La Stampa, 14 gennaio 2018
Giampiero Ventura, i 70 anni tristi dell’ex ct azzurro
Settant’anni, senza il Mondiale e con i pensieri dentro ad un frullatore. Giampiero Ventura sa di aver sbagliato perché cancellare dall’agenda degli italiani l’appuntamento più alto è un peso, a volte così ingombrante da toglierti il sonno. E quel peso, Ventura, vorrebbe toglierselo provando a spiegare, senza cercare alibi, che cosa è accaduto nei tre mesi dopo la Spagna, la notte della sconfitta di Madrid che ha segnato l’indelebile spartiacque fra il prima e il dopo.
La «finta» liberatoria
Errori, ma anche promesse non mantenute. Delegittimazione, dentro e fuori la Nazionale: per raccontare tutto, e farlo fino in fondo, occorrerebbe un via libera che non c’è. O, meglio, che c’è, ma non così convinto da lasciare all’ex ct di calciare il pallone dove vuole: Ventura ha chiesto alla Figc una liberatoria per accettare l’invito di chi, e sono tanti, quasi tutti, lo vorrebbe presente sui media. Lunga è la lista dei corteggiatori di un uomo, comunque, al centro di un’avventura, poi finita male. E allora? La liberatoria è arrivata, dettagliata a tal punto da confondergli le idee: Ventura può parlare, ma non può dire se qualcuno lo ha tradito, se ne ha ostacolato il lavoro, se gli ha impedito di decidere come avrebbe voluto.
Niente alibi
«Non è scappato. Non vuole scappare...», raccontano gli amici di un tecnico, ferito e consapevole. E, soprattutto, non vuole nascondersi il commissario tecnico scelto da Tavecchio e che avrebbe dovuto lavorare con Lippi come compagno di viaggio dentro la Figc. Molto parte proprio da lì, dalla norma che ha impedito al tecnico campione del Mondo a Berlino di fare da scudo, e da punto di riferimento, ad un amico: come è possibile che la Figc si fosse dimenticata il passaggio sul conflitto di interessi, da lei modificato, nel momento in cui investiva Lippi del ruolo di direttore tecnico federale e tutto il mondo era a conoscenza del lavoro di procuratore del figlio Davide?
Dimissioni
Ventura parlerà, magari quando l’attuale contratto con la Figc si sarà consumato perchè, senza le dimissioni, l’ex ct è rimasto nella condizione di dipendente federale. Perchè è sfumata la nomina, annunciata da Tavecchio, di direttore tecnico della Federcalcio? Come mai, improvvisamente, è diventato Renzo Ulivieri il suo diretto interlocutore? E, poi, il rapporto con i giocatori, le scelte (Insigne sì, Insigne no), Balotelli, l’empatia con la squadra, un modello tedesco impossibile da imitare, gli stage, la voglia di mollare tutto, la non esultanza di Scutari al gol di Candreva, gli sconfinamenti della politica, non solo sportiva. «Un fallimento come questo non può avere una sola verità...», scrisse l’ex ct nelle ore in cui il Mondiale era appena diventato una chimera.
E, Ventura, la verità vuole raccontarla. Non per sfuggire alla sue responsabilità, anzi: quello che è accaduto in campo è memoria collettiva. Ma c’è un’altra dimensione che, in presenza di un traguardo fondamentale non raggiunto, ha un peso: è tutto ciò che viene catalogato come «politica» o programmazione di un Figc non all’altezza. A questo, forse, pensa l’ex ct della Nazionale quando dice di voler parlare di un’esperienza, improvvisamente diventata sempre più sbiadita. Qualcuno sostiene che l’ex ct non sarebbe, comunque, andato ai Mondiali in Russia del prossimo giugno perché aveva già deciso di lasciare la panchina azzurra. Presto sapremo anche questo.