la Repubblica, 14 gennaio 2018
Via le renne, ora la Scandinavia punta al tesoro minerario del Nord
Berlino Jovsset Ante Sara, giovane pastore di renne, è stata l’ultima vittima. La Corte suprema norvegese ha respinto il ricorso, l’ha obbligato a ridurre da 116 a 75 esemplari la mandria di renne di cui vive.
C’è una quota fissa, i governi scandinavi dicono che difende l’equilibrio naturale, il popolo sami – i centomila lapponi sparsi tra Svezia Norvegia e in parte Finlandia – si sente discriminati. Costretti a cedere sempre più pascoli, foreste e altro spazio economico vitale al boom minerario e di altri investimenti. È una pagina nera poco conosciuta del “modello nordico”. Ma i centomila non si piegano più, si organizzano per difendersi.
Il pastore, appoggiato da artisti, intellettuali e organizzazioni non governative, si rivolgerà al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo. Esasperazione, rabbia, crescono.
«Che le nostre renne siano troppo numerose per l’equilibrio ambientale è un mito, in realtà i paesi nordici, Svezia soprattutto, hanno bisogno di sempre più spazio per ricerche minerarie e ogni altra industria», accusa un rapporto stilato da ricercatori ed esperti della minoranza.
Centomila persone circa, in buona parte pastori erranti. Parlano una lingua affine al finnico e all’ungherese, hanno nel joik la loro musica e antiche tradizioni culturali.
«Ma da decenni e decenni ci trattano da razza inferiore», ha detto alla radio svedese la giovane regista sami Amanda Kernell. «Nelle scuole insegnano più sugli indiani d’America che non su di noi». Nel suo premiatissimo film Sami blood narra il dramma della giovane Elle- Marja, maltrattata dalla scuola media nei cupi anni venti. Quando in Svezia, anticipando i nazisti, i sami erano studiati come esseri diversi, cavie umane: misurazione del cranio, test medici, foto nudi, schedature.
La disgrazia dei sami – spiega il vicepresidente del loro parlamento, Ol- Johán Sikku sono le risorse della loro terra: la Lapponia è la maggiore riserva di minerali d’Europa, miniere di ferro e di ogni altro tesoro. Serve sempre più spazio ad estrarre.
La Svezia – nota l’Istituto per l’Ambiente di Stoccolma – è ultima nella classifica del rispetto dei diritti dei popoli autoctoni quanto all’impatto, per loro, dei progetti industriali. Victoria Tauli-Corpuz, responsabile delle Nazioni Unite per i diritti dei popoli indigenti, ha duramente criticato Stoccolma, Oslo e Helsinki.
La sconfitta del giovane pastore è il quarto caso in pochi mesi. Diritti al lavoro nella natura sconfitti da economia e profitto. Suggeriscono loro di sopravvivere con l’ecoturismo, mancano soltanto riserve chiuse.
«I nordici hanno condotto la politica colonialista più efficace, senza armi hanno fatto di tutto per eliminare una lingua e una cultura», denuncia Ove Varsi, editore sami. Già nel 17° secolo, il missionario cristiano Johan Ferdinand Körningh accusava i sami di nascondere giacimenti d’oro, suggerendo di cacciarli massacrando le renne.
«I sami scelgono posizioni più radicali, dopo quel verdetto contro il pastore», nota Ande Somby, dottore in Legge e cantore di joik. Gli establishment nordici, in nome della crescita, fanno orecchie da mercante.