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 2018  gennaio 13 Sabato calendario

Intervista a Mara Maionchi

Diceva Gandhi che “è una calunnia parlare di sesso debole a proposito di una donna”. È la prima cosa che ci viene in mente mentre Mara Maionchi sulla soglia di casa saluta con una stretta di mano energica, inaugurando una lunga serie di sorrisi. Siamo a Milano dove la signora della discografia abita da tanti anni, ma la nostra storia comincia in un’altra città: “Gli studi, pochi e malfatti li ho fatti a Bologna. Non è che non mi piaceva studiare, ero proprio un somaro. A peggiorare la situazione, avevo dei cugini bravissimi. Tutti! Quando andavo in vacanza, mia nonna mi faceva un culo così, perché gli altri avevano dei risultati pazzeschi e io niente. Però mi è piaciuto tantissimo lavorare. Quando avevo 18 anni, dopo una scuola tecnica, mio padre mi disse: qui o si studia o si lavora. Il primo impiego fu alla Saima, una ditta di spedizioni internazionali. Facevo la stenodattilografa, una mansione umile ma a me piaceva tantissimo. Riuscivo a trovare interessanti anche le bolle di spedizione, che non erano proprio appassionanti”.
Che anni sono?
Fine degli anni 50. Poi nel ‘61 sono venuta a Milano, che io adoravo. Allora ovviamente non si usava che una ragazza cambiasse città e andasse a vivere da sola. Però mia sorella si era sposata con un ingegnere che lavorava alla Montedison a Milano. E quando restò incinta della terza figlia, mi disse: ‘Vieni a darmi una mano con le bambine e intanto che stai qui ti cerchi un lavoro’.
Anche lei ha due femmine?
Sì. In famiglia siamo sempre stati ‘speriamo che sia femmina’.
Torniamo a Milano.
Ho lavorato prima in una società che faceva case prefabbricate e poi per una che produceva anticrittogamici. Si chiamava Sipcam, anzi si chiama perché esiste ancora e due anni fa sono andata all’anniversario per i settant’anni: l’amministratore delegato di allora è ancora vivo. Anche lì facevo la segretaria, lavoravo con un entomologo che studiava le reazioni dei vari prodotti chimici e si occupava soprattutto della peronospora del tabacco. Da lì poi sono andata a lavorare per una ditta che si occupava di sicurezza e antincendio, dove tenevo la contabilità. E organizzavo pure le dimostrazioni sulla funzionalità degli estintori in campagna. Poi ho risposto a un annuncio sul Corriere della Sera e ho cominciato la mia carriera nella discografia: mezzo secolo fa, alla Ariston, con Alfredo Rossi che è stato un grande editore e discografico.
Da segretaria poi ha fatto carriera: come è il suo rapporto con il potere? Non erano molte le donne in posizioni apicali in quegli anni.
No, non molte. Anche adesso purtroppo la situazione non è che sia molto migliorata. La strada delle donne è ancora lunga: gli uomini tendono a non prenderci sul serio. Ho un’amica primario: quando è in ospedale con il camice addosso la chiamano signora. I suoi colleghi maschi sono tutti dottori. C’è un retaggio ancora fortissimo: a livello inconscio io credo che di fronte a un medico uomo e a un medico donna, uno istintivamente scelga il medico uomo. È un pregiudizio, ovviamente. Il mio era un mondo molto maschile, anzi direi quasi esclusivamente maschile. E anche a me sono toccati i pregiudizi, ma non ci ho mai fatto troppo caso. Certo qualche piccola tacca sulla carlinga l’ho dovuta fare. Sa, gli uomini sono prepotenti anche quando valgono poco. E allora bisogna mettere le cose in chiaro. Le donne, a quei tempi, erano delle brave segretarie. La prima ad avere un ruolo nella discografia è stata Mimma Gaspari, alla Rca, poi Giusta Spotti. E ovviamente Caterina Caselli, che ha fatto una grande fatica alla Sugar, perché era la moglie del padrone e ci ha messo un po’ a imporsi. La guardavano tutti in cagnesco.
Ha avuto impedimenti in quanto donna?
Rossi mi aveva dato fiducia, mi ha appoggiato e ho avuto una promozione. Non ho fatto una fatica titanica in quanto donna. È vero che io sono sempre stata molto combattiva e questo aiuta: ricordo certi incontri con i funzionari Rai… Ho cominciato a lavorare con Ornella Vanoni, una donna simpatica e generosa. I primi vestiti elegantissimi che ho avuto me li ha passati lei.
Siamo negli anni Settanta?
Anni fantastici per la musica. Quando prendo le pillole – da vecchi ci sono sempre delle pillole – l’unica cosa che mi consola è che ho avuto la fortuna di vivere un momento meraviglioso come quello.
Sono anche anni di grandissime trasformazioni sociali. E di battaglie. Lei era femminista?
Ho partecipato al movimento nel senso che ero d’accordo su tutta la linea. Ai cortei però non andavo perché lavoravo, avevo la famiglia. Poi non ero il tipo da ‘io sono mia’. Ci sono battaglie ancora da vincere, penso alle difficoltà a conciliare lavoro e maternità. Giusto che siano illegali le dimissioni in bianco, una pratica barbara, ma poi ci tocca vedere che aumentano le dimissioni volontarie delle neomamme perché non ci sono asili e strutture che le supportino. Questo mi fa molto incazzare. Io le tasse le pago volentieri, ne pago tante e non sopporto i furbetti del fisco alla Valentino Rossi. Non ho nulla contro i ricchi, ma se uno guadagna tanto deve pagare in proporzione. Però mi piacerebbe sapere dove vanno a finire, vorrei essere sicura che davvero garantiscono i servizi per tutti, anche per quelli che non possono permetterseli.
Favorevole sia a divorzio che aborto?
Sì, sperando di non farlo mai. Mi ricordo una litigata furibonda con un tassista che era contrarissimo al divorzio perché lui con la moglie andava d’accordo… E io che gli dicevo: ma cosa c’entra, le leggi valgono per tutti e non è che diventa obbligatorio. Io sono credente, ma le scelte sul corpo sono personali.
Lei si è sposata con un uomo di dieci anni più giovane. L’hanno criticata?
La gente non si fa mai i fatti i propri. A un certo punto tutti mi dicevano ‘ma come fai a trent’anni suonati a vivere ancora con i tuoi? Vai a vivere da sola’. E allora sono andata a vivere da sola, in un residence. Dopo tre mesi sono tornata a casa: passavo delle tristissime serate davanti alla tivù. E dicevo: ma tutta sta libertà a che cosa mi serve? La stessa cosa quando mi sono sposata, un po’ faceva impressione: lui 26, io 35… Mia madre mi diceva: ‘Ma a te cosa interessa? È lui che la prende vecchia’. L’ho risolta così: mi son detta che il matrimonio è una cosa talmente complicata che l’età non può essere da sola un discrimine. Siamo sposati da 42 anni.
Ha avuto dei modelli femminili?
Mia madre. Era nata nel 1903, ma la mia famiglia aveva una mentalità progressista: l’ultima che si è sposata in bianco credo sia stata mia nonna… Io ho esagerato perché mi sono sposata in nero. Ma eravamo in Comune. Poi cinque anni dopo ci siamo sposati anche in chiesa.
Lei è credente?
Sì, profondamente, prego molto ma vado poco in chiesa: non mi è mai piaciuto il fan club.
Donne in politica. Quote rosa, sì o no?
Mi ha sempre dato fastidio il concetto in sé, l’idea di votare qualcuno in base al fatto che fosse uomo o donna. Poi mi è stato spiegato che per tutte le minoranze le quote sono state uno strumento necessario per garantire l’accesso, per esempio agli incarichi elettivi. E quindi ho cambiato idea. Ovviamente le donne politiche sono come gli uomini: ci sono quelle brave e quelle incapaci. Certo è gente che si è scelta una professione importante, perché un conto è sbagliare in proprio, un conto è sbagliare quando di mezzo c’è la collettività che tu rappresenti.
Sindaca o sindaco?
Mi fa ridere, sono cazzate. Ministro è una funzione, dai. Non credo che la declinazione del nome rafforzi le donne. L’importante è che le donne arrivino a fare il ministro. E poi: che uno sia bravo nel suo mestiere, un bravo ministro, senza rompere le palle con questa cosa del nome.
Lei è stata assessore.
Per due anni, in un piccolo Comune del Comasco, alla fine degli anni 90. Ero assessore alle Politiche sociali, mi ero candidata in una lista civica perché me lo aveva chiesto una mia conoscente che poi è diventata sindaco. Tutti mi chiedevano soldi, anche quelli che non avevano bisogno di aiuti. Mi facevano diventare matta. Ricordo una volta una signora malata di Sla, con una famiglia che non se ne occupava. In ospedale non poteva stare, dopo dieci giorni la mandavano a casa. Ero disperata. Sono andata al ricovero generale di Como e mi sono messa piangere: così l’hanno presa.
In un’intervista lei ha detto: la tv ti dà alla testa, il secondo giorno già pensavo a farmi un ritocchino…
Scherzavo, naturalmente. Anche se quando ti vedi in televisione, o anche semplicemente allo specchio, un po’ di tristezza ti viene. Mia sorella, la prima volta che mi ha vista in tv mi ha detto: ma sei pelata! Ci credo, con la menopausa ho perso un sacco di capelli. Sono gli ormoni… È un momento difficile della vita di una donna, finisce il momento creativo, della maternità. Non è facile accettarlo. Comunque io credo che la chirurgia faccia male alle donne. Non ti toglie l’età, ti sfigura i lineamenti e quindi indica anche uno scarso rispetto per te stessa. Vendi la tua faccia per cosa? Perché uno ti dica che dimostri dieci anni di meno? Si desidera essere ancora quella là, quella che aveva vent’anni. Ma non si può tornare indietro, oltretutto non si è più la stessa persona. La nostra interiorità cambia.
Ci si rifà per continuare a essere sexy?
Se è così è una sciocchezza: sessualmente siamo destinati a tramontare. Anche se dopo le avance di Noel Gallagher ho pensato che forse forse… Tornando seri, il sesso a un certo punto sparisce dalla testa, non ci pensi più.
Le giovani donne si mostrano molto, sui social per esempio. Che ne pensa?
La libertà sessuale è stata importante, ma non si è capito a che punto fermarsi. Si parla continuamente di sesso, ovunque. Si vedono dappertutto persone mezze nude. Troppo. La vita è anche altro. Il sesso è diventato la cosa più importante del mondo, ci sono perfino le pubblicità con gli anziani che ammiccano. Ma il sesso è un aspetto della vita che riguarda la giovinezza, il procreare. E questo ci porta anche alle infedeltà degli uomini. Troppe coppie si sfaldano sulla questione della fedeltà: ma cosa vuoi, nella vita ti tradiscono anche gli amici, i colleghi di lavoro, mica solo i mariti.
Lei ha detto di aver perdonato suo marito.
Ma poveretto sì, mi ha fatto anche un po’ tenerezza. Per una cosa di cinque minuti, non succede niente.
Come la canzone di Julio Iglesias: “Se un uomo tradisce, tradisce a metà. Cinque minuti e non eri più là”.
Non me la ricordavo, comunque è proprio così. La famiglia è una cosa importante. Una volta che hai scelto, devi cercare di tenerla unita. La famiglia aiuta quando si è giovani e poi dopo anche più tardi, quando si invecchia. Qualche volta è un peso, la vita però è piena di pesi. Qualche volta ti diverti, ma qualche volta. Oggi sembra che l’imperativo sia divertirsi 24 ore al giorno, distrarsi, non pensare mai. Ma non si può. E aggiungo: che divertimento c’è nel divertirsi e basta? Anche le rinunce danno soddisfazioni.
La bellezza?
La bellezza è bella. Intendo: una donna bellissima, un’attrice o un’indossatrice come si diceva una volta, è stata fisicamente fortunata. Non è detto che sia, solo per questo, una persona felice, realizzata, gioiosa. La bellezza o ce l’hai o non ce l’hai. Ricordo una sera, tanti anni fa, a uno show Mediaset, io e mio marito eravamo tra il pubblico vicino a Linda Evangelista e Naomi Campbell. Erano di un’altra specie, noi in confronto sembravamo delle scimmie… Faccio sempre i complimenti a una donna bella, ma la cosa finisce lì. Non è che poi voglio diventare lei.
L’estetica è diventata un’ossessione.
Su questo tema il mondo sta rincretinendo. Uomini compresi però, che sono più vanitosi delle donne. È il pavone maschio che fa la ruota, no? Poi è giusto aver cura di sé, tenersi, è un segno di rispetto e io lo faccio. Mia madre, che è morta a 99 anni, anche da anziana si depilava le sopracciglia ed era sempre vestita bene: io sono più strusciona. Mi piace stare comoda.
Che pensa del caso Weinstein?
Mi ha stupito la mole di denunce. Anche se gli uomini sono un po’ cretini oltre che vanitosi, a volte purtroppo abusano del loro potere. A me non è mai successo di essere aggredita e non ero mica brutta. Qualche farfallone che faceva lo spiritoso sì, ma poche cose. Ricordo una volta un tizio che mi aveva palpato il culo, l’ho rimesso a posto in un secondo! Non mi è mai successo di essere stata ricattata sul lavoro, tipo ‘o me la dai o te ne vai’. Con Vittorio Salvetti, il patron del Festivalbar, abbiamo passato lunghe notti a chiacchierare anche in albergo, non mi sono mai sentita a disagio e non ho mai dovuto riflettere se fosse pericoloso restare a parlare fino alle ore piccole da sola con un uomo. Devo dire che io non sono mai stata un tipo seduttivo, ma in questo caso il problema non è tanto la libertà di esprimere la sessualità, ma la libertà di concedere o negare il consenso. C’è una bella differenza.