Libero, 15 gennaio 2018
Il signore dei misteri. Giacobbo: «I divulgatori scientifici sono come i Panda bisogna proteggerli». E Mattarella lo ha fatto Cavaliere
L’ultima volta che l’ho intravisto, Roberto Bob Giacobbo, era inquartato, con i suoi 2 metri abbondanti d’altezza, in un sotterraneo del Senato.
Sbuffava e tentava di spiegare al pubblico i misteri dell’istituzione repubblicana. Lo faceva roteando le sue manone da ex cestista del Bancoroma, da dietro le telecamere del suo Voyager, lo storico programma di successo (32 edizioni in 15 anni, e il 9% di share quando la media di Raidue è del 7%). Prima ancora credo d’averlo individuato accanto alla Madonnina, sulle guglie del Duomo, a cercare i guantoni di Primo Carnera. E ancora prima, durante il suo “periodo esotico”, Bob te lo trovavi a Stonehenge ad indagare sugli osservatori astronomici degli antichi druidi; a navigare nel Triangolo delle Bermuda; o ad arrampicarsi sulla piramide di Cheope; a fotografare le linee di Nazca. Dappertutto. Tranne che nei corridoi vischiosamente politici di viale Mazzini (di cui pure è “vicedirettore di Raidue con delega alla divulgazione”). Giacobbo viaggia a braccetto con la scienza e la storia. È l’unico dirigente Rai pagato per soddisfare non la brama di potere, ma il suo diceva Elémire Zollastupore infantile. Il maledetto.
Classe ’61, laurea in Economia e commercio, figlio di un ingegnere dell’Ibm, autore, giornalista, Giacobbo conduce una vita ordinariamente burrascosa. Bob, dove ti trovi ora? Al telefono rispondi sempre come se fossi in Alaska...
«Ma sto a Roma, in via Novaro, dài. Stiamo finendo Voyager edizione straordinaria sui luoghi straordinari d’Italia dalla Reggia di Caserta, alla Torre di Pisa, alle segrete del Senato. Ma anche sugli italiani straordinari, e non parlo solo di Bartali che faceva la staffetta partigiana in bici, ma pure, chessò di Luigi Del Bianco, il capo scalpellino italiano che scolpì i volti dei presidenti Usa sul Monte Rushmore».
Strano. Ti pensavo ad estrarre la spada Excalibur, o all’isola di Pasqua o nel trinagolo delle Bermude...
«Sono stato anche lì».
Non dubitavo. E nel tuo errabondare, dove ti sei trovato meglio (o peggio)?
«La sensazione più sgradevole, non so spiegarti, fu nella chiesa di Rennes-le-Château, dalla cui leggenda del “tesoro maledetto” nasce quella del Priorato di Sion e da cui Dan Brown trasse Il codice Da Vinci. La sensazione migliore, l’esatto contrario di Rennes, a casa di Gustavo Rol, sensitivo torinese che in vita sua fece solo del bene, e quel bene come spesso accade ne permea i luoghi, rimane dopo di lui».
A vederti in tv, mi sembri un incrocio fra Indiana Jones e Piero Angela.
«Ma va là. Quando posso prendo e mi rifugio in una baita in Abruzzo, tra gli orsi marsicani...».
Ci credo, serve per smaltire tutto quel jet lag. Perché non dici mai che hai iniziato con la tv dei ragazzi? Ti vergogni?
«Anzi, ne vado fiero. Ma ti correggo: prima stavo in radio, a Rds dove facevo satira. Inventavo personaggi: la suora, il truzzo, “Ez, l’extraterreste” il fratellino di Et. Da lì passo in Rai a Torino con Carlo Conti ad occuparmi di programmi per ragazzi, tra Big e Disney Club. Siccome il capostruttura Luciano Scassa aveva la delega per i programmi religiosi, io mi ritrovai a fare la Bibbia per i ragazzi»
La Rai è nel tuo destino. Non incontrasti lì la tua futura moglie?
«Sì, lì incocciai in Irene che faceva la Banda dello Zecchino. Ci innamorammo tra le canzoncine, ci sposammo e preocreammo tre splendide figliole, Angelica, Giovanna e Margherita di 21, 20 e 17 anni oggi. Siccome io sono 2 metri e Irene supera il metro e ottanta, svettano dal 1,76 all’1,87, giocano a pallavolo, e usano la mia moto Enduro. Nessuna di loro fa il mio mestiere, volessi chiedermelo...».
Cioè, tu non sei come Piero e Alberto Angela: l’osmosi ereditaria della conoscenza..
«Grandi professionisti».
Sì, ma fanno ascolti e li pagano un botto, mentre tu devi arrangiarti con quattro euro. Non li invidi un po’?
«No, affatto. Da divulgatore scientifico mi batto perché il nostro mestiere sia tutelato come i Panda. E gli Angela li pagano giustamente: fanno su Raiuno il 19% dove costi e target sono più alti. Il problema è formare i divulgatori. Tra i miei autori ci sono un ingegnere del Cnr, una storica medievale e una storica contemporanea».
Quando hai cominciato a occuparti di misteri?
«Mi capitò di scrivere il mio primo libro di successo con Riccardo Luna. Era Il segreto di Cheope, racconta i dubbi sull’origine del popolo egizio. Era strano che le piramidi fossero sempre orientate verso il nord magnetico, la temperatura al centro fosse sempre pari a quella media della Terrra: e quelle tre sole tre stanze in una costruzione che poteva contenere tre piazza San Pietro... E quando le costruirono ancora non s’era scoperto il ferro né la ruota».
Cioè, fammi capire. Tu mi stai dicendo che le piramidi le hanno fatte gli Ufo?...
«Come banalizzi. Ogni volta che non si capisce qualcosa si parla di ipotesi extraterrestre, ci vuole un attimo per cadere nella macchietta. Per dire, io, dall’altopiano di Nazca in Perù non feci vedere apposta la figura dell’ “astronauta” ché si prestava con faciloneria a da interpretazioni fantascientifiche».
Ma scusa, il genere in tv l’hai rilanciato tu, era finito con Uri Geller...
«All’inizio ci giocavo un po’, è vero, sul mistero, sul sensazionalismo, Poi ho scoperto di sapere di non sapere».
Questa non è tua...
«No, è di Socrate. Ma oggi la mia curiosità è a tutto tondo. Apprezzo l’isola di Pasqua, un scoglio in mezzo al Pacifico lontano dal luogo più lontano della Terra. E pure l’odore e la lettura dei vecchi manoscritti; per dire, sai che nella Bibblioteca Casanatese è conservato l’editto che condanna Galileo?».
Chi forse ha condannato te, invece, è stato Maurizio Crozza che ti imita in Kazzenger. Ti sei arrabbiato?
«No...».
Ma dài...
«No, ti giuro. Sapevo dell’imitazione prima che andasse in onda, da un suo autore che era il mio. D’altronde, io ho fatto satira, capisco. Kazzenger è diventato talmente popolare che un giorno, mentre insegnavo all’università, un linguista mi ha avvicinato dicendomi: “Apprezzo il suo lavoro, ma guardi che quella cosa che gli Ittiti pronunciavano solo la “I” e la “T” non è vera...”. E ti credo, l’aveva detta Crozza, mica io»
Hai scritto un best seller:
2012 La Fine del mondo?
Molti se la sono presa, dandoti del menagramo. Lo eri?
«Io veramente riportai solo le dichiarazioni di uno scienziato russo, semmai dovevano prendersela cone lui. Erano ipotesi. Tant’è che c’era il punto interrogativo: “Fine del mondo?”. Non era menagramo».
Invece, alla faccia delle profezie, a te è andato tutto liscio. Se Crozza viene a sapere che ora insegni alla Sorbona di Parigi ci fa su una puntata intera...
«Mi hanno chiamato loro, per insegnare divulgazione ai prof e ai dottorandi, dopo un’intervista al Nobel Luc Montagnier. Ne sono orgoglioso, come quando il mio amico Zahi Hawass, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie, di solito di un rigore e una diffidenza estrema verso i visitatori, nel 2005 mi aprì, di notte, una piramide».
La vera notizia è che Mattarella ti ha fatto Cavaliere della Repubblica. E tu non l’hai detto...
«Vedi, io avevo un nonno, veneto, caduto in guerra lasciando tre figli orfani. Era Cavaliere della Repubblica. Sicché, quando qualche mese fa Mattarella ha nominato me Cavaliere al merito della Repubblica, davanti a mio padre, ti confesso che mi sono commosso. Non serviva lanciare un’Ansa...».