Corriere della Sera, 14 gennaio 2018
Solo 76.000 testamenti
Ci sono un genovese tirchio, un napoletano scaramantico e un veneto che non ha mai tempo perché pensa solo a lavorare. Sembra l’inizio di una barzelletta, quelle tenere di una volta costruite sugli stereotipi, tipo le «Risate a denti stretti» della Settimana enigmistica. E invece si tratta dei risultati di uno studio sui testamenti degli italiani. Un lavoro serio e approfondito, fatto dall’Ufficio centrale degli archivi notarili, al ministero della Giustizia, sul registro generale dei testamenti. Massima autorità nel ramo e dati ufficiali. Come si arriva, allora, al genovese tirchio, al napoletano scaramantico e a quella cartolina in bianco e nero spedita dai luoghi (comuni) dell’Italia?
La Liguria (ma occhio al Molise)Nel 2016 i testamenti pubblicati in Italia sono stati quasi 76 mila. Non si tratta di una scelta molto diffusa: in quell’anno il testamento è stato fatto dallo 0,12% della popolazione italiana. E il dato è abbastanza stabile nella gran parte delle regioni italiane. Poi ci sono le eccezioni. La regione dove nel 2016 sono stati pubblicati più testamenti, in rapporto alla popolazione residente, è la Liguria. Rispetto alla popolazione residente siamo allo 0,36%. Il triplo della media nazionale. Eccolo qui il genovese tirchio. Oppure giustamente attento alle sue cose, previdente. Persino saggio perché con quel documento eviterà liti tra gli eredi che lui non vedrà ma lasceranno il segno.
In realtà il rapporto tra testamenti e residenti, potremmo chiamarlo tasso di previdenza, è ancora più alto in Molise, con lo 0,78%. Ma si tratta di un picco isolato e vista la bassa popolazione della regione (300 mila abitanti, due quartieri di una grande città), il dato viene considerato statisticamente poco significativo. In ogni caso dietro la Liguria c’è il vuoto. A inseguire c’è il Friuli Venezia Giulia, che però si ferma allo 0,16%. Molto più indietro e di fatto schiacciato sulla media nazionale.
In coda tra Campania e VenetoIn coda alla graduatoria c’è il Veneto. Qui il rapporto tra numero di testamenti pubblicati nel 2016 e popolazione residente è allo 0,06%. La metà della media nazionale. La cartolina in bianco e nero dei luoghi comuni d’Italia dice che qui si lavora e basta e non c’è tempo per pensare ad altro. Anche se la lunga crisi che abbiamo attraversato ha cambiato parecchio le cose. In penultima posizione c’è la Campania, dove il tasso di previdenza si ferma allo 0,09%. E dove il testamento (chi sogna di farlo deve giocare il 37) è comunque guardato con una certa cautela. Perché certe cose, se uno ci pensa, poi finiscono per accadere davvero. Finita la classifica semiseria resta la domanda: ma ha davvero senso legare un scelta così personale al carattere (presunto) di un popolo? La scrittrice francese Françoise Sagan diceva di avere paura dei luoghi comuni perché sono quasi sempre veri. E il testamento è pieno di verità, soprattutto di quelle che non si aveva il coraggio di dire da vivi. Fogli pieni di amori, confessioni e vendette postume come quella della signora Quintavalla, che così scriveva nelle sue ultime memorie: «Ricordate che io sorveglio tutto, anche dopo morta. Specie la tomba che deve essere una tomba, non un tombino per avarizia coi soldi miei. Ps per sicurezza voglio l’autopsia». O come la «scappatella con la signora di fronte e la fruttivendola ma solo a scopo terapeutico», confessata da un marito tormentato dai sensi di colpa. Testi, quelli della signora Quintavalle e del marito pentito, raccolti dal soprintendente notarile Salvatore De Matteis, che li ha poi inseriti nella sua raccolta di testamenti bizzarri diventata un libro di successo, «In piena facoltà».
La previdenza delle donneC’è un altro dato che salta agli occhi nelle statistiche degli archivi notarili. A fare testamento sono più spesso le donne. Nel 2016 sono state il 56% del totale. E anche se risaliamo indietro fino al 1989 la maggioranza resta sempre rosa. C’è un motivo demografico. La vita media delle donne è più lunga di quella degli uomini. Spesso sono loro a rimanere da sole e a dover regolare la divisione dei beni tra le generazioni successive. Ma volendo cercare la conferma di un altro stereotipo potremmo dire anche che le donne sono più previdenti.
Il testamento solidaleAl di là dei luoghi comuni, negli ultimi anni è aumentato il numero degli italiani che sceglie di lasciare una parte dei propri beni non solo a parenti e amici ma anche a cause benefiche. È il cosiddetto testamento solidale. Una scelta fatta nel 2011 da 8.092 italiani, l’anno dopo da 8.665. Con la sensazione, in attesa di numeri più aggiornati, che la tendenza sia ancora verso l’alto. «In Italia è necessario fare cultura sull’importanza di pianificare per tempo la propria successione, sia per disporre dei propri beni in sicurezza sia per aiutare gli altri anche con piccole somme», dice Gianluca Abbate, consigliere nazionale del notariato con delega al sociale. Nel ramo l’Italia ha una certa tradizione. Uno dei primi testamenti solidali, quando ancora non si chiamavano così, lo fece Giuseppe Verdi. Oltre a creare la casa di riposo per musicisti che «si trovino in povertà», ancora oggi aperta a Milano, il compositore donò 10 mila lire sia allo stabilimento dei Rachitici di Genova sia allo stabilimento dei Sordomuti, sempre di Genova. Non erano spiccioli: in tutto quasi 100 mila euro di adesso. Doveva saper che a certe cose in Liguria sono molto attenti.