la Repubblica, 14 gennaio 2018
«Solo l’Ungheria può decidere chi accogliere. Italia e Grecia non rispettano Schengen: è colpa dell’Ue». Intervista a Victor Orbán
L’Ungheria del premier di destra Victor Orbán è considerata la capofila del Gruppo di Visegrad, l’alleanza di Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia e Polonia, che fa blocco nelle discussioni e nelle decisioni europee e si oppone a una ripartizione dei profughi nei vari paesi. La Commissione europea, preoccupata per alcune leggi considerate lesive delle libertà e dei diritti fondamentali, ha messo sotto osservazione questi paesi e nei confronti della Polonia e delle riforme tese a “politicizzare” la giustizia ha avviato la procedura sanzionatoria che può portare alla perdita del diritto di voto di Varsavia in sede di Unione europea.
Il suo rapporto con l’Ue è teso, lei attacca Bruxelles. Ma l’Ungheria non è parte dell’Ue e, quindi, parte di Bruxelles?
È così. C’è una contraddizione. Però l’Europa non è a Bruxelles, ma a Berlino, Budapest, Varsavia e Parigi. Io non attacco Bruxelles, ma i politici e i burocrati di Bruxelles. Si comportano come se fossero il centro di un impero. Invece, noi vogliamo un’Ue con un Parlamento dai poteri ben delimitati, una Commissione che vigila sui trattati anziché fare una propria politica, e un forte Consiglio dei capi di governo.
L’Ue avvia un tentativo di ripartire i profughi fra gli Stati membri. A quali condizioni fareste la vostra parte?
Noi ungheresi siamo solidali e veniamo criticati per questo.
Sorvegliamo con i nostri soldati le frontiere dell’Ue, e questo ci è costato finora un miliardo di euro.
Ma che cosa fanno Bruxelles e Berlino? Non ci pagano e ci insultano. Noi non ci facciamo imporre da Bruxelles chi dobbiamo accogliere nel nostro Paese. Solo l’Ungheria ha il diritto di decidere chi può soggiornare sul territorio ungherese. Nel rispetto di questo principio partecipiamo volentieri al sistema di ripartizione dei profughi.
La difesa delle frontiere dell’Ue è un presupposto affinché una crisi dei profughi come quella del 2015 non si ripeta. La Grecia è affidabile nella protezione i confini?
La Grecia e l’Italia fanno molto, ma non rispettano le regole vincolanti di Schengen. La colpa è di Bruxelles. È compito dell’Ue difendere le frontiere esterne là dove gli Stati non sono in grado di farlo. Invece, Bruxelles permette che il trattato di Schengen sia violato. Quando ho ricordato queste regole in una seduta del Consiglio europeo, sono stato quasi cacciato dai miei colleghi. Su questa questione, l’Ue si dimostra priva di autorevolezza. I siriani minacciati di morte hanno il diritto di salvare la loro vita e di trasferirsi nei primi Stati sicuri che riescono a raggiungere. Tuttavia, i profughi oggi non provengono più soltanto dalle aree di guerra. Si tratta di migranti per motivi economici, che da noi vogliono solo vivere meglio che in Africa o in Asia. Proprio per questo crediamo che occorra portare aiuto a quei Paesi e non portare i migranti qui da noi.
Assistiamo a una spaccatura tra gli europei dell’Est e gli europei dell’Ovest sui temi della democrazia liberale o dello Stato di diritto. Chi si sta allontanando da chi?
Si tratta di un malinteso reciproco.
Parliamo lingue diverse. Noi ungheresi parliamo una lingua tradizionale, diretta. In Occidente si parla in modo diverso. Gli occidentali si considerano post-nazionali, post-cristiani e si definiscono liberali, fautori dello Stato di diritto. Noi non vogliamo una cosa del genere. Noi vogliamo la nostra identità nazionale e cristiana.
I polacchi sono arrabbiati con Bruxelles come finora lo erano stati solo gli ungheresi. Che cosa consiglia al governo di Varsavia?
Perseveranza e pazienza.
Nella polemica con l’Ue Vladimir Putin, che rinfaccia all’Occidente decadenza e debolezza, è un vostro alleato?
In Europa è molto rischioso pronunciare anche solo una mezza parola a favore di Putin. Lo rappresentano con gli zoccoli e le corna, come il diavolo. Per essere considerati buoni europei è obbligatorio dipingere Putin come un diavolo. Invece è una follia demonizzare Putin. Putin governa un grande e antico impero. In passato, noi ungheresi abbiamo sofferto molto sotto la Russia e io ho avuto dure discussioni con Putin. Ciò nonostante, occorre riconoscere che Putin ha reso di nuovo grande il suo Paese e che la Russia è di nuovo un protagonista della politica mondiale.
L’Occidente si preoccupa in primo luogo della libertà. In Russia, mettono al primo posto la necessità di tenere unito quell’immenso impero. Tutto il resto viene dopo.
Però l’Ue non capisce la Russia.
In Ungheria sono imminenti le elezioni. Avete approvato una legge ispirata al modello russo in base alla quale le ong sono tenute a registrarsi. Quale influenza teme?
La legge ungherese si orienta piuttosto sul modello americano.
Non vedo nulla di scandaloso nel fatto che le organizzazioni che ricevono denaro dall’estero siano tenute a registrarsi. Se non si vergognano a riceverlo, allora non dovrebbero neppure vergognarsi a dichiararlo! Le fondazioni tedesche in Ungheria, ad esempio, non hanno nessun problema a questo riguardo. Sono solo le organizzazioni della rete di George Soros a lamentarsi dell’obbligo di registrazione. Mi rendo conto che con questa etichetta in Ungheria non sarà facile avere successo.
Il suo governo sta conducendo una campagna contro Soros. Che cosa ha fatto per attirarsi la vostra ostilità?
La cosa meravigliosa delle democrazie liberali è che non si è tenuti a farsi piacere nessuno e che lo si può anche dichiarare. Il conflitto tra il governo ungherese e Soros si è aperto quando la sua rete ha cominciato a impegnarsi attivamente per promuovere l’immigrazione in Ungheria.
Vogliono rimuovere le barriere e modificare la politica migratoria del nostro Paese. È un’invadenza che non potevamo tollerare. Gli ungheresi hanno diritto di sapere dietro quali iniziative si nasconde Soros.
Nel dibattito su Soros, che è di origini ebraiche, si gioca con il risentimento antisemita. Perché non tronca questa campagna denigratoria?
È una menzogna. Fa ormai parte della tattica politica delle forze di sinistra in Europa diffamare come antisemita qualche politico di destra. In Ungheria pratichiamo la tolleranza zero nei confronti dell’antisemitismo.
– Traduzione di Carlo Sandrelli