Corriere della Sera, 14 gennaio 2018
I notabili centristi. La rete (e i voti)
ROMA «Renzi e Berlusconi sono come i ladri di Pisa. Di giorno fingono di litigare» e di notte «affossano l’emendamento alla legge sulle elezioni europee che avrebbe consentito alla Sardegna di votare ed eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo». Di conseguenza, «chi voleva conoscere i nomi dei killer della rappresentanza sarda in Europa è accontentato».
Così parlava nel marzo del 2014 Pierpaolo Vargiu, medico plurispecializzato («in medicina legale, odontostomatologia, radiologia», si legge nel suo curriculum), nonché leader del partito dei Riformatori sardi, la formazione politica che sull’isola – dalla sua fondazione – ha sostenuto il centrodestra (politiche del 2001), il Patto Segni-Scognamiglio (Europee 2004), poi di nuovo il centrodestra (politiche 2006) e infine Scelta Civica di Mario Monti (politiche 2013). Domanda numero uno: perché sono così contesi, i Riformatori sardi? Semplice. Perché in Sardegna, negli ultimi quindici anni, non hanno mai preso meno del 6 percento. Domanda numero due: chi sosterranno, alle prossime elezioni? Semplice, uno dei – Vargiu dixit – «ladri di Pisa». E cioè Silvio Berlusconi.
Nella corsa forsennata del centrodestra verso la maggioranza (quantomeno relativa) nel prossimo Parlamento, la parte del leone potrebbero farla loro. Quelli che, con il loro nocciolino duro, possono essere determinanti. I Riformatori sardi di Vargiu così come gli Autonomisti responsabili friulani di Renzo Tondo, i molisani di «Insieme per il Molise» dell’ex governatore Michele Iorio, la pattuglia torinese che nel 2016 sosteneva la corsa a sindaco dell’ex deputato e sottosegretario forzista Roberto Rosso (tra questi, si segnalava la lista «Moderati in rivoluzione»). Solo per citare quelli approdati al centrodestra seguendo quel percorso a ostacoli che li ha portati nella quarta gamba attraverso il movimento Direzione Italia di Raffaele Fitto. E all’elenco, come ripete spesso l’ex ministro e governatore che ha guidato il pullman dei conservatori e riformisti di ogni parte d’Italia, manca appunto il corpaccione pugliese composto da «quattro consiglieri regionali, una quarantina di sindaci, senza considerare di assessori e consiglieri comunali». Tutti «zero virgola» potenzialmente decisivi. Tutti, verosimilmente, pronti a passare all’incasso a vari livelli – dagli enti locali al sottogoverno – se e quando una maggioranza col centrodestra attorno nascerà dopo le elezioni del 4 marzo.
Lo stesso discorso vale per chi – a differenza di Fitto, Enrico Costa o Gaetano Quagliariello, che hanno raccolto poco ma ovunque – ha preferito raccogliere tanto ma in un solo posto. Come il «Cantiere Popolare» dell’ex ministro Saverio Romano, che alle ultime regionali siciliane (insieme agli autonomisti dell’omonimo movimento fondato da Raffale Lombardo) si è portato a casa la bellezza di centrotrentaseimila voti, un 7 per cento che è valso cinque deputati regionali. E che, nell’ottica attuale di «Noi con l’Italia», vanno sommati ai cinque dell’Udc di Cesa. Il quale a sua volta, in giro per il Sud Italia, sta radunando portatori d’acqua (e di voti) partendo proprio dai consigli regionali. Come quello della Campania, dove recentemente ha avvicinato quattro consiglieri tra cui Michele Schiano di Visconti, l’ex sindaco di Qualiano eletto in una lista che sosteneva il governatore (del centrosinistra) Enzo de Luca.
E tutto questo non tiene conto della capacità di attrazione di Forza Italia. Da Nord a Sud. A Lecco, per esempio, i berlusconiani hanno riportato a casa – sottraendoli a Energie per l’Italia – il consigliere regionale Mauro Piazza e l’ex vicesindaco ed ex presidente della provincia Daniele Nava. In Brianza, altro «scippo» (virgolette d’obbligo) ai danni di Stefano Parisi, è ritornata in «orbita Arcore» Sabrina Mosca. In Calabria, invece, a provocare il terremoto è stato Antonio Gentile, altro detentore di qualche decina di migliaia di preferenze. A metà dicembre, gli alfaniani lo nominano coordinatore nazionale di Alternativa popolare; la notte di San Silvestro, neanche due settimane dopo, lui annuncia il sostegno a Forza Italia. Non essendosi dimesso da sottosegretario allo Sviluppo economico è oggi, formalmente, l’unico berlusconiano del governo Gentiloni. E nel sottogoverno di domani potrebbe, ragionevolmente, sperare di tornare.