il Fatto Quotidiano, 16 gennaio 2018
Intervista all’economista Luigi Zingales: «De Benedetti e il Pd: la tessera numero 1 gli ha fruttato milioni»
La telefonata tra l’imprenditore Carlo De Benedetti e il suo broker di fiducia, Gianluca Bolengo, e il guadagno di 600 mila euro fatto in Borsa a seguito del decreto di riordino delle banche popolari solleva parecchi interrogativi e non solo di natura penale. Fino a che punto e in quali forme è lecito, per un esponente del governo, intrattenere rapporti con operatori del mondo dell’economia e della finanza? Lo abbiamo chiesto all’economista Luigi Zingales, blogger e professore alla scuola di business dell’Università di Chicago.
Professore, che idea si è fatto?
L’impressione che si ha leggendo i giornali è molto negativa, per 25 anni ci siamo preoccupati del conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi, ma sembra che anche quello che è stato il principale partito di opposizione per tanti anni non sia molto diverso: De Benedetti ha la tessera numero uno del Pd. La differenza è che Berlusconi possiede un partito, mentre l’Ingegnere lo influenza da fuori e non è la prima volta: ricordiamoci il famoso regalo delle licenze Omnitel nel ’94 ricevuto da Ciampi. Che fine hanno fatto i “girotondini?”
(nel 1994 l’Omnitel a maggioranza Olivetti si aggiudica le frequenze per i telefonini pagandole 750 miliardi di lire. Nel 1998, dopo 3 anni il valore di mercato di Omnitel era di 40 mila miliardi).
Lei parla di influenze e condizionamenti sul governo, ma la Procura ha archiviato il procedimento per insider trading e ne ha aperto invece uno sulla fuga di notizie che ha portato la telefonata sui giornali.
Lascio ai giudici decidere, però sicuramente dal punto di vista dell’opportunità politica quanto accaduto è indecente e inconcepibile. Questa cosa è venuta fuori da una commissione d’inchiesta parlamentare, solo per un caso abbiamo potuto avere uno spiraglio su questi rapporti e De Benedetti ha detto chiaramente che consigliava e dirigeva le azioni di Renzi. Questo è molto grave. A che titolo poi l’ingegnere parlava con il governatore della Banca d’Italia e con membri del direttorio come Fabio Panetta? Lui è un grande debitore delle banche, come il Monte dei Paschi di Siena, quindi parte in causa. Non credo che tutti i creditori in difficoltà abbiano lo stesso accesso.
Quanti imprenditori e finanzieri vorrebbero essere al posto di De Benedetti e sapere in anticipo le mosse del governo?
Mi domando quanti ce ne sono che già lo fanno. È una vicenda che non fa onore a nessuno delle persone coinvolte. Gli imprenditori vanno incontrati in appuntamenti istituzionali e verbalizzati, è diverso quando ci vai a cena e diventa non secondario quando il commensale è il proprietario di un grande giornale.
L’influenza reciproca si sarebbe estesa anche all’opinione pubblica oltreché alla sfera degli affari?
Altrimenti Renzi che cosa ne avrebbe avuto in cambio? De Benedetti dà segnali e indicazioni anche al gruppo editoriale che controlla, c’è un vantaggio dal punto di vista industriale che è anche una contaminazione del giornale che finisce per riflettere l’opinione del primo ministro. Se fossi un’azionista di Repubblica sarei molto seccato di quello che è successo, mina la fiducia dei lettori nel giornale. Gianni Agnelli si vantava di non aver mai guadagnato nulla con La Stampa e questo è terribile, vuol dire ammettere implicitamente che il vantaggio derivava solo dall’influenza che il giornale poteva avere sulla politica e sull’opinione pubblica. Devo dire che De Benedetti a differenza di Agnelli ci ha anche guadagnato.
Che valore economico ha secondo lei un rapporto privilegiato come questo?
Elevatissimo. Negli Stati Uniti un ricercatore ha condotto uno studio durante la presidenza Obama molto trasparente, monitorando gli incontri tra il presidente e gli esponenti del mondo economico-finanziario. Ogni volta che un amministratore delegato si incontrava con Obama la quotazione in Borsa della sua società schizzava del 2,5%, e stiamo parlando di un ambiente ben regolamentato. Ho il sospetto che in Italia sia molto, molto peggio: dal regalo a Omnitel agli accessi al credito, agli esodi anticipati dal settore della stampa, il guadagno di De Benedetti di 600 mila euro speculando sui titoli è solo la ciliegina sopra una torta molto, molto più grossa.
(Tra il 2012 e il 2015 sono stati concessi a L’Espresso 187 prepensionamenti di poligrafici e 69 di giornalisti, mentre per altri 554 lavoratori sono stati attivati contratti di solidarietà. Il contributo dell’Inps è stato di circa 30 milioni. Sulla vicenda indaga la Procura di Roma).
Che cosa si rischia negli Stati Uniti per l’insider trading?
Molti anni di carcere, si guardi il caso di Rajan Gupta, l’ex amministratore delegato di McKinsey (condannato nell’ottobre 2012 a due anni di carcere, un anno di libertà vigilata e a pagare 5 milioni di dollari, ndr). Di recente è stato introdotto uno Stock act per punire l’uso di informazioni privilegiate provenienti dal mondo politico.