Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 16 Martedì calendario

Kevin Kühnert, presidente dei giovani della Spd: «Dimenticati i ragazzi che vivono di stage e lavoretti»

C’è già chi lo considera come il candidato ideale del Partito socialdemocratico alla cancelleria, ma a simili lusinghe Kevin Kühnert, presidente della federazione giovanile dell’Spd (Jusos) risponde con collaudata modestia. «Al momento mi limito a fare il mio dovere nel tentativo di salvare le sorti del mio Partito». Il 28enne originario di Berlino Ovest, dove è nato poche settimane prima del crollo del Muro, è diventato l’esponente di punta della rivolta contro una riedizione del governo di grande coalizione all’interno dell’Spd. La sua campagna «No-GroKo» (No alla Grosse Koalition) ha raccolto in pochi giorni centinaia di migliaia di adesioni sui social network e almeno su Facebook Kühnert ha nel frattempo molti più sostenitori dello stesso leader di partito Martin Schulz.
«Nelle 28 pagine dell’intesa di massima raggiunta fra Spd, Cdu e Csu per la formazione di un nuovo governo di grandi intese non c’è nemmeno un passaggio, una riga dedicata alla generazione del precariato, alla mia generazione. Ai milioni di giovani che sopravvivono con contratti a termine, lavoretti saltuari e mal retribuiti, stage di volontariato e corsi di apprendistato pur avendo due lauree in tasca».
È per questo che si oppone a un’altra alleanza di governo del suo partito con la Cdu di Angela Merkel?
«Abbiamo già governato otto anni all’interno di Grandi Coalizioni con i cristiano-democratici e quello che potevamo ottenere come partner di minoranza l’abbiamo già ottenuto. Il salario minimo garantito, l’abolizione del servizio di leva, la legge per il contenimento del caro affitti, i matrimoni gay e tanto altro ancora. Ma quello che Martin Schulz è riuscito a raggiungere negli ultimi negoziati con il centro-destra è un po’ poco. Troppo poco».
Per l’Spd sarebbe dunque meglio tornare all’opposizione, come sostenuto inizialmente dallo stesso Martin Schulz?
«A cosa portano i governi di ampie intese ripetuti all’infinito lo si può constatare in Austria. Anche qui abbiamo avuto per anni maggioranze formate dal centro-sinistra e dal centro-destra col risultato che il vuoto politico e la mancanza di alternative alla convivenza consensuale fra i due grandi schieramenti ha favorito l’ascesa della destra populista che oggi è al potere. In Austria, ma anche in Francia, in Olanda e in molti altri Paesi europei i vecchi partiti storici della sinistra socialdemocratica sono in via d’estinzione. Si sono troppo spostati al centro, spesso hanno sposato cause neoliberiste, hanno favorito i processi del capitalismo più selvaggio e hanno così perso di vista i veri problemi della gente comune».
In tema di welfare la recente intesa con la Cdu/Csu prevede però tutta una serie di miglioramenti, dall’aumento degli assegni famigliari al mantenimento dei livelli delle pensioni d’anzianità. Non basta?
«Schulz non è riuscito ad imporre un aumento delle aliquote sui redditi più alti e l’abolizione delle assicurazioni sanitarie private, due punti fondamentali del nostro programma. E ha tradito anche un valore secondo me universale per la sinistra: quello della solidarietà. L’introduzione di un limite massimo all’ingresso di rifugiati e la forte limitazione dei ricongiungimenti famigliari per i profughi già riconosciuti infrangono i più basilari diritti umani e sono anche controproducenti. Questa Grande coalizione serve solo a prolungare l’agonia politica di Angela Merkel per altri 4 anni».