Il Messaggero, 15 gennaio 2018
Quanto costa l’aliquota unica per tutti
ROMA La battaglia elettorale sulle tasse entra nel vivo: mentre il centro-destra con Berlusconi rilancia la flat tax al 23%, il ministro dell’Economia, Padoan, la boccia definendola «il tipico prodotto da bacchetta magica». Rivolgendosi indirettamente a chi la propone, il ministro chiede: «Diteci dove trovate decine e decine di miliardi che servono». Intervenuto alla trasmissione in 1/2 di Lucia Annunziata, il ministro ribadisce poi che l’aliquota unica «produce un effetto regressivo ben noto di beneficio ai ricchi».
Ma come stanno effettivamente le cose? Il problema è che in assenza di proposte articolate è difficile fare dei calcoli: a boccie ferme l’aliquota al 23% comporta un minor gettito per le casse dello Stato di circa 40 miliardi. Da questa cifra andrebbero però sottratti i maggiori incassi Iva per il fisco che arriverebbero dall’aumento dei consumi grazie alla maggiore disponibilità economica dei 42 milioni di contribuenti italiani. Entrate, però, difficilmente calcolabili. Decisiva, poi, sarà la rimodulazione delle detrazioni, un passaggio indispensabile per garantire la progressività delle imposte sancita dalla Costituzione. Anche in questo caso fare dei conti è attualmente impossibile. E poi c’è l’aspetto della no tax area attualmente fissata a 8.174 euro che permette a circa 12 milioni di italiani di non pagare le tasse. Sarà alzata? In ogni caso, una cosa è certa: nei Paesi europei dove è stata introdotta l’economia nel suo complesso ne ha tratto beneficio. Anche se, soprattutto nella fase iniziale, i problemi non sono mancati.
Ipotesi 23% Minor gettito di circa 40 miliardi
In mancanza di alcuni elementi fondamentali per avere un quadro definito, un punto fermo c’è: l’introduzione secca della flat tax al 23% costerebbe alle casse dello Stato 40 miliardi di euro all’anno. Una cifra destinata a sgonfiarsi se, per ipotesi, i contribuenti investissero tutti i soldi risparmiati in consumi alimentando pesantemente l’Iva. Attualmente i 41 milioni di contribuenti Irpef dichiarano 833 miliardi di reddito lordo, una cifra che scende a quota 155 miliardi di gettito Irpef al netto di detrazioni e deduzioni. Con l’aliquota unica posizionata a quota 23% l’incasso annuale dell’Agenzia delle Entrate si ridurrebbe a 115 miliardi di euro.
Ipotesi 20% Il calo delle entrate sale a 61 miliardi
La flat tax fissata al 20%, che è più vicina alle idee del leader della Lega, Matteo Salvini, costerebbe alle casse dello Stato 60 miliardi di euro di gettito Irpef. Dunque circa 20 miliardi in più rispetto all’ipotesi del 23% indicata ieri dall’ex premier, Silvio Berlusconi. Anche in questo caso, ovviamente, lo Stato potrebbe recuperare quote importanti di gettito erariale dai maggiori incassi dell’Iva, sostenuta dalla prevedibile crescita dei consumi. Con l’aliquota unica posizionata a quota 20% (ipotesi che farebbe parte di un piano di progressiva discesa dell’aliquota unica) il gettito attuale di 155 miliardi di euro(sempre al netto di detrazioni e deduzioni fiscali) scenderebbe a quota 95 miliardi di euro.
Effetto Iva Più consumi, maggiori incassi per il fisco
Se è vero che la cancellazione dell’attuale sistema progressivo a cinque aliquote e la sua sostituzione con un meccanismo proporzionale ad “aliquota piatta” comporta una flessione immediata del gettito fiscale (in quanto all’aliquota media del 27% che caratterizza la curva Irpef italiana si sostituisce un prelievo unico del 23%), è altrettanto vero che, nei Paesi in cui è stata introdotta la flat tax, i consumi sono saliti e, con essi, di conseguenza anche il gettito dell’Iva. Così, ad esempio, se i contribuenti italiani traducessero in maggiori consumi i 40 miliardi di risparmio fiscale, l’imposta unica sul valore aggiunto potrebbe avere un incasso aggiuntivo di 8 miliardi di euro e compensare in parte il minor gettito.
Gli altri Paesi Economia in crescita dove c’è la flat tax
Sono undici i Paesi europei che in questo momento applicano la flat tax. Attualmente, l’unico Stato che ha in vigore un’aliquota del 23% è la Repubblica Ceca dove peraltro detrazioni e deduzioni sono molto blande. Albania e Bulgaria, con un livello fissato al 10%, sono i Paesi con la versione più marcata dell’aliquota unica, mentre la Lituania ha una flat tax al 33%. La Russia impone un’aliquota unica per tutti del 13%. In questi Paesi, la riduzione delle tasse ha impresso un forte impulso alla crescita e all’economia in generale anche se nella fase iniziale di applicazione, la flessione del gettito fiscale ha costretto alcuni governi ad un taglio della spesa pubblica, come le sovvenzioni e gli aiuti alle famiglie.
Chi guadagna I benefici in proporzione al reddito
Considerato che l’aliquota più bassa delle cinque previste dal sistema tributario in vigore (che colpisce i redditi fino a 15 mila euro) è già fissata 23%, è evidente che la flat tax (soprattutto con la costruzione di una griglia di detrazioni e deduzioni fiscali in grado di gratificare le fasce di reddito più basse) costituisce un beneficio per la generalità dei contribuenti italiani. In termini relativi, però, appaiono avvantaggiati i cittadini con redditi superiori ai 35 mila euro lordi all’anno (che sono il 12% del totale) e che versano il 52% dei 155 miliardi di Irpef complessiva. Resta tutto invariato per i redditi fino a 8.174 euro (12 milioni di contribuenti), esclusi dal prelievo del fisco in quanto rientranti nella “no tax area”.
Detrazioni Da rimodulare per garantire la progressività
Per superare la barriera dell’articolo 53 della Costituzione (il sistema fiscale deve essere progressivo in modo da prelevare più tasse a chi ha maggiori redditi) il progetto flat tax (non progressivo per definizione) dovrebbe rivoluzionare l’attuale meccanismo delle deduzioni (che escludono dall’imponibile i carichi familiari, la previdenza complementare, i contributi alle colf e altro) e le detrazioni fiscali (che riducono l’imposta lorda e che, ad esempio, riguardano spese sanitarie e pensioni). Nel complesso deduzioni e detrazioni valgono circa 100 miliardi di euro e dovrebbero essere trasferite con maggior forza verso i redditi più bassi per garantire la proporzionalità delle tasse che si pagano e rispettare il dettato della Costituzione.