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 2018  gennaio 15 Lunedì calendario

Raddoppiano le femmine che uccidono altre femmine

Eva contro Eva non è mai stata una realtà tanto attuale. I femminicidi esistono, impossibile negarlo, ma se la vittima è certamente di sesso femminile non è detto che l’autore sia sempre il maschio di turno. A volte è anche donna. Oddio, l’uomo che uccide la moglie, la compagna, la madre dei suoi figli, per gelosia o ansia di possesso, per non volere ammettere la fine di una relazione, è talmente all’ordine del giorno che ci hanno costruito su trasmissioni tv e campagne infinite. C’è il giorno dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne (25 novembre) e c’è chi ha perfino deciso di cambiare il finale della Carmen di Bizet per essere in linea con le proteste delle femministe indignate di tutto il mondo. 
Per carità. Le statistiche sono piene dei racconti di violenze brutali ai danni delle signore e per molto tempo, nel nostro Paese, uccidere è stato un atto confinato all’interno della popolazione maschile. Le donne assassine erano così poche da essere subito declassate nella categoria delle pazze. Rinchiuse e dimenticate. 
Adesso, però, non è più così e non, come potrebbe sembrare, per una reazione al fenomeno dei femminicidi. Lo dicono i dati raccolti negli archivi del ministero dell’Interno, lo confermano le tendenze studiate dai sociologi che parlano di «straordinari mutamenti avvenuti in Italia nel campo della criminalità violenta». Intanto, sono calati in generale gli omicidi. Se nel 1991 erano quasi duemila, cioè 3,4 per 100mila abitanti, nel 2016 il numero è calato a 397 (0,65). Poi sono cambiate le caratteristiche demografiche degli autori del delitto. È mutata la loro composizione per età: meno omicidi compiuti tra i 26 e i 40 anni ovunque, ma soprattutto nel Mezzogiorno, proprio nello strato della popolazione più sofferente a causa della crisi economica. 
Certamente anche oggi, in prospettiva, è più facile che a compiere un delitto, perfino un semplice furto, sia un uomo. Agli inizi degli anni Novanta le donne ladre costituivano il 10 per cento dei condannati per il reato di furto e il 3,9 per cento delle persone denunciate o arrestate per omicidio. Ma la tendenza degli ultimi anni, spiega un’indagine compiuta dai sociologi Marzio Barbagli e Alessandra Minello per Lavoce.info, mostra che vi è stata una convergenza tra la criminalità maschile e quella femminile, di sicuro per quanto riguarda i reati meno gravi come la truffa o le rapine. E questo, spiegano gli esperti, per il cescente numero di donne entrate nel mondo del lavoro: hanno più occasioni per commettere illeciti penali. 
Se guardiamo, poi, le statistiche sugli omicidi, anche qui il divario di genere è diminuito. La quota delle donne sul totale delle persone denunciate o arrestate per questo delitto è più che raddoppiata, passando dal 3,9 per cento del 1992 al 9,1 per cento del 2016. Insomma, ammazzano più di prima e su questo non c’è differenza geografica che tenga: il mutamento delle “abitudini” si è registrato sia nelle regioni del centro-nord, sia al meridione e nelle isole. Dagli inizi degli anni duemila sono aumentate le assassine mentre sono diminuiti gli omicidi compiuti dagli uomini. 
Ma chi pensa che le ragazze con la pistola (o con il coltello) siano diventate così agguerrite in seguito all’esplodere dei femminicidi, si sbaglia: non è una reazione al maschio carnefice. Non è solo una questione di legittima difesa. Se prima il gentil sesso rappresentava solo l’8 per cento degli autori di omicidi (ma il 30% delle vittime), la situazione è cambiata nel senso che sono aumentate le uccisioni di donne da parte di altre donne. E il fattaccio di una lei contro un’altra lei si consuma non in ambito di criminalità organizzata (che avviene molto più di altre tipologie fra uomini), ma a seguito di risse, liti, per motivi passionali o familiari. 
E poi le donne come uccidono? Tra di noi prediligiamo l’asfissia. Mentre se dobbiamo far fuori un uomo l’arma da taglio o da fuoco è la più usata, proprio come quando l’autore del delitto è uomo e la vittima è donna.