il Fatto Quotidiano, 14 gennaio 2018
Intervista a Ilenia Pastorelli: «Anche se interpretassi una principessa, la farei parlare da proletaria»
Una chiamata può cambiarti la vita, poi nell’immaginario collettivo c’è l’attore o l’artista in attesa del trillo decisivo, l’occasione della svolta. Però il problema non è solo riceverla, ma avere anche il coraggio di rispondere a un numero sconosciuto, restare calmi, e soprattutto credere alla voce di chi si trova dall’altra parte della cornetta: “Stavo al supermarket con mia madre, squilla il cellulare e un signore si presenta come Aurelio de Laurentiis. ‘Devi venire da me entro dieci minuti; devi conoscere una persona’. Ecco, ero quasi certa fosse uno scherzo di Nicola Guaglianone (sceneggiatore): lui è bravissimo nelle imitazioni. E invece…” E invece era realmente Aurelio de Laurentiis, riunito con Carlo Verdone per offrire a Ilenia Pastorelli il ruolo da protagonista femminile di Benedetta follia, ultimo film del regista romano.
Lei ha 32 anni, nel curriculum un David di Donatello conquistato al suo primo ruolo (quello della problematica Alessia in Lo chiamavano Jeeg Robot) e cinque mesi vissuti nella casa del Grande Fratello nel 2011: è la rivelazione cinematografica del momento; accento romano non celato, origini in periferia, lì dove è nata parte della banda della Magliana: in lei non c’è alcuna autocelebrazione, o desiderio di apparire quello che non è, magari illuminata sul sentiero della grande recitazione: “Infatti sono stupita di me stessa”.
Insomma, non credeva alla “voce” dietro la cornetta…
Come potevo? Non parliamo mica di uno qualunque, e comunque mai mi sarei immaginata tanto.
E dopo?
Un po’ mi sono preoccupata, temevo mi volesse offrire un cinepanettone, uno di quei film di Natale e non ne avevo alcuna voglia.
E al contrario davanti a sé ha trovato Carlo Verdone.
Se ci penso ancora resto a bocca aperta: con i film di Carlo sono cresciuta, alcuni li recito a memoria.
In “Benedetta follia” ci sono dei richiami a “Borotalco”…
Soprattutto la scena che abbiamo girato a Capocotta (zona balneare vicina alla Capitale, ndr): il giorno successivo al ciak sono stata malissimo, 39 di febbre mal di pancia e tutto un corredo di effetti collaterali.
Il mare di Roma è micidiale.
Sì, ma a quanto pare solo per me: Carlo stava benissimo, ha un’energia mostruosa, una forza inaspettata. Io a pezzi, schiena a pezzi, testa a pezzi, mentre lui come se nulla fosse dispensava consigli medici.
Verdone è celebre per la sua sapienza su medicine e medici.
Un professionista assoluto. Però davvero, una sfiga assoluta: abbiamo girato sempre con 40 gradi all’ombra, caldo boia, una fatica totale, poi nel giorno in cui siamo andati al mare, abbiamo incrociato l’unica giornata pessima, con l’acqua del mare a 13 gradi.
I ragazzi romani, in parte, l’estate si dividono tra chi va a Ostia-Capocotta e chi frequenta il litorale di Fregene…
Fregene è per chi è cresciuto a Roma nord, perfetto per chi va in spiaggia tutto fighetto, con la camicia bianca d’ordinanza; mentre sono cresciuta in modo più semplice, in periferia, quindi sempre andata ai cancelli di Ostia, dove il tatuaggio multiplo è un must imprescindibile.
Lei tatuata?
Non ne ho neanche uno, e la mia non è una scelta estetica, ma solo una terribile paura degli aghi. Insomma, purtroppo non sono in grado, però mi piacerebbe.
Come vive questo periodo di celebrità?
A volte non me ne rendo neanche conto; e poi non riesco, o non voglio, correggere questo atteggiamento di dire tutto quello che mi pare, e dall’altra cerco sempre di celare tratti della mia vita privata.
Come mai questa scelta di “celare”?
Perché le persone accanto a me non devono per forza venir coinvolte nelle mie scelte: posso rispondere di me, di quello che voglio e penso, ma non trovo giusto portare in questo frullatore anche gli affetti, l’intimità. (Ci pensa un po’) Ci sono molte attrici brave a costruirsi un’identità oltre loro stesse, quella da portare in giro. Io no.
Sempre se stessa.
Sono così. Anche se dovessi interpretare il ruolo di una principessa, partirei comunque dalle mie origini, le darei degli accenti di proletariato.
Cos’è per lei il proletariato?
Purtroppo da qualche anno mi sembra si sia ampliata la forbice tra i proletari e i borghesi: dove sono cresciuta la gente la trovi veramente affaticata dalla quotidianità, e basta fare la spesa, guardare i carrelli degli altri per comprendere la condizione economica. E poi c’è una differenza di apparenza che poi apparenza non è: il borghese ha la necessità di manifestare uno status.
Decliniamo quale status…
Abbigliamento, macchina di un certo tipo, casa rifinita (la Pastorelli per un periodo della vita ha lavorato come agente immobiliare). Omologazione. Secondo me in periferia tutto questo non c’è. E il cinema se ne è accorto, sta di fatto che negli ultimi anni sono stati girati film importanti come Jeeg, Non essere cattivo e Fortunata, tutti ambientati lontano dal centro economico e di potere.
Il suo debutto con Lo chiamavano Jeeg Robot è stato complicato…
Quando sono andata al provino a un certo punto mi hanno detto: “Ora devi piangere”. E io: “Ma non sono capace, non è che avete un po’ di quelle lacrime finte?”.
E quindi?
Tornata a casa l’ho detto a mia madre, e lei: “Se vuoi pensa pure al mutuo che dobbiamo ancora pagare o alle varie bollette in scadenza”.
Ottime motivazioni.
Infatti ci ho pensato, ho lavorato su me stessa, e passate due settimane ho chiamato la produzione del film e sono riuscita a strappare un’altra occasione: ho pianto, e preso il ruolo di Alessia.
Andrea Delogu ha raccontato al Fatto come non vuole intraprendere il percorso d’attrice per non scoprire i suoi mostri interni.
Ma infatti per diventare Alessia ho sofferto tantissimo, sono andata a ricercare dei momenti di vita pesanti, per poi tramutarli in ciak. E non è semplice; si è costretti a scavare molto, a mettere in discussione un proprio percorso, a rileggere le esperienze fatte; a relativizzare o amplificare.
È così duro?
Tanto. Uno si pone delle domande inedite; in certi casi si entra in empatia con sé stessi, e come mai prima. Poi magari, e per la prima volta, ragioni senza falsi archetipi mentali, senza raccontarti quelle cazzate perfette solo quando non vuoi ragionare.
Ora non ha alibi.
Ma come le dicevo prima sono una persona senza mezze misure: o bianco o nero. (Resta in silenzio) Oh, mica sono della Juventus, sono della Roma, come Verdone.
Lei è nata il 24 dicembre, un giorno dedicato a altro.
E infatti rosico da tutta la vita; da sempre vivo il mio compleanno come un sotto-compleanno, e solo grazie ai miei nonni ho una parvenza di festeggiamento con tanto di torta e regalini.
Come andava alle superiori?
Premesso: il mio desiderio era quello di frequentare un liceo Linguistico, solo che mio nonno non sapeva cosa fosse, quindi al momento dell’iscrizione mi segnò al Classico… Comunque andavo bene in alcune materie come letteratura latina e matematica, mentre il greco non l’ho mai maneggiato.
Sarà stata la più bella dell’istituto.
Mai sentita bella.
Difficile crederlo.
Ma è così.
Il dubbio resta.
Quando avevo quindici anni ne dimostravo almeno 19: avevo già un seno importante e una bocca molto carnosa, insomma apparivo molto più donna della realtà e non mi relazionavo quasi mai con i miei coetanei.
Coetanei innamorati.
Vabbè, un pochino sì, lo ammetto.
E magari l’aiutavano durante i compiti in classe.
(Scoppia a ridere) Un po’ è vero, in particolare un tipo seduto davanti a me, il classico secchione: mi passava quello che volevo.
Scritte sui muri a lei dedicate?
Aoh, ma che veniva a scuola con me?
Chi?
Lei!
No. Insomma, scritte?
Me ne ricordo una enorme sul muro principale, con sopra una sola parola: “Fatalona”.
Lei studentessa serissima?
Macché, ero terribile, anche sbadata: una volta, per sbaglio, ho chiuso la professoressa di greco dentro la classe e con tanto di lucchetto; poi me ne sono andata. Per liberarla sono stati costretti a chiamare la polizia.
In quegli anni si divertiva?
Tantissimo, successivamente sono diventata più depressa.
Pure lei depressa?
Ma no, non voglio esagerare; ho solo preso più sul serio la vita, mi sono solo posta delle domande con risposte derubricate da troppo tempo; ha presente la frase topica di Gigi Marzullo?
“Fatti una domanda e datti una riposta”.
Proprio quella. Ecco, mi sono posta finalmente delle questioni.
La sua anomalia professionale passa anche da un “no” a Federica Panicucci per una trasmissione su Canale5…
Qui è necesario un passo indietro, per capire quella (non) fuga devo spiegare cosa accaduto dentro al Grande fratello…
Per lei sono stati ben cinque mesi di diretta…
Infiniti. Chi lo guarda lo giudica come un programma leggero, quasi frivolo, qualche bacetto, una lite, si prende il sole e via così. Sbagliato. Chi è dentro quell’ingranaggio vive un’esperienza molto forte, oserei dire estrema, dove condivide la qualunque, ogni attimo con degli estranei.
E quindi?
No, forse non è chiaro: la perdita di contatto con la realtà passa pure dal non maneggiare i soldi, da non poter decidere cosa acquistare, cosa è giusto o sbagliato; dove i parametri sono altri, dove entri in un loop mentale complicato, e dove a un certo punto perdi l’orizzonte delle tue certezze.
Esperienza tosta.
Esatto. Così quando sono uscita dalla casa non avevo alcuna intenzione di far parte del mondo dello spettacolo, mi sentivo psicologicamente inserita dentro meccanismi da tritacarne; il mio unico obiettivo era tornare a Roma, riprendermi la tranquillità della mia vita…
Così il “no” alla Panicucci…
E non solo a lei: me ne sono proprio andata, trovavo, e in gran parte ancora trovo, inconcepibile spiattellare la mia intimità, raccontare della mia famiglia, coinvolgerli nelle mie scelte: è una semplice questione di rispetto.
Della sua vita sentimentale non si sa nulla…
Per forza, rientra nel discorso fatto precedentemente sui miei genitori: io non coinvolgo altri nelle mie scelte professionali.
Riprendermi la mia vita…
Sì, era il mio unico scopo, e poi non credevo minimamente di possedere certe qualità.
Vive sempre in periferia?
Ho cambiato casa, non sono più alla Magliana, ma sempre lontana dal centro.
Lei è proprio stupita da tutto questo.
Tantissimo, ma soprattutto da me stessa.
Però ora sono tornati i riflettori accesi su di lei…
Però non siamo al Grande fratello.