la Repubblica, 15 gennaio 2018
Il mondo nuovo della Silicon Valley che spaventa tutta l’America
Una contraddizione profonda e crescente caratterizza il rapporto tra la società americana e la Silicon Valley. Da un lato i consumatori americani usano in misura sempre maggiore i prodotti e i servizi delle grandi imprese high tech. Sei adulti su dieci usano Facebook regolarmente; un numero crescente di famiglie si affida ad Amazon per gli acquisti e riceve a casa ogni genere di prodotti, dalle scarpe ai mobili, dai vestiti agli alimentari; gli utenti dei servizi offerti da Google – e-mail, mappe, personal assistant con intelligenza artificiale – sono 170 milioni negli Stati Uniti; l’iPhone X della Apple va a ruba e Microsoft è ritornata a crescere sotto la guida del suo nuovo amministratore delegato, Satya Nadella.
Il numero di impiegati e il valore di mercato delle imprese high tech quotate in Borsa hanno raggiunto i massimi storici e questo riflette principalmente una domanda da parte dei consumatori in crescita esponenziale. Non c’è dubbio che gli americani, giovani e vecchi, ad alto e basso reddito, di destra come di sinistra dedichino una frazione crescente del loro tempo e del loro reddito ai nuovi beni e servizi che il mondo dell’high tech continua ad inventare.
Dall’altro lato, però, l’opinione pubblica americana sta diventando sempre più critica nei confronti di Silicon Valley e dell’industria dell’innovazione.
Sorprendentemente, la stessa società che acquista con entusiasmo ogni nuovo prodotto che la Silicon Valley immette sul mercato, è permeata da un’ostilità politica crescente nei confronti del mondo high tech. L’ostilità è palpabile tra gli intellettuali, gli opinionisti e i commentatori dei giornali e della televisione e, in egual misura, tra il grande pubblico, nelle conversazioni quotidiane e sui social media.Ciò che colpisce è che questa ostilità non sia limitata ad una parte dell’opinione pubblica, ma sia condivisa dagli elettori di entrambi i partiti. In una nazione profondamente divisa tra democratici e repubblicani, in cui le posizioni sulle grandi questione politiche del momento (immigrazione, tasse, globalizzazione, protezione dell’ambiente) paiono inconciliabili, è un sentimento pienamente condiviso sia dalla destra sia dalla sinistra.
Il mondo della destra americana ha storicamente avuto una percezione piuttosto scettica del mondo dell’innovazione. In effetti, è difficile individuare due realtà sociali più distanti dal punto di vista antropologico. La base elettorale di Trump, prevalentemente bianca, a bassa scolarità e reddito medio basso, culturalmente retrograda e provinciale, concentrata negli stati conservatori in declino economico nel centro del paese, è sociologicamente agli antipodi del mondo della Silicon Valley, composto da un mix molto vario di cittadini globali, ad altissima scolarità e ad altissimo reddito, culturalmente cosmopolita e concentrato in centri urbani fortemente progressisti come San Francisco e Seattle. Le differenze sono incolmabili, perchè non sono solo frutto di retaggi culturali antitetici, ma di mutamenti economici strutturali.
Per la base di Trump, ancorata all’illusione di far rinascere l’idea di un’America tradizionale ormai economicamente in via di estinzione, la Silicon Valley incarna la minaccia di un nuovo ordine economico, multietnico e globale, urbano, dove il successo e la mobilità sociale dipendono sempre più da scolarità, intelligenza e capitale umano. La globalizzazione e lo sviluppo tecnologico sono due delle cause ultime della deindustrializzazione della “Rust Belt” e del declino della domanda di lavoro per l’elettorato di Trump negli stati del Midwest. Le medesime forze, globalizzazione e sviluppo tecnologico, sono le ragioni principali dell’incredibile dinamismo della Silicon Valley.
Dal punto di vista politico, il nazionalismo culturale ed economico che entusiasma la base di Trump, incentrato sull’idea di chiusura delle frontiere al resto del mondo dalla riduzione dell’immigrazione alle barriere alle importazioni – è l’esatta antitesi del globalismo da cui dipende la Silicon Valley, incentrato sull’espansione dei mercati internazionali e una forza lavoro sempre più internazionale. Si tratta di due universi economici paralleli. La metà degli ingegneri impiegati in ricerca e sviluppo a Google, Facebook, Amazon, Apple e Microsoft vengono dall’estero, da paesi come India e Cina, e sempre più da paesi europei, Italia e la Francia in particolare.
Il salario medio iniziale è di circa 160.000 dollari l’anno. Il salario medio di un dipendente di età simile nei cinque stati in cui il supporto di Trump è più forte è di circa 31.000 dollari annui.L’ostilità crescente della sinistra americana è di matrice più recente ed è più inattesa.
Politicamente, il mondo delle aziende high tech si divide tra tendenze libertarie e progressiste. La percentuale di voti per Trump nelle contee della Silicon Valley è stata tra le più basse della nazione.
Finanziariamente, l’high tech rappresenta una delle fonti più importanti di supporto economico per politici ed organizzazioni di sinistra. La stragrande maggioranza delle donazioni dei manager dell’high tech e dei venture capitalist vanno a favore di candidati democratici e di cause progressiste come aiuti ai paesi poveri, protezione dell’ambiente, diritti delle donne e delle minoranze, povertà e diseguaglianza, scuola e salute. Quando i politici democratici come Clinton o Obama hanno avuto bisogno di fare fundraising, la Silicon Valley è stata sempre la regione del paese più pronta ad accoglierli generosamente.Nonostante questo, negli ultimi due anni il centro-sinistra americano, e ancora più l’ala della sinistra progressista, si sono posizionati in maniera sempre più critica nei confronti della Silicon Valley. Il successo di imprese come Amazon o Google e lo sviluppo rapidissimo delle applicazioni basate su intelligenza artificiale generano sospetti di violazione dei diritti alla privacy e richieste crescenti di regolamentazione. Il ruolo che Facebook ha nella distribuzione di notizie ed informazione è percepito da molti a sinistra come una minaccia per la democrazia americana, mentre le notizie false diffuse su Facebook dalla Russia durante le elezioni presidenziali hanno contribuito a danneggiare Hilary Clinton. La quota di mercato detenuta dai big della Silicon Valley solleva preoccupazioni e sospetti di abuso di posizione dominante e richieste sempre più pressanti di indagini antitrust. La “supply-chain” della Apple viene costantemente criticata a sinistra perchè le fabbriche dell’iPhone a iPad sono tutte localizzate in Asia. Ogni settimana il New York Times pubblica un articolo o un editoriale profondamente critico nei riguardi di una delle imprese della Silicon Valley o dell’industria nel suo complesso.È come se il successo economico esplosivo di quel mondo abbia attivato un riflesso automatico dell’opinione pubblica progressista americana di critica e sospetto verso le grandi imprese e la cultura che le genera. Fino a due anni fa, Wall Street e il mondo della finanza erano il bersaglio preferito della sinistra, il nemico da regolamentare e imbrigliare.È sorprendente il fatto che oggi questo ruolo ricada sul mondo dell’innovazione, per sua natura, cultura e disposizione politica infinitamente più liberal del mondo della finanza.
Dal punto di vista economico, le accuse e i sospetti, sia quelli di destra che di sinistra sono in buona parte infondati. Le accuse di abuso di posizione dominante sono difficilmente difendibili in un contesto in cui i servizi offerti sono gratis come nel caso di Google, o i prezzi per i consumatori sono in calo (e non in aumento) come nel caso dei beni venduti su Amazon. In altre parole, non c’è alcuna evidenza empirica, almeno per ora, che la alte quote di mercato delle imprese high tech più grandi creino danni ai consumatori. L’idea che Facebook possa controllare o manipolare l’informazione che ricevono gli americani è superficiale e non tiene conto del fatto che il mondo dell’informazione è in trasformazione profonda, con barriere all’entrata che si stanno sgretolando rapidamente, concorrenza in aumento e una tendenza strutturale verso la balcanizzazione delle fonti di informazione disponibili alla persona media, e non la loro centralizzazione. Google e Facebook hanno attuato misure aggressive per contrastare i produttori più prolifici di notizie false. Per quanto riguarda le critiche concernenti la violazione della privacy, negli ultimi anni Goggle e le altre maggiori imprese del settore hanno adottato politiche più trasparenti sull’utilizzo dei dati personali degli utenti e hanno dato loro maggiore controllo su come vengono utilizzati i dati.Sono anche apparsi sul mercato vari servizi di email in concorrenza con Gmail che garantiscono privacy assoluta. Il fatto che pochissimi americani usino questi servizi suggerisce probabilmente che per l’utente medio i costi in termini di privacy siano in fin dei conti minori rispetto ai benefici offerti da Google.
La curiosa convergenza della destra e della sinistra sul tema della Silicon Valley potrebbe però rappresentare un pericolo per l’economia americana se questa ostilità generalizzata si concretizzasse nell’adozione di politiche tese a limitare o irregimentare il mondo dell’innovazione. Il pericolo è che queste politiche possano danneggiare nel lungo periodo la capacità della Silicon Valley di creare innovazione, valore aggiunto e crescita economica.
Va ricordato che questa crescita è stata il motore principale che ha risollevato l’economia americana dalla grande recessione del 2008-2011, e ha spinto il mercato del lavoro alla piena occupazione. Nell’ultimo decennio, infatti, la rinascita economica americana è stata in buona parte trainata dalla crescita costante di imprese nei settori più innovativi: Internet, software, media digitali, biotech, nuovi materiali, robotica, tecnologie ambientali. Tutto il settore dell’innovazione si è espanso rapidamente, e ha generato una rilevante domanda di nuovi dipendenti e un fortissimo indotto. La crescita occupazionale di questo settore si è estesa ad altre città americane, da Seattle, Austin e Raleigh a Boston, New York e Washington ed è il motore principale che che sospinge il Pil degli Stati Uniti.
Sarebbe un errore grave adottare politiche economiche punitive nei confronti del settore più dinamico e creativo dell’economia americana.