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 2018  gennaio 15 Lunedì calendario

La rivolta dei giovani modelli. «Anche noi molestati sul set»

NEW YORK Lo abbiamo saputo per anni, ma c’è voluto lo scandalo Weinstein per smuovere le acque: molestie e abusi sessuali diffusi in molti ambienti di lavoro, favoriti anche da una cultura che tende a trasformare la donna in oggetto. Ma ora, mentre monta il movimento «Me Too» e si moltiplicano le denunce, scopriamo che l’uomo, responsabile di questi abusi nella stragrande maggioranza dei casi, a volte può anche essere la vittima più vulnerabile delle violenze sessuali. Esiste, insomma, anche l’uomo-oggetto, come il modello usato dai fotografi per i servizi di moda: vale meno di una modella, è meno rispettato, è più facilmente sostituibile ed è, quindi, più vulnerabile ai ricatti professionali. L’uomo, poi, tende a denunciare le violenze subite ancora meno delle donne per paura di essere preso in giro e di vedere messa in discussione la sua mascolinità o, magari, anche solo la sua capacità di difendersi. 
È la realtà sconcertante che viene fuori dall’ennesima inchiesta del New York Times. Stavolta il quotidiano ha scandagliato il mondo dei fotografi di moda seppellendo sotto decine di denunce due mostri sacri del settore: il peruviano Mario Testino, fotografo anche della famiglia reale britannica, e l’americano Bruce Weber, autore delle foto di alcune delle campagne pubblicitarie di maggior successo, da quelle di Calvin Klein ad Abercrombie & Fitch. Il Times ha raccolto 15 testimonianze contro Weber e 13 contro Testino: modelli ed ex collaboratori di studio variamente molestati e abusati sessualmente a partire dagli anni Novanta che raccontano – a volte in modo anonimo, ma spesso esponendosi con nome e cognome – le pressioni psicologiche, i provini fatti nelle camere da letto degli alberghi, i lavori negati a chi si sottraeva alle avance. Ne emerge la descrizione dello sconcertante clima di un mondo nel quale al modello veniva fatto credere che valeva poco se non suscitava un forte desiderio sessuale: sulla carta patinata come nello studio fotografico, spesso trasformato in alcova. 
I due fotografi sono ancora attivissimi – Testino, che ha immortalato il fidanzamento del principe William con Kate Middleton, ha lavorato per grandi campagne come quelle di Burberry, Dolce & Gabbana e Michael Kors ed ha ripreso Serena Williams con la figlia neonata per la copertina di Vogue – a gli episodi denunciati emergono, in genere, da un passato abbastanza lontano: i primi abusi risalgono ai primi anni Novanta.
In qualche caso, in realtà, sarebbe meglio dire «riemergono», visto che Testino (63 anni) e Weber (71) una certa fama di molestatori se l’erano fatta da tempo, almeno nel loro mondo, e che alcune denunce erano arrivate già l’anno scorso. Fino a ieri, però, non era successo nulla: è dal 1988, quando la rete televisiva Cbs dedicò una puntata di «60 Minutes» a molestie e violenze subite dalle modelle delle agenzie di moda di Parigi, che si sa della diffusione di questi abusi tra stilisti, fotografi, agenti, ma anche in altri mondi «creativi» come quelli dell’arte o della musica.
Personaggi e istituzioni di questi settori hanno sempre preferito chiudere un occhio anziché denunciare per non rovinare la loro immagine glamour. Le case di moda scaricavano sulle agenzie la responsabilità della protezione delle loro modelle, mentre le agenzie sostenevano che toccava a questi brand non affidarsi a fotografi magari di grido, ma con una brutta fama.
Dal caso Weinstein in poi, però, tutto è cambiato: ieri, simultaneamente alla denuncia del Times, è arrivata la decisione della Condé Nast, la casa editrice di riviste come Vogue, di non affidare più alcun servizio a Testino e Weber, anche se i due hanno respinto ogni addebito («tutto falso»). Anna Wintour, la regina della moda che è direttrice artistica di Condé Nast e direttrice di Vogue, si è detta profondamente turbata dalle accuse e ha messo in quarantena i due fotografi da sempre di casa nel gruppo editoriale. Troppo tardi? Lei se l’è cavata dicendo che le azioni arrivano quando c’è una crisi. Insomma, ci voleva Weinstein. Ora Condé Nast si è anche data un rigido codice di condotta per i futuri servizi fotografici: niente minorenni, modelle mai lasciate sole sul set, scene di nudo spiegate e accettate in anticipo. Un altro editore, Hearst ( Elle, Cosmopolitan ), ha fatto altrettanto ma si era mosso prima: a settembre, prima della tempesta Weinstein.