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 2018  gennaio 16 Martedì calendario

«L’auto non basta vogliamo guidare anche i taxi»

Negli ultimi due anni l’Arabia Saudita ha vissuto il processo di riforme più drastico della sua storia. Fra i campi coinvolti dal piano di ristrutturazione economica e sociale voluto dal principe ereditario Mohammed bin Salman c’è la condizione femminile, spesso definita una delle peggiori del mondo. Le saudite non possono viaggiare o lavorare senza permesso di un familiare maschio: e non possono guidare l’auto. Un decreto reale ha sancito la fine di questo divieto dal primo giugno.
Mentre parla nel nuovissimo ufficio di Uber, di fronte all’orizzonte dei grattacieli e delle torri in costruzione nel centro di Riad, Ohoud Al Arifi non riesce proprio a trattenere il sorriso: «Uber ha cambiato la mia vita – dice – sono la terza di tre sorelle e quindi a casa mia ero sempre l’ultima ad aver diritto a usufruire dell’autista di famiglia. Restavo bloccata per ore in attesa che rientrassero mia madre o le mie sorelle: poi è arrivato Uber, e improvvisamente, potevo uscire quando volevo. Adesso lavoro qui e mi sento dentro a uno dei motori del cambiamento. Dal primo giugno le donne qui in Arabia Saudita potranno guidare. Ma potranno anche fare un altro passo avanti: essere loro a portare altre donne in giro, fare da autiste ad altre donne. Forse solo chi conosce questo Paese, chi lo vede cambiare giorno dopo giorno può capire quanto questo sia importante».
Sono passati quattro giorni da quando le donne in Arabia Saudita sono potute entrare per la prima volte negli stadi a fare il tifo per le loro squadre di calcio e cinque da quando a Gedda ha aperto il primo negozio di auto riservato alle donne al volante. E in quello che per decenni è stato il regno dell’immobilismo, dove nulla sembrava cambiare e dove tutto oggi sembra andare alla velocità della luce, si prepara una nuova rivoluzione: quella delle donne tassiste. O, per usare il termine esatto, conducenti. Il 26 settembre re Salman ha annunciato la fine del divieto – unico al mondo – di guida per le donne: dal primo giugno le signore potranno mettersi dietro al volante, con buona pace delle migliaia di autisti (pachistani, indiani e bengalesi per lo più) che oggi si guadagnano la vita portando in giro le saudite in ogni località del Paese. Su questa – come su molte altre – delle decisioni del re e di suo figlio ed erede, Mohammed Bin Salman, il vero motore delle scelte del Paese le suddite si sono spaccate: fra quelle che non vedono l’ora di mettersi al volante e quelle che mai rinuncerebbero al piacere di farsi portare in giro.
La contrapposizione è in realtà una ghiotta opportunità per Uber e Careem, i due servizi di taxi privati che dal loro arrivo nel regno, tre anni fa, sono diventati indispensabili compagni di vita delle saudite. In un Paese dove i taxi tradizionali sono vecchi e sporchi e il solo fatto di doverli chiamare in strada espone le clienti ai fischi, agli sguardi indesiderati e spesso agli insulti dei passanti, le donne hanno potuto avere accesso a un conducente privato al momento del bisogno: non è un caso che il 70% della clientela delle due società sia femminile. Ora i due gruppi si preparano al salto successivo: assumere autiste donne per conquistare la fetta di mercato delle clienti più conservatrici, che oggi non salgono in auto con un uomo che non conoscono. «Puntiamo ad assumere 100mila donne in due anni», dice sicuro di sé Mudassir Sheika, co-fondatore di Careem, il servizio simile a Uber che controlla ampie fette di mercato in tutto il Medio Oriente. Quando gli si fa notare che la cifra è molto alta, questo trentenne perennemente allegro non si scompone neanche un po’: «Cinque anni fa ci dicevano che i sauditi non avrebbero mai accettato di portare in giro altri sauditi, perché era umiliante: oggi abbiamo 100mila autisti uomini. Vogliamo avere lo stesso numero di donne». Careem ha già lanciato delle sessioni di reclutamento per future “capitane” come vengono chiamate le autiste del gruppo: nella Provincia occidentale, quella più aperta, decine di donne si sono presentate per capire come avrebbe funzionato il possibile impiego. «Sono arrivate più numerose di quello che ci aspettavamo. Mi pare un buon inizio», dice Mudassir.
A Uber le cose procedono a un ritmo più lento: le sessioni di reclutamento non sono ancora iniziate, ma il gruppo ha già annunciato che non appena le scuole guida saranno autorizzate ad operare, offrirà a tutte le donne corse gratuite da e per le scuole. «Imparare a guidare sarà per molte donne la sfida più ardua. Quando lo avranno fatto potranno decidere se prendere la loro auto o no. Noi saremo lì durante quella sfida», conclude Al Arifi prima di rimettersi al lavoro: determinata, ottimista, efficiente, questa 26nne sembra il manifesto dell’Arabia saudita al femminile che appoggia Mohammed Bin Salman. Se i progetti dell’uomo più ambizioso del Medio Oriente avranno successo, dipenderà anche da donne come lei.