Il Messaggero, 15 gennaio 2018
L’ultima su Colombo: un pirata portoghese
MADRID Non c’è alcuna certezza sulla sua data di nascita e sono almeno otto le città che si contendono i suoi natali, anche se le origini genovesi di Cristoforo Colombo sembravano finora le più accreditate. Stando alla biografia ufficiale, il navigatore forse più celebre dell’umanità sarebbe nato nella città ligure il 31 ottobre del 1451 da Domenico e Susanna Fontanarossa, lanaioli da molte generazioni. Ma ora il giallo storico che da oltre cinque secoli tiene banco potrebbe subire un nuovo colpo di scena e mettere la parola fine a ogni supposizione, con la conferma che in realtà il grande Ammiraglio altri non era che Pedro Ataíde, corsaro portoghese del XV secolo. È l’ipotesi formulata dal professore Fernando Branco, dell’Istituto Superiore Tecnico dell’Università di Lisbona, che nel suo libro Cristobal Colon, nobile portoghese, già nel 2012 evidenziava ben 60 coincidenze fra la vita di Cristoväo Colombo e quella di Pedro Ataíde. Il bucaniere fu dato per morto nella battaglia navale di Cabo de Sáo Vicente nel 1473, dove combatté accanto a un corsaro francese chiamato Culon. Secondo la tesi di Branco avallata dall’Accademia lusitana della Storia – Ataíde riuscì invece a salvarsi e a raggiungere le coste dell’Algarve, dove avrebbe deciso di cambiare il suo nome in quello di Pedro Colón o Culon, per motivi di sicurezza, dato che gli Ataíde erano perseguitati in Portogallo, dove avevano partecipato a una congiura per uccidete il re Joäo II.TENACIA
Pura fiction storica? Pare proprio di no. Grazie alla sua tenacia, Fernando Branco, ingegnere civile di formazione, dopo anni di ricerche ha ottenuto infine l’autorizzazione ad aprire le tombe della famiglia Ataíde nel monastero di Castanheira do Ribatejo, a Vila Franca de Xira, nel distretto di Lisbona. E sabato scorso, un gruppo di esperti dell’Università di Coimbra, coordinati dall’antropologa forense Eugenia Cunha, ha esumato i resti di Antonio Ataíde, cugino di primo grado di Pedro. Dalle ossa, in apparente buono stato di conservazione, sarà estratto il Dna e inviato all’Università di Santiago di Compostela, per incrociarlo con quello di Fernando Colon, o anche Hernando, figlio di Cristoforo Colombo, il cui patrimonio genetico è stato sequenziato nel 2006 in Spagna. I risultati delle analisi, affidate alla Cunha, tarderanno mesi, ma potrebbero risolvere l’eterno enigma dei natali di Cristoforo Colombo.
«Sono quasi certo che il suo nome era Pedro Colon. Ora potremo comprovare se esiste una relazione con Pedro Ataíde», assicura Fernando Branco. Che non teme di essere smentito dalle prove empiriche. «Oggi si sa perfettamente che Cristoforo Colombo genovese era un tessitore, proveniente da una famiglia di lanaioli e non poteva, dunque, essere ammiraglio. E, rispetto alla sua data di nascita, alcune delle vicende che gli sono state attribuite in vita, sono del tutto incompatibili», sostiene il ricercatore. «Anche gli storici italiani riconoscono che la probabilità che fosse genovese è in pratica quasi nulla», aggiunge. Tra le fonti che accreditano l’ipotesi di possibili origini portoghesi, Branco cita il Codex 632 di José Rodrigues dos Santos, «scritto intorno a ciò che aveva prima sostenuto lo storico, scrittore e traduttore Mascarenhas Barreto.
DUBBI
Ma basta poco a capire che molti elementi non quadrano, perché la testi di quest’ultimo, secondo il quale Colombo era un figlio bastardo di Ferdinando, il fratello di Alfonso V, non ha nessuna base documentale. Ci sono invece molti indizi che supportano l’ipotesi che in realtà di trattasse di Pedro Ataíde, un individuo dell’alta nobiltà, discendente da ammiragli portoghesi». Quali, ad esempio? «Quando Cristoforo Colombo torna dall’America nel suo primo viaggio, si ferma sull’isola di Santa Maria, nelle Azzorre, dove annota nel suo diario l’incontro con un individuo che lo conosceva molto bene, Joäo da Castanheira. Dove lo ha conosciuto? Joao da Castanheira era dei Castanheira do Ribatejo, che è la terra degli Ataíde, dove visse Pedro Ataíde». Molti indizi, ma nessuna fonte scritta a supporto e dimostrazione della sua tesi.
Ora, a mettere assieme o mandare all’aria un puzzle costruito con cronache che risalgono a cinque secoli fa, ci saranno le evidenze scientifiche. Oppure no. Cosa può andare storto? «La cattiva conservazione dei resti umani esumati, che renda impossibile la ricostruzione del profilo genetico», osserva l’antropologa forense Eugenia Cunha. Anche se, a prima vista, dopo aver sollevato le tre pesanti lastre di copertura delle tombe esumate, sembra per ora un rischio sventato.