Il Messaggero, 16 gennaio 2018
Sud Corea in crisi per l’arrivo dei cugini: con le Olimpiadi sbarcano le spie di Kim
NEW YORK «Ho un rapporto molto buono con il presidente nordcoreano Kim Jong-un». Una frase dell’intervista rilasciata da Donald Trump al Wall Street Journal (e il giallo su un possibile errore di trascrizione) ha causato un piccolo caso diplomatico a Washington. La risposta del presidente che sembrava in contrasto con l’attuale linea di comunicazione tra gli Usa e la Corea del Nord. Nel passaggio dell’intervista Trump si vantava di essere riuscito a ribaltare grazie alla sua capacità di negoziato i rapporti personali tra la presidenza statunitense e i vertici del governo di Pechino, e suggeriva (in realtà al condizionale) che lo stesso «potrebbe» accadere con il dittatore di Pyongyang. «Vedremo quello che succede con la Corea del Nord, abbiamo importanti colloqui in corso, le Olimpiadi, sapete, molte cose possono succedere».
In realtà le manovre nella penisola coreana stanno spiazzando l’amministrazione di Washington. Lo ha riconosciuto l’ex segretaria di Stato del governo Bush Condoleezza Rice, quando ha detto che Kim «si sta rivelando uno stratega di gran lunga superiore alle aspettative». La riapertura delle comunicazioni con la Corea del Sud, e la partecipazione di una squadra del Nord alle prossime olimpiadi invernali di Pyeongchang, sono segni di riappacificazione tra i due paesi che potrebbe tagliare fuori gli Usa dall’intera penisola e dalla scena del sud est asiatico. Pyongyang si prepara a mandare una delegazione di 500 persone compresi i 140 membri della rinomata banda musicale Moranbong, e i cugini del sud prevedono grandi problemi di sicurezza per garantire l’incolumità di atleti e funzionari (tra cui presumibilmente anche alcune spie) del nord durante gli spostamenti per le gare.
Trump ha cercato di mettere il cappello sull’iniziativa quando ha suggerito che è stata la fermezza della posizione statunitense a forzare il dibattito, e ha incassato per questo il ringraziamento del presidente Moon Jae in. L’agenzia stampa del Nord KCNA ha ribattuto che tali affermazioni sono «foriere di disastri», e un’«autentica doccia fredda sull’atmosfera di riconciliazione». Anche da Mosca il ministro degli Esteri Lavrov nella conferenza stampa di inizio anno ha detto che gli Stati Uniti «stanno cercando di destabilizzare l’ordine mondiale» con loro attacchi contro Corea e Iran, e che potrebbero causare «conseguenze catastrofiche».
Per tutti questi motivi dietro la bandiera della fratellanza che sta per sventolare a Pyeongchang, gli Usa stanno elaborando sinistri piani di guerra contro la Corea del Nord. A Fort Bragg nella Carolina del Nord il mese scorso, gli elicotteri da combattimento Apache e i cargo Chinook hanno condotto manovre di addestramento per il trasporto di militari ed equipaggiamento verso bersagli sotto il tiro dell’artiglieria nemica. Due giorni dopo la 82ma divisione aerea ha simulato in Nevada un’invasione notturna paracadutata. E in coincidenza con la fine dei giochi olimpici invernali, un contingente di 1.100 marines e delle forze speciali arriverà nella penisola, così come in passato era accaduto in Siria e in Iraq alla vigilia delle controffensive militari.