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 2018  gennaio 13 Sabato calendario

Quello che serve all’Italia in Niger

L’operazione in Niger, deliberata dal Consiglio dei ministri, s’inquadra in un accordo bilaterale tra l’Italia e il Paese africano per l’addestramento di forze addette alla lotta al terrorismo e al controllo dei suoi confini settentrionali, attraverso i quali trafila buona parte del flusso migratorio che arriva in Italia. In ogni caso, nelle intenzioni annunciate da Gentiloni non dovrebbe trattarsi di un’operazione di combattimento in rinforzo alle attività francesi nell’Africa subsahariana, nonostante i ripetuti inviti di Parigi ad un’iniziativa europea nell’area del «G5 Sahel» (Mali, Mauritania, Chad, Niger e Burkina Faso). Il condizionale è però d’obbligo, stante l’indeterminatezza della situazione nel Sahara dove già opera un cospicuo contingente francese (Op. Barkhane) e dove è crescente la presenza americana, anche nella base di Agadez al centro del Niger, per la condotta di attività operative contro le forze jihadiste.
In ogni caso, l’operazione dovrebbe implicare l’impiego iniziale di 120 uomini da portare a 470 in sei mesi. Tra questi, gli «addestratori» sarebbero qualche decina, mentre il resto avrà funzioni di supporto e sicurezza. Lo schieramento delle forze dipenderà dagli esiti delle ricognizioni attualmente in corso, anche se non pare prestarsi allo scopo la Capitale Niamey, a ben 1600 km dal confine libico; un’opzione migliore potrebbe invece essere rappresentata da Agadez al centro del Paese e a 700 km dal confine, eventualmente chiedendo ospitalità alla citata base statunitense. Più problematica, invece, parrebbe la base della Legione Straniera di Madama che, per quanto a ridosso del confine con la Libia (100 km) e in pieno deserto, implicherebbe un dispositivo logistico e di sicurezza molto pesante. Per quanto attiene alla sicurezza, infatti, si può ipotizzare una componente di fanteria inferiore ai 100 uomini in caso di schieramento in una base nel Sud del Paese già presidiata dai locali, mentre potrebbe triplicare in caso di schieramento in una base indipendente in pieno Sahara. Analoghe considerazioni valgono per la componente logistica, che aumenterà di peso addentrandosi nell’area desertica. Un ragionamento a parte merita invece la componente aerea che includerà alcuni elicotteri NH-90 e, auspicabilmente, almeno un aereo da trasporto tattico viste le grandi distanze da coprire nei collegamenti interni. Per lo schieramento, mentre il velivolo da trasporto potrebbe essere basato anche a 800-1000 km dall’area d’impiego, in infrastrutture idonee, gli elicotteri dovranno essere mantenuti a pie’ d’opera delle unità terrestri, sia per consentire eventuali spostamenti tattici delle unità di manovra in caso di minaccia, sia per effettuare eventuali evacuazioni sanitarie d’urgenza (Medevac). Conseguentemente, saranno necessari shelter e un dispositivo logistico significativo per lo svolgimento delle previste attività di mantenimento che, nell’area desertica in questione, si preannunciano particolarmente gravose. L’attività sanitaria, infine, dovrà prevedere un presidio di primo intervento di capacità adeguate a garantire la stabilizzazione di eventuali feriti, dal quale trasportarli in più idonee strutture in tempi ristretti, anche appoggiandosi ai reparti francesi, tedeschi o Usa. Come si vede, le variabili della pianificazione in questione sono notevoli anche per un’operazione che si vorrebbe di solo addestramento e mal si combinano con la necessità di definire l’entità dello sforzo complessivo col bilancino del farmacista ancora prima che la pianificazione di dettaglio abbia inizio. È questo, infatti, uno degli effetti della legge 145 del 2016 che riserva al parlamento l’approvazione delle missioni, rischiando però di allungare i tempi per un’effettiva implementazione del piano; senza tenere conto che il parlamento che dovrebbe decidere in merito è ormai stato sciolto. Insomma, l’operazione ancora non è partita, ma è certo che dovrà essere affrontata con la consapevolezza che il da farsi non potrà essere definito dalle nostre esigenze di politica interna e finanziarie, ma da quello che ci imporrà la situazione, come sempre dovrebbe avvenire quando la minaccia non è rappresentata dal caso, dalla sfortuna o dalla natura, ma da una controparte armata e determinata a contrastarci. A fucilate.