La Stampa, 13 gennaio 2018
Bulgaria, corruzione e povertà. La cenerentola che governa l’Europa
Prendete il Paese più corrotto d’Europa. Quello con il Pil pro-capite più basso e il maggior numero di persone a rischio povertà (40%). L’ultimo nella classifica della libertà di stampa. Il più inquinato, con la più scarsa assistenza sanitaria e dunque il peggiore indice di qualità della vita. Ecco, ora immaginate che quel Paese prenda per i prossimi sei mesi la guida dell’Unione Europea. Vi sembra possibile? Se state scuotendo il capo, è la risposta giusta. Ma soltanto perché quel Paese è la Bulgaria. E qui a Sofia, per dire «Sì», la gente scuote il capo da destra a sinistra. Muoverlo dall’alto al basso, invece, vuol dire «No». Alla rovescia. L’Europa è nelle mani della sua Cenerentola. L’estrema periferia che si trasferisce in centro per dare le carte in uno dei momenti più delicati per l’Unione.
L’etichetta di pecora nera non piace a Bojko Borisov. L’ex bodyguard (con adeguato physique du rôle), un passato da karateka, è al suo terzo mandato da premier. Seduto nella sala del Consiglio dei ministri, la «Granite Hall», rivendica la «gestione esemplare» dei conti pubblici che nel giro di pochi mesi si trasformerà in una domanda ufficiale di adesione all’Euro. «Abbiamo un tasso di crescita del 3,9%. Un deficit pari a zero, la disoccupazione al 6%, un debito pubblico al 26,8%, il terzo più basso dell’Unione. Rispettiamo tutti i parametri di Maastricht, a differenza di altri Paesi...».
Il governo vuole ribaltare l’immagine di Paese zavorra. E allora Lilyana Pavlova, ministro per la Presidenza Ue, tira fuori la lavanda: «Siamo il primo produttore europeo». La Bulgaria ha superato la Francia, di cui tra l’altro è fornitore. Già, perché i fiori che finiscono nell’industria dei cosmetici francesi non arrivano mica tutti dalla Provenza. Vengono coltivati nei campi a due passi dal Mar Nero.
Ma il profumo di lavanda non basta per coprire i maleodoranti guai che inquinano questo angolo di Balcani. Il presidente Rumen Radev ha appena rinviato al parlamento la nuova legge anti-corruzione, considerata inefficace. E poi c’è la criminalità: lunedì uno dei più influenti uomini d’affari è stato giustiziato davanti al suo ufficio di Sofia. L’omicidio di Petar Hristov, legato al partito di Borisov (Gerb), ha sconvolto il Paese. Ma non meno della mattanza di Capodanno: sei persone uccise nella loro casa a Novi Iskar, alle porte della capitale. Stavano festeggiando l’anno nuovo.
Per le cerimonie di apertura del semestre europeo, con la visita dei leader Ue, le strade di Sofia sono state ripulite. Il Comune ha vietato la circolazione dei tipici carretti trainati dai cavalli che scorrazzano per la capitale. Ma non trasportano i turisti: a usarli sono i cittadini più poveri, spesso di etnia rom, che differenziano illegalmente la spazzatura. «In un modo più efficiente di quello dell’amministrazione», dicono caustici dall’opposizione cittadina.
La Bulgaria ha l’ossessione di presentarsi all’Europa con l’abito migliore. Anche perché in questi mesi spera di fare il passo decisivo per l’entrata in Schengen. Il che vorrebbe dire libertà di circolazione per i cittadini. «Soddisfiamo tuti i criteri già da sei anni, ma per questioni politiche alcuni Stati Ue ci ostacolano – lamenta la ministra Pavlova -. Stiamo facendo molto per proteggere le nostre frontiere esterne. Più di altri Paesi».
L’Europa da queste parti è chiaramente vista come un’opportunità. Anche perché i fondi Ue sono una bella boccata d’ossigeno. «La fiducia dei cittadini nelle istituzioni Ue è maggiore rispetto a quella nel governo» spiega Antoniy Galabov, docente alla Nuova Università Bulgara. E anche gli alleati di Borissov, il blocco populista e xenofobo dei Patrioti Uniti, hanno un atteggiamento sempre meno ostile verso l’Ue: «Smettetela di chiamarci estrema destra – sbotta Krasimir Karakachanov, vicepremier e ministro della Difesa -. Noi siamo soltanto più sensibili degli altri in termini di identità, immigrazione irregolare e pratiche religiose illegali. Ma non siamo estremisti».
L’obiettivo dichiarato da Sofia tocca da vicino i Balcani Occidentali: vuole accelerare il processo di adesione all’Ue dei Paesi dell’ex Jugoslavia. Così non sarà più la pecora nera e si costruirà un importante corridoio regionale. Tutto sotto gli occhi del Cremlino, che guarda a quest’area con grande interesse. «È sbagliato avere posizioni dure nei confronti di Mosca – spiega Borisov -. Nel nostro Paese ci sono 4.500 monumenti dedicati ai soldati russi che sono morti per liberarci dall’impero ottomano nel 1878. Da parte nostra c’è un forte sentimento di gratitudine verso la Russia».