Il Sole 24 Ore, 14 gennaio 2018
Bello, illustrato e Furioso. Il poema ariostesco è stato tradotto in immagini fino a creare un paradigma che influenza la storia «visiva» dei classici italiani
C’è, nella tradizione critica e filologica italiana, una antica diffidenza verso le immagini. Da sempre i letterati hanno del resto esaltato la superiorità della parola sull’immagine, e le osservazioni di Leonardo da Vinci, sul fatto che un signore comprerebbe subito il ritratto della sua bella piuttosto che un sonetto che ne esalta le bellezze, sono rimaste piuttosto isolate, relegate a autocelebrazione e a episodio di una controversia cortigiana. Del resto, come già Ariosto sapeva bene a proposito delle donne, c’è sempre da interrogarsi su chi crea la tradizione, su chi fissa la gerarchia, su chi sceglie di includere o di escludere ( Orlando Furioso, XX, 2).
Eppure basta aprire gli occhi per vedere che un mondo affascinante si spalanca davanti a noi se, come Alice, abbiamo il coraggio di passare al di là dello specchio e di osservare le molteplici esperienze in cui parola e immagine interagiscono, dialogano, si scontrano. L’Orlando Furioso nello specchio delle immagini si intitolava infatti, proprio in onore di Alice, il volume da me curato per la Treccani in cui studiosi di diverse discipline hanno ripercorso i modi nei quali il poema ariostesco è stato tradotto in immagini, dalle illustrazioni del testo, ai quadri, ai cicli di affreschi, al teatro, ai fumetti, alle sperimentazioni sul web.
Gli studi che qui presentiamo rappresentano una nuova tappa. Il nostro titolo è ovviamente ispirato alla vecchia, ma sempre affascinante, «Galassia Gutenberg» di Marshall McLuhan. L’idea che sta al centro è che ha senso confrontarsi con la «Galassia Ariosto», con quella complessa rete di relazioni, con quel groviglio di sentieri intrecciati, che i libri del Furioso creano intorno a sé. I libri, appunto, e cioè il testo in primo luogo, ma anche gli oggetti, la pagina stampata e spesso illustrata, attraverso cui il testo si presenta ai suoi lettori e alle sue lettrici. Punto di partenza è l’inquietante corredo iconografico con cui Ariosto volle accompagnare il suo poema via via che vedeva la luce, nel 1516, nel ’21, nel ’32. Ho provato a raccogliere la sfida interpretativa che ci viene da quell’intarsio di parole e immagini che caratterizza l’impresa che Ariosto dissemina, come in un puzzle, nelle diverse edizioni: le api cacciate dal fuoco, magli e scuri legati da un serpente, le serpi alle quali delle forbici tagliano la lingua, il ritratto dell’autore, la pecora che allatta il lupacchiotto che poi la divorerà, e poi i motti, pro bono malum (il male in cambio del bene), dilexisti malitiam super benignitatem (hai amato la malizia più che la bontà) che stanno lì da soli, o accompagnano l’immagine, come anima che dà vita al corpo, secondo la fortunata terminologia di Paolo Giovio. Si delinea così una cornice visiva il cui amaro senso di fondo appare coerente.
Con le edizioni illustrate del poema, la responsabilità delle immagini diventa ben più complessa; riguarda tutti i canti ed è legata alle varie figure che entrano in gioco: editori, letterati, incisori. Ne ripercorrono momenti e aspetti i saggi di Serena Pezzini e di Martyna Urbaniak: dalle illustrazioni dello Zoppino, ispirate ai libri di battaglia, fino al vertiginoso corpo a corpo col poema rappresentato dalle immagini a tutta pagina delle edizioni Valgrisi e De Franceschi.
Ida Campeggiani prende in esame i Cinque canti, leggendo questo testo incompiuto come ispirato dalla denuncia della crisi politica e dal risentimento personale. Vi individua un legame con alcune immagini che gli Este usano per la propria celebrazione politica, un legame che comporta un segreto rovesciamento, una critica corrosiva. È chiaro tuttavia che per gli Este l’Orlando Furioso, come la Gerusalemme Liberata, entra ben presto nel repertorio cui attingere per esaltare la propria grandezza. Lo si vede ad esempio nei dipinti del Palazzo ducale di Sassuolo, studiati da Monica Zampetti. Chiude la prima parte del libro il saggio di Marco Guardo, direttore della Biblioteca Corsiniana dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dedicato alla mostra L’«Orlando Furioso» e le arti. Testo e immagini, musica e teatro, che ha avuto luogo dal 1° settembre al 28 novembre 2015 negli splendidi saloni della Biblioteca. La mostra, oltre che al materiale librario, ha dato ampio spazio alla fortuna musicale del Furioso, alle sue versioni teatrali, comprese quelle popolari del teatro dei pupi.
Dall’importanza del format editoriale del poema prendono le mosse i saggi successivi. Proprio i libri illustrati del Furioso tendono in un certo senso a rimodellare a propria immagine e somiglianza il passato e il futuro: influenzano, come ci mostra Giovanna Rizzarelli, le edizioni del Morgante e dell’Orlando Innamorato e costituiscono un precedente importante anche per la Gerusalemme Liberata. Bernardo Castello dedica alla Gerusalemme, fra il 1590 e il 1617, un corredo iconografico di cui i saggi di Paolo Gervasi e di Alessandro Benassi analizzano due componenti centrali: la rappresentazione del potere, della regalità di Goffredo (e delle sue immagini contrarie e deformate, come la regalità di Satana, o del nemico pagano), e l’immagine di Gerusalemme. Chiude la parte dedicata alla Gerusalemme Liberata il saggio di Francesco Ferretti, che prende le mosse da Tasso poeta-pittore, primo illustratore del suo poema, per suggerire un parallelo fra il concilio infernale e il Giudizio universale che Bastianino dipinge per il Duomo di Ferrara.
La «Galassia Ariosto» mostra la sua straordinaria capacità di espandersi e di inglobare, ben oltre le linee segnate dal tempo e dagli strumenti espressivi, là dove interagisce con uno dei testi più influenti e più amati nel Rinascimento, le Metamorfosi di Ovidio. Andrea Torre ci introduce nel cuore di una specie di vortice temporale: da un lato le illustrazioni del Furioso e i commenti ad esso dedicati sottolineano come i versi ovidiani abbiano una forte presenza nel testo di Ariosto; viceversa, in modo speculare, la grande fortuna di cui ben presto gode il Furioso ha una ricaduta sul modo in cui Ovidio viene riproposto: i più fortunati volgarizzamenti, come quelli di Lodovico Dolce e di Giovanni Andrea dell’Anguillara, sono in ottave e hanno un ricco apparato di illustrazioni in cui è fortissimo il modello delle edizioni ariostesche, come mostrano i saggi di Giuseppe Capriotti e Fabrizio Bondi.
Ai problemi dell’oggi, alle nuove tecnologie, ci portano i saggi dell’ultima parte del libro: Serena Pezzini rivendica il valore scientifico che può avere la costruzione di archivi informatici; Massimo Riva racconta l’esperienza del Virtual Humanities Lab della Brown University; Gino Roncaglia ripercorre il presente e il futuro degli e-book arricchiti mostrando come non solo il testo, ma anche la lettura si possa aprire fino a dare ospitalità ad altre dimensioni possibili.
Da subito, così come esce dalla tipografia in cui il suo autore l’aveva seguito e corretto fino all’ultimo, il Furioso si affida a una multimedialità che, dapprima limitata e confinata alla cornice, esplode poi nelle edizioni illustrate. Forse proprio la nostra esperienza di oggi, gli spazi nuovi di possibilità aperti dal web, ci rendono tutto questo più familiare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Galassia Ariosto. Il modello editoriale dell’Orlando Furioso dal libro illustrato al web, a cura di Lina Bolzoni, Roma, Donzelli, pagg. 459, € 48