internazionali dedicati all’Artico e al conseguimento da parte del nostro Paese dello status di osservatore permanente del Consiglio Artico, massimo consesso politico internazionale in cui si discute il futuro della regione». Ora, grazie anche alle risorse finanziarie messe a disposizione da governo e Parlamento, l’obiettivo dell’Italia sarà quello di consolidare la propria posizione. «Dal punto di vista delle linee di sviluppo dell’attività scientifica un elemento centrale sarà la sempre maggiore internazionalizzazione della ricerca italiana in Artico e lo sviluppo di relazioni solide a livello bilaterale e multilaterale con partner chiave dello scacchiere artico, quali Canada, Russia, Norvegia e Finlandia – conclude Inguscio -. A questo sforzo, in una logica di lungo periodo, si aggiungerà il contributo allo sviluppo e al rafforzamento delle infrastrutture di ricerca necessarie a rendere sostenibile un sistema di tipo osservativo su scala pan-artica».