Il Sole 24 Ore, 16 gennaio 2018
Intervista a Corrado Passera: «Torno a fare il banchiere e punto sulle Pmi»
«Il bello del mestiere del banchiere è di aiutare le imprese a crescere o a risolvere i loro problemi. E da qui riparte la mia nuova avventura nel mondo del business». Corrado Passera, 63 anni, 5 figli, è uno dei manager più noti in Italia e all’estero per aver guidato grandi imprese e banche: Mondadori, Espresso-Repubblica, Olivetti, Ambroveneto, Poste Italiane e per 10 anni Intesa Sanpaolo. La sua nuova iniziativa, la prima da imprenditore in proprio, è il lancio di una Spac (battezzata Spaxs) che si appresta a raccogliere almeno 400 milioni e che, dopo la quotazione e l’acquisto di un piccolo istituto che apporti la licenza ad operare, si trasformerà in una banca che fornirà servizi finanziari, credito e acquisterà crediti deteriorati delle medie e piccole imprese italiane. A differenza di altre Spac, che prima raccolgono liquidità e decidono poi l’investimento in base alle opportunità di mercato, chi investe in Spaxs sa già quale sarà l’idea di business. E, ovviamente, il management.
Dottor Passera, la banca che verrebbe lanciata tramite la sua Spac è totalmente innovativa. La raccolta avverrà col digital banking, l’attività di credito e servizi sarà rivolta solo alle Pmi. A quale mercato puntate?
Nell’economia italiana c’è un mondo di almeno 10.000 piccole e medie imprese che vanno dai 15-20 milioni ai 150-200 milioni di fatturato. Il mondo del credito in questo settore vale circa 400 miliardi. Noi puntiamo a una quota di questo mercato proponendoci come accompagnatori delle aziende che hanno potenziale ancora da esprimere a cui forniremo servizi e competenze di credito, di ristrutturazione e di capitale. Io e il team di manager che mi affiancherà crediamo di avere l’esperienza necessaria, e anche la passione per questo lavoro, per diventare partner di quelle imprese che hanno il potenziale per crescere e svilupparsi.
Vi rivolgete alle aziende in crisi?
All’interno di questa ampia categoria di imprese, c’è per fortuna una grande fetta di aziende solide e ricche. E poi ci sono imprese che hanno un forte potenziale ma che ancora, mi si passi il termine, non sono fiorite e hanno rating bassi. Altre sono ancora performing, ma in crisi più o meno forte ( i cosiddetti crediti Unlikely-To-Pay). E infine c’è il gruppo delle aziende in grave difficoltà che alimentano gli Npl (le sofferenze bancarie ). Per molte di queste situazioni può esserci una soluzione. E questo sarà il nostro lavoro.
Farete concorrenza alle altre banche?
Saremo concorrenti, ma in molti casi collaboreremo, soprattutto nel mondo degli UTP mettendo a disposizione professionisti di grande esperienza. Metteremo a disposizione dei nostri clienti un oggettivo vantaggio competitivo: quello di essere una «start up» solida, ma senza vincoli derivanti dal passato ( portafogli crediti e costi da ridurre ) e con tecnologie fin da subito molto avanzate ed efficienti.
Quando finirà la crisi delle banche italiane?
Il tema è complesso perché non c’è una sola crisi. Negli ultimi dieci anni ne vedo almeno quattro, diverse tra loro e alcune tuttora irrisolte. La prima è quella della turbofinanza, dei derivati, iniziata nel 2008-2009 e che ha solo scalfito le banche italiane mentre ha travolto il mondo anglosassone. La seconda è quella dovuta alla lunga recessione economica che ha generato l’enorme stock di crediti deteriorati: in via di assorbimento, ma ancora lontana dall’essere risolta. Ci sono poi stati gravi casi di malagestio – se non addirittura di gestione criminale – in alcune banche che hanno portato a una crisi di credibilità del settore: con grave costo per i contribuenti, ma ce la stiamo lasciando dietro le spalle. Infine la quarta crisi, più attuale e prospettica, dovuta al completo cambio di paradigma gestionale derivante dall’evoluzione delle tecnologie, della regolazione, dalle nuove concorrenze e dalla politica monetaria che ha abbassato strutturalmente i margini.
Come si esce dalla somma di queste crisi?
Un’opzione è quella del consolidamento, per creare massa critica per gli investimenti necessari. Contemporaneamente nasceranno, secondo me, banche specializzate ed eccellenti in alcuni settori specifici. La tecnologia e il digitale giocheranno un ruolo fondamentale: porteranno nuovi concorrenti temibili – basti pensare a Google o Amazon o Alibaba – ma anche la possibilità di inventare banche-piattaforma molto competititive perché in grado di integrare le migliori fintech. Con la nostra iniziativa sfrutteremo al meglio sia la specializzazione che il digitale.
Perché ha deciso di tornare nel mondo del business proprio in questo settore?
È nelle mie corde. Credo che sia una forte idea imprenditoriale in un settore che conosco. Fare banca aiutando le imprese a crescere è la parte più stimolante di questo mestiere. Se lo faremo bene, aiuteremo anche l’Italia ad andare avanti. E anche questo mi piace molto.
La sua passione politica l’ha portato a lasciare Intesa per diventare ministro del Governo Monti a fine 2011. E poi a lanciare un movimento politico candidandosi a sindaco di Milano. È pentito di queste scelte?
L’ho fatto e lo rifarei. Come avrei potuto rifiutare la richiesta di entrare in un Governo di emergenza nel pieno di una crisi che poteva travolgere il nostro Paese? Ho creduto anche nell’altra mia breve fase politica: pensavo di portare l’esperienza accumulata nel privato e nel pubblico per rendere Milano ancora più forte e dinamica. Ma ho sperimentato che un’iniziativa fuori dai grandi schieramento partitici era impossibile. Ne ho preso atto.
L’Italia va a nuove elezioni politiche. Nei suoi incontri con gli investitori delle ultime settimane ha percepito timori di un ritorno di rischio-Italia?
C’è chi esprime preoccupazione soprattutto per il rischio politico. Ma oltre la metà del capitale che ha dimostrato interesse per SPAXS fa capo a investitori esteri: mi sembra la dimostrazione che attorno a un buon progetto, la fiducia sull’Italia non manca.