la Repubblica, 16 gennaio 2018
L’Estonia sfida Mario Draghi. «Lanceremo una criptomoneta»
Roma «Il nostro EstCoin va avanti». Kaspar Korjus si è ritrovato con un avversario non da poco. Mario Draghi in persona, con inusuale durezza, ha bocciato l’idea estone di lanciare una criptomoneta nazionale: «La valuta dell’eurozona è solo l’euro», ha scandito l’uomo più potente d’Europa. Da buon innovatore però il 30enne Korjus non si scoraggia. Sembrava impossibile anche creare una residenza digitale, e invece eccola qua: oggi gli stranieri possono ottenere online un domicilio virtuale in Estonia e fondare lì la propria azienda. È già una cittadina di 30 mila abitanti, ed è soprattutto per loro che nascerebbe l’EstCoin. «Siamo già in contatto con la Bce per spiegarlo», dice Korjus, la mente dietro l’e- Residency. Draghi non ha capito? Ingiuria! «Non voglio dire questo. Ma il dialogo ne chiarirà i benefici».
C’è da spiegare, prima di tutto, che l’EstCoin sarebbe più un “token” che una moneta. Sfumatura decisiva per non violare i trattati europei. Il token è un gettone offerto a chi finanzia un progetto digitale, che promette di ripagarlo quando questo sarà operativo. Può essere scambiato, vero, ma il suo valore è l’utilità. L’Estonia vuole lanciare una di queste campagne di finanziamento, dette Offerte iniziali di moneta (Ico): «Una nuova opportunità per i Paesi di raccogliere fondi, alternativa all’emissione di bond, che noi useremmo per sviluppare la comunità digitale». Le identità virtuali, oggi legate a una costosa carta chip, sarebbero smaterializzate sulla blockchain, l’archivio distribuito alla base delle criptovalute, e gli Estcoin diventerebbero per i cittadini i gettoni, «trasparenti perché personali, con cui firmare atti o contratti, fruire di servizi pubblici o privati». E trasparente sarebbe anche l’ultimo utilizzo che Korjus immagina, come effettivo mezzo di pagamento tra gli e-residenti, ovunque vivano nel mondo. Qui siamo pericolosamente vicini alla moneta: «Ma per essere spesi nel mondo reale gli EstCoin dovrebbe essere comunque convertiti in euro». A un tasso di cambio bloccato.
Sull’esplosione delle Ico, queste emissioni di nuovi valori virtuali, il dibattito infuria. L’anno scorso decine di startup hanno raccolto così oltre 4 miliardi di dollari, sfruttando l’appetito degli investitori per nuovi potenziali bitcoin, ma offrendo a chiunque voglia scommetterci token che rischiamo di rivelarsi inutili. Soldi persi. La Cina e la Corea del Sud le hanno vietate, negli Stati Uniti sono osservate speciali della Sec. Lanciando gli EstCoin, Korjus punta a fare dell’Estonia la terra delle Ico: «Ma solo di quelle affidabili – spiega – stabiliremo delle linee guida da seguire, faremo tutti i controlli su chi investe e incassa, grazie all’identità digitale. Una regolazione intelligente».
In altri campi la repubblica baltica ci è riuscita. Vedere Uber: non è stato bandito, ma costretto a trasmette al Fisco tutti i dati dei guidatori. Nel frattempo il governo ha snellito le norme sui taxi, che rischiavano di subire una concorrenza sleale. Sia il governo che la Banca centrale estone ora hanno assicurato il sostegno al progetto Est-Coin, entro l’estate dovrebbe essere definita la tabella di marcia. Certo, la finanza è più complessa del trasporto pubblico. La diffidenza dei regolatori di tutto il mondo verso le criptomonete sta crescendo, il rischio che strozzino l’innovazione concreto. Mentre i massimalisti dei bitcoin considerano una bestemmia qualsiasi progetto di blockchain privata o statale. Korjus e l’Estonia provano a mediare: «Si può prendere il meglio delle due fazioni: la maggior parte delle regole sono buone, ma oggi ce ne sono troppe. Sì, l’EstCoin arriverà».