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 2018  gennaio 13 Sabato calendario

Lo scandalo molestie arriva in Cina

Se lo scandalo Weinstein continua a riempire i giornali occidentali, finora la Cina era sembrata indifferente alle denunce del movimento #MeToo. Qualcosa è cambiato il primo giorno dell’anno, quando Luo Xixi ha pubblicato un lungo post su Weibo – il principale sistema di microblog nella Repubblica Popolare – in cui accusava di molestie Chen Xiaowu, suo professore alla prestigiosa università Beihang di Pechino. «Dobbiamo avere il coraggio di dire no», ha tuonato Luo. Letto in pochi giorni quasi cinque milioni di volte, il messaggio ha acceso i riflettori sulle molestie sessuali in Cina e fatto correre sui social l’hashtag #WoYeShi, la traduzione di #MeToo in mandarino.
Le molestie risalgono a 12 anni fa, ora Luo ha un Ph.D., vive negli Stati Uniti e proprio in America ha trovato la forza di denunciare. Prima di pubblicare il post, la trentenne ha raccolto prove e cercato testimonianze tra le colleghe di università. Quando il post di Luo Xixi è diventato virale, studentesse da una ventina di atenei cinesi hanno denunciato simili casi. Secondo un’indagine condotta in 15 università cinesi dalla Federazione delle donne – l’associazione ufficiale del Partito comunista – il 57% delle studentesse ha subito una qualche forma di molestia sessuale. Mentre una ricerca dell’Università di Hong Kong rivela che l’80% delle donne cinesi ne è stata vittima sul luogo di lavoro. Per le attiviste femministe, in Cina è ancora troppo forte lo stigma sociale, così è improbabile che saranno molte le ragazze disposte a metterci la faccia. Anche chi decide di parlare deve fare i conti con leggi vaghe e lacunose, con la difficoltà nel fornire prove delle molestie subite e la resistenza della polizia nell’accettare le denunce, soprattutto se coinvolgono personaggi ricchi e influenti. «Alcune donne sono venute allo scoperto, ma è strano che siano così poche», dice al Guardian Leta Hong Fincher, autrice di «Betraying Big Brother: China’s Feminist Resistance» e che da anni studia il movimento femminista cinese. Nei giorni scorsi un editoriale pubblicato sulla versione on-line del Quotidiano del Popolo – l’organo del Partito Comunista – ha rotto il silenzio dei media nella Repubblica Popolare e scritto che «il coraggio è l’atteggiamento migliore». L’università Beihang ha confermato che il professor Chen ha compiuto una «grave violazione» del codice di condotta dell’ateneo e annunciato il suo allontanamento.