La Stampa, 16 gennaio 2018
Macron tenta Londra: resti nella difesa comune
È già capitato così tante volte, una storia di secoli: al di là delle rivalità inevitabili e le idiosincrasie istintive, francesi e inglesi hanno bisogno gli uni degli altri. Ed è ancora con questo stato d’animo che giovedì, a Sandhurst, nel Kent, si ritroveranno faccia a faccia Emmanuel Macron e Theresa May, con la difesa che svetta in cima al menu dei temi più scottanti da discutere.
Nel settembre passato, nel suo discorso alla Sorbona, il presidente francese aveva lanciato la proposta di un’«iniziativa europea d’intervento»: forze militari comuni a più Paesi europei, da utilizzare in misura rapida e flessibile (dato che non c’è di mezzo la Ue) in missioni nei punti più caldi del globo. Macron lo sa bene: senza il Regno Unito, l’altra grande potenza militare in Europa con la Francia, il suo progetto resterà solo un sogno. E da parte sua Londra, in piena Brexit, ha il terrore di essere esclusa dalla difesa europea, soprattutto
da un punto di vista industriale. E così l’adesione della May al progetto di Macron potrebbe essere merce di scambio perché il Regno Unito, nonostante l’uscita dall’Unione, possa restare nell’orbita del Fondo europeo della difesa, creato l’anno scorso con una dotazione di 5,5 miliardi di euro per la ricerca e lo sviluppo nel campo militare.
Le tensioni con gli Usa
Intanto Donald Trump ha appena annullato il suo viaggio a Londra: il rischio isolamento appare ancora più forte. E d’altra parte, come sottolinea Pierre Haroche, specialista a Parigi dell’Irsem, «Francia e Regno Unito hanno due culture strategiche molto simili, con la capacità a intervenire rapidamente sul posto, anche per combattere, quando c’è una crisi, a differenza della Germania, dove occorre l’autorizzazione del Bundestag». Intervistata dal quotidiano Libération, Florence Parly, ministro francese della Difesa, che sarà a Sandhurst a fianco di Macron, ha ammesso che «la questione di un possibile coinvolgimento di soldati inglesi nel Sahel sarà uno degli argomenti da discutere». La creazione di una forza d’intervento comune di Mali, Ciad, Burkina Faso, Niger e Mauritania (sarà operativa a metà anno con 4 mila soldati per operazioni contro le organizzazioni jihadiste) è uno dei banchi di prova del progetto macroniano di «iniziativa europea d’intervento». I francesi lì sono già presenti da cinque anni. Paolo Gentiloni ha promesso l’invio sul posto di 470 soldati italiani. E ora Parigi spera di coinvolgere le truppe britanniche. «Al vertice di giovedì – osserva Jean-Pierre Maulny, ricercatore all’Iris, l’Istituto di relazioni internazionali e strategiche – si vedrà se gli inglesi sono disponibili a partecipare a missioni di volta in volta oppure se vogliono negoziare un pacchetto globale post Brexit sulla difesa. O che vada addirittura al di là di questo unico settore».
I migranti a Calais
Sì, collegare in qualche modo il fronte militare alla sfera commerciale. E a un altro tema, quello dell’immigrazione. Proprio oggi Macron va in visita a Calais: 600 migranti vagano per la città, nel tentativo di passare dall’altra parte della Manica. Dal 2003 con gli accordi di Touquet i francesi si sono impegnati a controllare i clandestini sulla loro costa, per cercare d’impedire che passino in Inghilterra, in cambio di sostanziosi finanziamenti da parte di Londra (140 milioni per gli ultimi tre anni). Nonostante la Brexit, Macron non vuole rivedere l’intesa. Punta comunque ad aumentare il numero di minorenni e adulti con familiari nel Regno Unito che le autorità britanniche accetteranno di accogliere. Non solo: il presidente vuole strappare nuovi e più generosi compensi finanziari.