Libero, 15 gennaio 2018
Spariscono le carte sul mostro di Firenze. Ripartono le indagini
Tutto da rifare. Le nuove tecnologie in mano alla scienza per la rivalutazione dei tempi di maturazione di larve e uova fotografate all’epoca sui cadaveri dell’ultimo duplice omicidio, rimescolano le carte sul caso del “mostro di Firenze”, una delle inchieste più complesse e lunghe della storia italiana, il primo caso nazionale di omicidi seriali.
Al centro dell’attenzione, un killer che dal 1968 al 1985 ha seminato morte e terrore tra le coppiette in cerca di intimità nelle campagne toscane e che, per rimbalzo, ha creato una psicosi da mostro. Otto i delitti attribuiti al maniaco, oltre duecento i nominativi di indagati su cui si è scavato, decine di scrittori e giornalisti in cerca di verità, squadre di inquirenti, FBI inclusa, create ad hoc per seguire le tracce del criminale seriale, aprendo piste ogni volta diverse, fino a ipotizzare che dietro a quei delitti vi fosse una setta satanica e mandanti di secondo o terzo livello. Ipotesi mai riscontrata.
Quello che è certo oggi, dopo numerosi fascicoli aperti in diverse procure, è che per quegli efferati crimini finirono in carcere a vita perché identificati come gli autori di quattro duplici omicidi, i cosiddetti “compagni di merende”: Mario Vanni e Giancarlo Lotti (unico reo confesso e accusatore dei presunti complici), mentre il terzo, Pietro Pacciani, il contadino di Mercatale, è stato condannato in primo grado a più ergastoli e poi assolto in Appello.
È morto nel 1998 prima di essere sottoposto ad un nuovo processo. L’inchiesta mai chiusa, aveva un unico denominatore: il modus operandi del killer. I delitti avvenuti nelle medesime circostanze. Luoghi appartati e notti di novilunio, quasi sempre d’estate, nel fine settimana o in giorni prefestivi. È sempre stata usata la stessa arma, una pistola Beretta calibro 22 Long Rifle, in commercio dal 1959 e mai trovata tranne nel duplice omicidio del 1985, in cui le vittime erano in una tenda da campeggio (dopo l’ordine partito in Procura a Firenze, di inviare auto civetta di finti fidanzati), tutte le altre coppie erano all’interno di autoveicoli. La scorsa estate la Procura ha riaperto il caso del mostro, ed ha iscritto nel registro degli indagati l’ex legionario 87enne Giampiero Vigilanti, originario di Vicchio e residente a Prato, insieme al suo ex medico personale Francesco Caccamo, nato in Tunisia 86 anni fa, anch’egli migrato da Vicchio a Firenze a fine anni ’90, ora chiamato in causa proprio dall’ex legionario durante le indagini dei Ros. Per la Procura i due sarebbero coinvolti in concorso negli otto duplici omicidi. Perché due nuovi indagati? Alcuni omicidi delle coppiette sono avvenuti in luoghi in cui Vigilanti viveva. Anche Caccamo sarebbe vissuto in Mugello. Vigilanti conobbe Pacciani, che lo cita nel suo memoriale, e viveva a Calenzano quando il 22 ottobre dell’81 furono uccisi Stefano Baldi e Susanna Cambi. Non solo: guidava un’auto rossa che spesso salta fuori negli atti del processo, secondo le voci dei testimoni e dei “compagni di merende”.
I SOSPETTI
Oltre a maneggiare armi, Vigilanti poteva conoscere i luoghi in cui il 14 settembre ’74 morirono Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini a Borgo San Lorenzo, o a Vicchio dove vennero brutalmente uccisi anche Claudio Stefanacci e Pia Rontini. Ma lui, raggiunto nella sua casa di via dell’Anile a Prato, si dichiara estraneo alla serie di delitti. «Io con quegli omicidi non c’entro». Ripete mostrandosi sereno. «Sono anni che ogni tanto mi vengono a prendere i carabinieri per interrogarmi. Ma non ho fatto nulla». Vigilanti fu perquisito anche nel 1994 dopo una lite con un vicino e fu trovato in possesso di 176 proiettili calibro 22 marca Winchester, gli stessi utilizzati per i delitti seriali, ma anche quella volta fu scagionato.
A sollevare sospetti, una denuncia di furto presentata da Vigilanti nel 2013 relativa a quattro pistole da lui regolarmente detenute, tra cui una Beretta calibro 22. «Quelle pistole me le hanno rubate e ho fatto denuncia, ma i magistrati le avevano già viste». In Procura a Firenze l’ex legionario si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Aspettiamo fiduciosi l’archiviazione». Commenta il suo legale Diego Capano. Si conosce poco o nulla dell’altro indagato, il medico e odontotecnico che operava in via Scandicci 11 a Firenze. A dare un forte impulso all’inchiesta è stato anche l’autorescrittore Paolo Cochi, che nel suo libro Mostro di Firenze Al di là di ogni ragionevole dubbio, ha messo in discussione le dichiarazioni di Lotti, unico accusatore dei “compagni di merende”. «Il libro è un lunghissimo lavoro di inchiesta e di ricerca confida Cochi, svolto sugli atti di indagine e sui documenti processuali. Evidenzia che non vi furono elementi di prova a sostegno di alcune condanne. Nessun fattore scientifico, tanto meno di attendibilità testimoniale». Lotti dichiarò di essere stato presente, a Scopeti, all’ultimo delitto dei due fidanzati JeanMichel Kraveichvili e Nadine Mauriot, avvenuto per mano di Pacciani e Vanni, con indiscutibile certezza disse domenica 8 ottobre 1985.
LA SCOPERTA
Questa la data riportata su tutti i giornali, fedeli alla valutazione fatta all’epoca dal medico legale Mauro Maurri. Al suo fianco c’era il giovane braccio destro Giovanni Marello, medico legale e docente all’Università di Firenze, esecutore dal 1974 all’84 delle autopsie sui corpi delle vittime del mostro e anche sul cadavere di Pacciani, la cui morte sollevò dubbi sui farmaci sospetti somministrati. «Pacciani è morto per cause naturali, per insufficienza cardiaca». Rivela il professor Marello. E sui cadaveri dei fidanzati francesi uccisi confida: «Purtroppo all’epoca in Italia non avevamo gli strumenti per affrontare analisi scientifiche all’altezza di un serial killer. Oggi, dalla visione delle foto, si può affermare che le larve trovate sui cadaveri dei ragazzi francesi, anticipano la data della morte al sabato e non alla domenica». Così la pensano altri cinque esperti sottoposti al test fotografico delle larve. E sempre Marello: «Per me l’autore poteva essere anche una persona sola che si avvicinava all’auto di notte, puntava la lampada sulle vittime abbagliandole e sparando a mezzo metro di distanza prima all’uomo poi alla donna che veniva trascinata fuori dall’auto per compiere le escissioni al pube e poi al seno sinistro. Nel 1974 iniziò a tratteggiare le parti intime col coltello, poi in un crescendo di violenza ha iniziato le escissioni anatomiche. Fra le tante cose strane ci sono anche alcuni verbali delle autopsie scritti da noi medici che non sono più reperibili all’Istituto di medicina legale». Un pezzetto di seno venne inviato in una lettera lunedì 10 settembre 1985 all’allora unico magistrato donna Silvia della Monica, che poco dopo lasciò le indagini. Il mostro voleva far trovare i due cadaveri prima che gli inquirenti li scoprissero e per questo nascose la donna in tenda e il ragazzo tra le foglie del bosco.
I FAMILIARI
«Io l’avevo detto che prima o poi l’avrebbe fatto», dice Silvia Della Monica, divenuta senatrice e da pochi mesi in forza alla Corte d’Appello di Roma. Un caso di veggenza o il magistrato aveva capito che il maniaco era vicino agli ambienti investigativi? Ad ogni modo l’identikit tracciato all’epoca non aveva nulla a che fare con Pacciani e compagni di merende, tre amici guardoni incapaci di mettere in scacco gli inquirenti.
Raggiungiamo in Francia i parenti di Jean-Michel Kraveichvili. «So che hanno riaperto l’inchiesta e che ci sono due indagati dice Salvatore Maugeri, portavoce delle sorelle Kraveichvili -. Sarebbe ora che si iniziasse a fare le indagini come andrebbero fatte. Pacciani e compagni? Erano innocenti e noi aspettiamo da decenni che venga scoperto il vero colpevole». Tra gli avvocati che hanno avuto a cuore il caso, c’è il difensore di Mario Vanni, Nino Filastò. «Per la verità occorrerebbe basarsi su dati scientifici. E fino ad oggi, a parte le larve, mi pare non ve ne siano». Eppure non è mai troppo tardi per far luce su un giallo che ha sconvolto l’Italia.