13 gennaio 2018
APPUNTI PER GAZZETTA - TRUMP INSULTA GLI AFRICANIREPUBBLICA.ITNonostante il tentativo di aggiustare il tiro sulle dichiarazioni shock di ieri ("Non voglio immigrati di Haiti, El Salvador e Stati africani: cesso di Paesi") dicendo di aver usato un linguaggio duro ma non quelle parole, il presidente Usa Donald Trump è da ore sommerso da critiche e reazioni infiammate da parte di stampa ed esponenti politici
APPUNTI PER GAZZETTA - TRUMP INSULTA GLI AFRICANI
REPUBBLICA.IT
Nonostante il tentativo di aggiustare il tiro sulle dichiarazioni shock di ieri ("Non voglio immigrati di Haiti, El Salvador e Stati africani: cesso di Paesi") dicendo di aver usato un linguaggio duro ma non quelle parole, il presidente Usa Donald Trump è da ore sommerso da critiche e reazioni infiammate da parte di stampa ed esponenti politici.
Tra i primi a smentire Trump è stato Il senatore democratico Richard Durbin che, insieme al repubblicano Lindsay Graham ha riportato la vicenda, ribadendo che Trump ha pronunciato quelle parole "ripetutamente". Durbin ha anche elogiato il collega Graham per il coraggio avuto nel contraddire il pensiero del presidente.
Stamattina il gruppo di ambasciatori dei paesi africani alle Nazioni Unite ha condannato le espressioni "oltraggiose, razziste e xenofobe" di Trump, chiedendo delle scuse.
Nel chiedere le scuse ufficiali del presidente e una ritrattazione, l’Unione si dice preoccupata della crescente tendenza dell’amministrazione americana di denigrare l’Africa e le persone di discendenza africana.
L’ex ambasciatrice Usa all’Onu Samantha Power, ha condiviso in un tweet la reazione dei rappresentanti al Palazzo di Vetro dicendo di non aver mai visto in precedenza una dichiarazione così dura di paesi africani verso gli Stati Uniti.
Whoa. I’ve never seen a statement like this by African countries directed at the United States. After an emergency mtng today @UN, Africa group says it “is extremely appalled at...outrageous & xenophobic remarks” attributed to Trump & “demands a retraction and an apology.” pic.twitter.com/5KkdwppUzL
— Samantha Power (@SamanthaJPower) 13 gennaio 2018 In precedenza era stata già l’Unione Africana a chiedere a Trump di scusarsi "con gli africani e tutte le persone di origine africana nel mondo".Tra le critiche più dure, quella del deputato della Georgia John Lewis, una delle icone viventi del movimento per i diritti civili americano, storico collaboratore e amico di Martin Luther King.
Lewis ha dichiarato che boicotterà uno degli appuntamenti politici più importanti dell’anno, ovvero lo State of the Union, il discorso sullo stato della nazione che il presidente terrà il prossimo 30 gennaio al Congresso a camere riunite. "Non ho intenzione di partecipare" ha dichiarato alla Msnbc il deputato. "Secondo coscienza, non posso stare nella sua stessa stanza dopo quello che ha detto su tanti americani. Non posso, non sarei onesto con me stesso".
Nelle sue affermazioni sull’immigrazione Trump aveva anche aggiunto: "Gli Stati Uniti dovrebbero attirare più immigrati da Paesi come la Norvegia". Una dichiarazione a cui ha risposto John Egeland, numero uno dei Consiglio norvegese per i rifugiati: "Sono un norvegese che ha avuto la possibilità di godere di periodi di studio e di lavoro in America. L’unica cosa che mi spingerebbe a emigrare negli Stati Uniti è la vostra vibrante società multiculturale. Non buttatela via".
"In Norvegia ci sono 46 settimane di congedo parentale. Per quale diavolo di motivo qualcuno dovrebbe rinunciare a tutto questo per venire qui?", ha chiesto su Twitter la scrittrice Molly Knight.
Norway has universal health care and FORTY-SIX WEEKS of paid parental leave. Why the hell would anyone living there give that up to move here?
— Molly Knight (@molly_knight) 11 gennaio 2018Sulla stessa lunghezza d’onda si è sintonizzato anche un big assoluto come Stephen King: "Perché i norvegesi dovrebbero emigrare qui? Hanno un vero sistema sanitario e un’aspettativa di vita migliore".
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Donald Trump ’shock’. Il presidente americano, in un incontro nello Studio Ovale con alcuni membri del Congresso, usa parole dure contro gli immigrati. A parlamentari e senatori che gli chiedevano di riconsiderare la decisione di togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani, il tycoon ha risposto: "Perché gli Stati Uniti dovrebbero avere tutta questa gente che arriva da questo cesso di Paesi?".
Trump ha smentito dopo qualche ora dicendo di aver usato un linguaggio forte, ma non quelle parole. "Gli Stati Uniti - ha cercato di correggersi il presidente - sarebbero costretti a prendere un gran numero di persone ’da paesi ad alta criminalità e messi male’. Voglio un sistema di immigrazione basato sul merito e persone che contribuiscano a migliorare il nostro paese. Quello che è stato duro - ha aggiunto - è stato ricevere una proposta così stravagante".
The language used by me at the DACA meeting was tough, but this was not the language used. What was really tough was the outlandish proposal made - a big setback for DACA!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 12 gennaio 2018 Il riferimento è all’accordo bipartisan sul Deferred Action for Childhood Arrivals (Daca), la legge che tutela i ’dreamer’, i bambini arrivati negli Usa insieme a genitori che risultano come immigrati irregolari. Il senatore democratico Richard Durbin che, insieme al repubblicano Lindsay Graham ha riportato la vicenda, na ribadito che Trump ha pronunciato quelle parole "ripetutamente". Durbin ha anche elogiato il collega Graham per il coraggio avuto nel contraddire il pensiero del presidente.Un’espressione volgare quella di ’shithole countries’ usata dal presidente e che subito ha scatenato polemiche. Secondo quanto riferisce il Washington Post, Trump si sarebbe spinto anche oltre: "Gli Stati Uniti dovrebbero attirare più immigrati da Paesi come la Norvegia".
Tra le reazioni più dure le dimissioni dell’ambasciatore americano a Panama, John Feeley: "Come funzionario del ministero degli Esteri ho firmato un giuramento di servire il presidente e la sua amministrazione senza farmi condizionare dalla politica, anche se posso non concordare con certe scelte. Le mie istruzioni sono chiare: se ritenessi di non poter più servire, sarebbe per me un obbligo d’onore dimettermi. Questo momento è arrivato adesso".
Il "no" di Trump ai profughi, Rampini: "Sdogana l’insulto razzista" Condividi
• L’ONU: "È RAZZISMO". DAL SUDAFRICA: "OFFENSIVO"
Attraverso il portavoce Rupert Colville le Nazioni Unite hanno espresso il proprio sdegno per la frase del presidente americano: "Non c’è un’altra parola che può essere usata se non ’razzista’. Se confermato e non smentito ufficialmente, si tratta di un pensiero vergognoso e scioccante".
"Parole allarmanti e estremamente offensive". Così le ha definite Jesse Duarte, vice segretario dell’African national congress, il primo partito del Sudafrica. "Gli Stati Uniti hanno milioni di disoccupati e di persone senza assistenza sanitaria, ma noi non faremo comunque commenti dispregiativi.Gli Usa sono, nella storia, il più grande esempio di Paese costruito sui valori della diversità e delle opportunità per tutti, soprattutto per i migranti".
Dopo le parole di Trump il governo del Botswana ha convocato l’ambasciatore americano per ricevere chiarimenti. El Salvador, invece, ha chiesto ufficialmente "rispetto" al presidente americano.
· 55 PAESI AFRICANI CHIEDONO A TRUMP DI SCUSARSI
L’Unione Africana (Ua), l’organizzazione che rappresenta i 55 Stati del continente, pretende delle scuse dal presidente Donald Trump per le sue parole offensive. "L’Unione Africana intende esprimere la sua rabbia, la sua delusione e indignazione per questo sfortunato commento fatto dal presidente Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America. Sono affermazioni che disonorano il celebrato credo americano e il rispetto per la diversità e la dignità umana", ha dichiarato la rappresentanza dell’Unione Africana presso la Nazioni Unite, dopo una riunione d’emergenza sulle parole di Trump. Gli ambasciatori africani hanno espresso "preoccupazione per la costante e crescente tendenza dell’amministrazione Usa a denigrare il continente africano e le persone di colore" e hanno condannato "le indegne, razziste e xenofobe affermazioni del presidente degli Stati Uniti" reclamando "che vengano ritrattate e delle scuse".
• IL GELO TRA I PARTECIPANTI ALL’INCONTRO
I presenti all’incontro - secondo indiscrezioni riportate dai media americani - sarebbero rimasti spiazzati dal duro attacco del presidente. Il senatore repubblicano Lindsay Graham e quello democratico Richard Durbin sono rimasti gelati: solo pochi minuti prima, avevano proposto di tagliare del 50 per cento la lotteria per i visti di ingresso negli Usa continuando a tutelare gli immigrati già residenti nel Paese con lo status di protezione. Status accordatogli in quanto costretti a lasciare i loro Paesi di origine per sfuggire alle conseguenze di catastrofi come i devastanti terremoti che negli anni passati hanno colpito El Salvador o Haiti.
Una situazione che ha messo in Imbarazzo anche il segretario generale americano, Rex Tillerson, che ha pronunciato un discorso sul ’rispettò e i ’valorì degli Stati Uniti, preparato prima che scoppiassero le polemiche legate alla frase di Trump e in contrasto con il pensiero del presidente. Tillerson ha affermato che "i valori contano", elogiando "diversità e differenze, i percorsi di vita e le varie culture". Fattori che permettono anche alle istituzioni americane di crescere. "La nostra stella polare - ha concluso - è il rispetto di tutti".
• I PRECEDENTI DI TRUMP
Le parole pronunciate da Trump fanno eco a quelle che il presidente avrebbe detto nei mesi scorsi. Lo scorso giugno avrebbe infatti sostenuto che i 15mila haitiani arrivati negli Stati Uniti nel 2017 "hanno tutti l’Aids". Non se la sono cavata meglio i 40mila nigeriani giunti negli Usa lo scorso anno: "Non torneranno più nelle loro capanne".
IL COMMENTO: "Patto con il diavolo, America razzista" di V. ZUCCONI
• TRUMP E LA COREA DEL NORD
Ma Trump ha stupito anche su un altro fronte, quello della Corea del Nord. A sorpresa, in un’intervista al Wall Street Journal, ha riferito di "avere probabilmente un rapporto molto buon con Kim Jong Un". Il presidente non è entrato nel dettaglio e non ha chiarito se ci siano stati contatti diretti. Alla domanda su possibili colloqui fra Trump e Kim, il presidente ha risposto: "Non commento. Non voglio dire se l’ho fatto o meno. Non voglio commentare".
• LA REAZIONE DEI MEDIA AMERICANI
I media americani si sono adeguati all’era Trump e, rompendo una consolidata tradizione, hanno pubblicato per intero le parole volgari usate dal presidente senza omissioni o asterischi per nascondere la parola usata: ’shithole’.
LIMES: Dove sono gli immigrati negli Stati Uniti
’’Ci è stato subito chiaro che dovevamo pubblicare il linguaggio direttamente, senza parafrasarlo. Abbiamo voluto essere sicuri che i lettori capissero esattamente la portata della notizia’’ ha spiegato Phil Corbett del New York Times. Il quotidiano, a differenza di altre pubblicazioni, ha però evitato la parola incriminata nel titolo, preferendo usare un’espressione comune. ’’Siamo ancora inclini a evitare volgarità nei titoli’’, ha ribadito Corbett.
• BEZOS DONA 33 MILIONI PER I DREAMERS
E mentre il Congresso statunitense sta lavorando per sciogliere il nodo del Daca Jeff Bezos, il patron di Amazon e proprietario del Washington Post, ha donato 33 milioni di dollari a un fondo che offre borse di studio ai dreamer.
· I SUPREMATISTI BIANCHI CON TRUMP
I suprematisti bianchi lodano le dichiarazioni shock del presidente Donald Trump sui "Paesi cesso" riferendosi a Haiti e altri Stati africani. "Ha detto la dura, brusca verità", ha twittato l’ex gran maestro del Ku Klux Klan, David Duke. Richard Spencer, altro preminente suprematista, ha scritto che se Haiti è stata dominata dai francesi "potrebbero loro renderla di nuovo grande". Il sito neo nazista Daily Storm ha definito le affermazioni del presidente "incoraggianti e tonificanti poiché indicano che Trump è più o meno sulla nostra stessa lunghezza d’onda - si legge - per quel che riguarda l’immigrazione".
LA STORIA DELLA ESCORT
NEW YORK - Nuovo colpo al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Stavolta da una testata amica o quanto meno "non ostile", il Wall Street Journal di Rupert Murdoch. Secondo la Bibbia di Washington, Michael Cohen, il capo dei legali dell’impero immobiliare Trump Organization a ottobre del 2016 (solo un mese prima delle elezioni dell’8 novembre) comprò il silenzio di una pornostar, in arte Stormy Daniels, al secolo Stephanie Clifford, con 130mila dollari su un incontro intimo tra lei e il presidente. Il rapporto sarebbe stato consumato in occasione di un torneo di golf per celebrità a Lake Tahoe nel luglio del 2006, un anno dopo, dunque, il matrimonio di Trump con la terza ed attuale moglie, Melania.
Proprio nel 2006 i media erano tornati a parlare della bionda Stephanie che alle cronache era già nota per la sua attività cinematografica: da alcuni mesi era salita alla ribalta per la decisione - annunciata - di candidarsi come senatrice della Louisiana. A seguire, la donna si era resa protagonista di una vicenda tutt’altro che lusinghiera: la polizia di Tampa l’aveva arrestata per violenze domestiche contro il marito. La pornostar lo avrebbe ripetutamente picchiato durante una discussione su alcune bollette non pagate. Nel tentativo di prendere le chiavi dell’automobile - che l’uomo stringeva in mano - per allontanarsi dall’abitazione, Stormy avrebbe colpito il marito ripetutamente al volto. Oltre all’arresto, per lei anche una multa di mille dollari (qui le foto).
In passato Trump è stato accusato di molestie da alcune donne ma in questo caso si sarebbe trattato di una relazione non forzata, scrive il Wsj. Da parte sua la Casa Bianca nega: "Queste sono storie vecchie e riciclate che sono già state pubblicate e con forza smentite prima delle elezioni", ha dichiarato un funzionario rispondendo alla domanda sull’accordo economico raggiunto con Clifford.
A sua volta, in una dichiarazione l’avvocato Cohen non ha risposto alla domanda sul presunto pagamento da 130mila dollari ma ha detto che "il presidente Trump, ancora una volta, smentisce con veemenza questo o qualsiasi altro incontro a sfondo sessuale" con la ex attrice di film a luci rosse. Cohen ha anche accusato il Wsj che "questa è la seconda volta che voi sollevate accuse contro il mio cliente. Avete tentato di far passare questa balla per oltre un anno; una storia che è stata già negata da tutte le parti almeno sin dal 2011".
Il precedenza il Journal aveva raccontato che Clifford, oggi 38 anni, nell’autunno del 2016 aveva trattato con il programma della Abc Good Morning America la presenza in trasmissione per parlare di Trump. Sempre Coeh ha anche pubblicato una dichiarazione in una mail intitolata "A chiunque possa interessare" e firmata da "Stormy Daniels" (il nome d’arte) in cui Clifford smentisce di aver mai avuto una "rapporto sessuale o una relazione romantica" con Mr. Trump e "le voci che io abbia ricevuto denaro da Donald Trump sono completamente false". Il Journal sottolinea che Clifford non ha risposto alle molteplici e-mail inviate per ottenere un commento.
zucconi
In una piazza di Savannah, la storica e bella città della Georgia sull’Atlantico, si erge, da dieci anni, un monumento del quale il Presidente Donald Trump non deve avere mai sentito parlare: è il momento che commemora il contributo e il sacrifico dei Chasseurs-Volontaires de Saint-Domingue, i fucilieri volontari che nel 1779 parteciparono alla Rivoluzione Americana combattendo al fianco dei ribelli di George Washington contro le truppe coloniali inglesi.
Erano neri di pelle, africani di origine o di nascita, soggetti di una terra che allora era colonia francese e oggi è diventata Haiti, anche grazie a quella rivoluzione che i reduci dalla Guerra d’Indipendenza americana videro e imitarono. Provenivano da quella nazione che oggi il leader degli Stati Uniti d’America ha definito uno "shit hole", un’espressione che l’Agenzia Ansa ha tradotto eufemisticamente in "cesso" ma che all’orecchio di qualsiasi americano suona molto, molto più volgare. Uno "shit hole" è un "buco del culo". Nella più benevola delle traduzioni, un "merdaio".
Un merdaio, secondo l’uomo che neppure si rende conto del ruolo di simbolo vivente e pontefice laico della "religione americana" che le sfortune della storia gli hanno assegnato, come è tutta l’Africa, continente fatto di 54 nazioni e di una vertiginosa varietà di etnie, di diversi colori di pelle, storia, cultura, religione, grado di sviluppo industriale, urbanizzazione, come un "merdaio" sono l’Honduras, la più povera della nazioni del Centro America o il Salvador, la più violenta, come sono tutte le terre dalle quali adulti, bambini, vecchi tentano di fuggire precisamente perchè sono "buchi del culo". Nessuno fugge dalla Norvegia di oggi, la nazione che Trump ha citato come esempio di paese dal quale vorrebbe immigrati, forse perchè poche ore prima aveva incontrato la Presidente del Governo di Oslo Erna Olsberg e come tutti i bambini, o i più deboli di mente, anche lui tende a ricordare e a conservare l’impressione dell’ultima persona con la quale ha parlato, fino alla successiva che lo distrarrà.
Dopo avere notato che la Casa Bianca e i cortigiani, compresi quei generaloni che dovrebbero essere gli adulti nell’asilo infantile e contenere i capricci del bambinone, tacciono come marmittoni intimiditi quando il Boss ne spara una delle sue, non hanno smentito quelle sue espressioni, non ci sono commenti adeguati per un Capo dello Stato americano che considera "merdai" l’intera Africa e nazioni vicine e sventurate come Haiti.
La sola spiegazione che viene data dai suoi sostenitori in Parlamento e dai leccapiedi della Fox News Network è che queste cose sono dette per massaggiare "la base", i caproni più razzisti e zotici fra i suoi elettori ancora aggrappati a lui ed è una spiegazione che ancora più terrorizzante della frase. Il suo e quello dei suoi supporter è puro, distillato razzismo, attizzato dal rancore e dall’ansia di vendetta contro quell’ "africano", quell’usurpatore con la pelle nera che ossessiona questa base e Trump, intento a demolire ogni tesserina del Lego faticosamente costruita dal predecessore.
Ê disprezzo per chiunque non appartenga all’immaginaria tribù dei "bianchi puri", formata in realtà da un mosaico di popoli fuggiti in America da altri "buchi del culo" del mondo, i ghetti della Polonia, dell’Ukraina, della Bielorussa, la miseria più divorante del Sud d’Europa, Italia inclusa, dalla Germania che gli antenati di Trump, quando ancora si chiamavano Drumpf lasciarono per mangiare, dall’Irlanda devastata dalla carestia delle patate.
Siamo oltre alla vergogna di un anziano signore che crede di vivere ancora in uno studio televisivo dove conta soltanto la capacità di raccogliere audience e marcare ratings, dunque ricorre ai trucchi dello "shock" per attirare pubblico. Siamo alla minaccia diretta al cuore di ciò che gli Stati Uniti d’America sono e decisero di diventare 240 anni or sono, anche con il sacrificio dei fucilieri haitiani.
Trump si sta rivelando il peggior amico che gli americani possano avere. Una minaccia diretta a ciò che il mondo ha sempre creduto fossero gli Usa, rischiando la vita pur di raggiungerli.
Quest’uomo che trabocca di odio per tutti coloro che non sono come lui, che sta ogni giorni ferendo l’immagine, il prestigio, l’onore di quella nazione che proclama di amare, non sapendo che cosa significhi diventare americani, essendo lui nato a New York già con il "cucchiaio d’argento in bocca", milionario prima di imparare a camminare, è il migliore alleato di chi odia l’America.
Una parte dell’America ha firmato un patto con il diavolo quando lo ha eletto grazie alla bizzarria del sistema elettorale presidenziale. In cambio di un apparente favore fiscale che beneficerà principalmente chi non ne ha bisogno, ancora tutto da dimostrare, di una Borsa che contnua a gonfiarsi verso l’inevitabile scoppio, della retorica di una grandezza perduta che ha sempre significato soltanto il ritorno alla supremazia bianca, ha venduto la propria anima di "nazione di nazione", di città sulla collina che richiama gli stanchi, gli affranti, i poveri, i perseguitati come recita il poema alla base della Statua della Libertà.
Poche ore dopo i suoi commenti sull’Africa, Haiti, il Centro America come "merdai" del mondo, Trump aveva registrato per la tv il messaggio di saluto e di commemorazione per la Festa di Martin Luther King, che sarà commemorato lunedì prossimo, in un orgasmo di ipocrisia che offende quella memoria che a parole vorrebbe onorare. King fu ucciso 50 anni or sono, nel 1968. Se il "trumpismo" dovesse infettare la nazione intera, sarebbe morto invano.
690 mila i bambini arrivati irrrgolsrmente negli Stati Uniti e che sono provvisoriasmente tutelati dal Deferred Action for Childoohd Arrivals (Daca). 200 mila i cittadini del Salvador