La Stampa, 17 gennaio 2018
Razza bastarda
Premessa: non siamo tutti matti. Se, come ha scritto ieri Michele Serra, si tratta di difendere la società italiana o meglio occidentale da una mal governata immigrazione, è una santa battaglia: difendere la laicità da attacchi religiosi esterni, specie islamisti, ma anche difendere lo stato di diritto da spensierati e spericolati attacchi interni, e pluridecennali. Se invece si tratta di difendere una specificità italiana, etnica o razziale (scegliete voi il termine), beh, tanti auguri: potreste incontrare qualche leggerissima difficoltà. Gli italiani, infatti, sono un misto fra: liguri, etruschi, fenici, greci, celti, cartaginesi, galli, bizantini, vandali, ostrogoti, longobardi, franchi, saraceni, normanni, svevi, berberi, albanesi, austriaci, solo per elencare alcune delle etnie catalogate da Eupedia nella Genetic history of the italians. L’Italia è terra di immigrazioni e mescolamenti continui dal paleolitico fino al Settecento: un festival da tutta Europa, Nord Africa, Medio Oriente. Secondo gli studi di Giovanni Destro Bisol della Sapienza, e pubblicati sul Journal of Anthropological Sciences, l’Italia è nettamente il Paese più meticcio d’Europa: fra i germanofoni di Sappada e la comunità del Cadore, che abitano la stessa zona, ci sono differenze genetiche trenta volte superiori di quelle che intercorrono fra portoghesi e ungheresi, per fare un solo esempio. Insomma, se abbiamo una razza, nessuno si offenda, è una gran razza bastarda. Forse per questo eravamo dei disordinatissimi geni, prima di un più recente rimbambimento.