la Repubblica, 15 gennaio 2018
«Minaccia nucleare ancora intatta. Le armi in Europa sono vulnerabili». Intervista a Daniel Ellsberg
I test balistici della Corea del Nord, e le minacce di ritorsione, hanno fatto riscoprire al mondo la paura degli arsenali nucleari, che pur ridotti dalla Guerra fredda, conservano il potenziale distruttivo. Sabato un falso allarme nelle isole Hawaii (38 minuti prima che l’allerta per l’arrivo di un missile rientrasse) ha scatenato il panico tra la popolazione. Daniel Ellsberg, ex analista militare che svelò i Pentagon Papers ed esperto di nucleare, spiega perché anche le armi dell’Occidente sono un pericolo.
È una figura leggendaria. E a 87 anni, è ancora l’uomo coraggioso e lucido che, nel 1971, fece la scelta etica di rischiare di passare la vita in galera pur di rivelare i Pentagon Papers, 7mila pagine di documenti top secret capaci di esporre le bugie e le decisioni fallimentari alla base della guerra in Vietnam.
Daniel Ellsberg, ex analista militare del Pentagono e della Rand Corporation, ha appena dato alle stampe “The Doomsday Machine”, un libro che racconta un’altra storia notevole: Ellsberg non fotocopiò di nascosto solo i file sul Vietnam, ma anche informazioni top secret sull’impatto della guerra nucleare, con tanto di previsioni di morti e distruzioni che solo gli insider potevano conoscere. Quei documenti, però, non furono mai pubblicati, perché, in attesa del processo per i Pentagon Papers, Ellsberg li affidò al fratello, che li nascose nella discarica della città.
Purtroppo, una tempesta tropicale distrusse tutto. A quasi mezzo secolo, Ellsberg ha scritto il suo libro per rivelare questo segreto e ricostruire la minaccia esistenziale che pongono le armi nucleari. Con l’arrivo del film di Steven Spielberg, “The Post”, su Ellsberg, Repubblica ha intervistato l’icona di tutti i whistleblower.
Quarantasei anni dopo i Papers, che cosa l’ha spinta a mantenere fede al suo impegno di allertare l’opinione pubblica sulle armi atomiche?
«Il fatto che, praticamente, tutti i pericoli già conosciuti mezzo secolo fa sono ancora qui, urgenti come sempre. Ed era ormai chiaro fin dalla fine del ‘900 che né il tramonto della Guerra fredda né le amministrazioni di Bill Clinton, o successivamente di Barack Obama avrebbero eliminato o ridotto questi pericoli in modo significativo».
Nonostante i progressi significativi nel disarmo, oggi ci sono migliaia di armi nucleari in “hair-trigger alert”, ovvero pronte ad essere lanciate in pochi minuti. Cosa andrebbe fatto immediatamente?
«Gli Stati Uniti e la Nato non dovrebbero solo adottare la politica di no-first use, ma dovrebbero agire in accordo con essa, eliminando dall’Europa tutte le armi nucleari tattiche, che sono tutte altamente vulnerabili e possono portare a un lancio sulla base di un falso allarme.
Ciò significa rimuovere tutte le armi oggi in Italia, Germania, Belgio, Turchia e Olanda. Perlomeno, quelle francesi e inglesi sono meno vulnerabili, sebbene anche esse mettano in pericolo la sicurezza mondiale più di quanto promuovano quella nazionale. Lo stesso vale per le armi tattiche russe».
Lei ha dichiarato di essere convinto che il leader nordcoreano abbia pianificato una devastante rappresaglia, nel caso in cui fosse assassinato. Ci può dire di più?
«Nel mio libro, dedico molti capitoli alla mia scoperta, fatta quasi 60 anni fa, di come gli Stati Uniti avessero delegato l’uso di queste armi ai comandanti sul campo e giù giù nella catena di comando, e anche all’adozione di misure simili da parte dell’Unione Sovietica, per assicurare che un attacco capace di “decapitare” le rispettive capitali non compromettesse la capacità di rappresaglia. Non c’è ragione di supporre che Kim Jong- un non abbia ideato qualcosa di simile, considerando che si trova ad affrontare la minaccia, alla luce del sole, di essere assassinato e che la Corea sia invasa».
Si è parlato di limitare la capacità del presidente Trump di lanciare un attacco nucleare…
«Non c’è modo di limitare costituzionalmente il controllo del presidente sulle sue forze nucleari o su nessuna delle forze armate di cui è il comandante in capo. Sono solo chiacchiere, un modo per allontanare i legislatori dalla responsabilità di cambiare completamente questo sistema mostruosamente irresponsabile».
E la Russia di Putin? Ha immensi arsenali nucleari, ma tutto il dibattito è sui suoi hacker…
«Le minacce da parte di Putin di un first-use delle armi nucleari – in connessione con l’Ucraina o con Kaliningrad – sono folli e immorali, come lo sono sempre state quelle della Nato».
Guardando indietro, suggerirebbe ai giovani di talento di servire il loro paese, cercando di cambiare le cose dall’interno del sistema o di ribellarsi? Seguire gli ordini o la coscienza?
«Raramente è possibile cambiare il sistema dall’interno: è dotato di troppe protezioni contro il rischio che ci siano insider che agiscono secondo coscienza, quando non sono d’accordo con i superiori.
Consiglio ai giovani di talento di servire l’umanità e il loro paese informandosi, facendosi domande e agendo per cambiare le politiche sbagliate e pericolose dei loro governi, operando dall’esterno. Se tuttavia, si dovessero trovare all’interno del sistema e dovessero scoprire che i loro capi e le istituzioni per cui lavorano stanno ingannando il parlamento o l’opinione pubblica, allora li incoraggerei a denunciare ai cittadini quello che hanno scoperto, servendosi di documenti che lo provano, e agendo a qualunque costo per le loro vite e carriere».