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 2018  gennaio 15 Lunedì calendario

Un sudario sulla bellezza

Simbolo più alto del terremoto del Belìce è il grande Cretto di Burri, sudario disteso sulla città perduta di Gibellina. Oggi luogo di silenzio, di contemplazione, di pietas. Fu voluto da Ludovico Corrao, che rianimò i luoghi del terremoto chiamando artisti. Tra essi arrivò Burri. «Andammo a Gibellina con l’architetto Zanmatti... Quando andai a visitare il posto il paese nuovo era stato quasi ultimato ed era pieno di opere. Qui non ci faccio niente di sicuro, dissi subito, andiamo a vedere dove sorgeva il vecchio paese... Mi veniva quasi da piangere e subito mi venne l’idea: ecco, io qui sento che potrei fare qualcosa. Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di quest’avvenimento». Ne uscì una gloriosa impresa, uno scabro e antiretorico memoriale del terremoto. Oggi, a 50 anni da quella devastazione, la città di Partanna, davanti al presidente della Repubblica, ricorda il dolore di quei giorni e indica un programma che chiama la mia personale e istituzionale responsabilità: «Insieme per costruire Bellezza». Ancora molta ne resta, tanto da imporre il vincolo alle rovine di Poggioreale, e potenziare, oltre al completamento e al restauro, il grande Cretto che, intanto, oltre che violato dalle pale eoliche, appare irraggiungibile. Ogni strada ti depista o è dissestata. Ha ragione Lello Analfino a rievocare la struggente bellezza di Sicilia, e a chiedere che vi siano le strade per raggiungerla.