la Repubblica, 16 gennaio 2018
Un algoritmo per capire il cane
ROMA Nell’omonimo film del 1998, diretto da Betty Thomas, il Dr. Dolittle aveva il dono di poter parlare con gli animali.
Ma entro 10 anni la finzione del cinema potrebbe diventare realtà e magari saremo in grado di comprendere il nostro cane grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale nell’apprendimento automatico. Parola del professor Con Slobodchikoff della Northern Arizona University che è impegnato a raccogliere migliaia di video di cani che abbaiano, ringhiano e si muovono. Questo materiale servirà per insegnare a un algoritmo la comunicazione canina e tradurla in inglese, e poi nelle altre lingue del mondo. Un vero traduttore simultaneo.
Slobodchikoff, professore emerito di biologia e autore di Chasing Doctor Dolittle: Learning the Language of Animals, è all’avanguardia nella comunicazione animale. Più di 30 anni di studio sui cani della prateria, roditori della famiglia delle marmotte e molto diffusi in Nord America, lo hanno convinto che esiste una forma sofisticata di comunicazione vocale che non è altro che linguaggio. Tutto da codificare.
Slobodchikoff, con l’aiuto di un informatico, sta sviluppando un algoritmo con l’obiettivo di tradurre le vocalizzazioni in inglese. E ha fondato una società, Zoolingua, con la missione di tradurre in parole i suoni, le espressioni facciali e i movimenti del corpo degli animali domestici.
Il lavoro è in una fase iniziale, ma l’idea è di arrivare a un dispositivo che possa essere puntato su un cane per tradurre le sue varie espressioni in inglese: pensieri come «voglio mangiare adesso» o «voglio andare a fare una passeggiata». Una conversazione assai limitata ma efficace.
«Potremmo usare l’informazione e invece di mettere all’angolo il cane, dargli più spazio», ha detto Slobodchikoff. La tecnologia basata sull’AI potrebbe anche facilitare il lavoro di agricoltori e allevatori, ad esempio identificando rapidamente gli animali malati e rilevando segni di dolore nei loro volti. «Per gli agricoltori è difficile riconoscere il dolore nelle pecore», ha spiegato alla Nbc news Krista McLennan, docente di comportamento animale all’Università di Chester, in Inghilterra. La McLennan ha sviluppato una scala per stimare i livelli di dolore in base alle espressioni facciali degli animali.
Peter Robinson, dell’Università di Cambridge, ha trasformato la scala in un algoritmo di intelligenza artificiale in grado di capire se gli animali stanno soffrendo. In questo modo si interviene subito, spesso salvando loro la vita.
Ma tra gli scienziati non tutti sono d’accordo. «La nuova tecnologia – spiega a Caterina Spiezio, psicobiologa e responsabile del settore Ricerca e conservazione del Parco natura viva di Bussolengo – non fa che trasferire l’insieme delle informazioni in un algoritmo che dovrebbe tradurre il linguaggio animale in parole attribuite ad esso dall’uomo. Al rapporto uomo-animale, si sostituisce quindi il rapporto uomo-uomo: diventiamo noi stessi interpreti dando significati, senza però raggiungere una reale traduzione».
Ma Slobodchikoff rassicura: lui intende utilizzare la tecnologia più avanzata per avere una traduzione quanto più possibile fedele. Certo, sarà una comunicazione essenziale, ma comunque utile a migliorare il nostro rapporto con Fido. Molti studi hanno dimostrato che la sua relazione con l’uomo, nata decine di migliaia di anni fa, si è raffinata. Le manca solo la parola.