Corriere della Sera, 13 gennaio 2018
La Serie C al collasso. L’ultimo caso è il Vicenza
Un’altra vergogna: prima il Modena e ora il Vicenza, categoria sempre la stessa, quella C che continua a essere il vero buco nero del nostro calcio. Dove però, attenzione, anche i ricchi o presunti tali piangono: secondo l’ultimo report della Figc l’indebitamento aggregato del calcio è di 3 miliardi e mezzo di euro (2 miliardi solo in serie A), per un aumento secco del 3,5% rispetto al 2016. Significa che c’è poco da ridere tanto in alto quanto in basso. La notizia del giorno però è che il baratro della terza serie ha inghiottito un altro pezzo di memoria del nostro pallone, 116 anni di storia operosa, il mitico «Lane», Paolo Rossi e Roby Baggio, la Coppa Italia del ’97 e il secondo posto in A del 1977/78. C’è un dato spaventoso: dal 2011 in C sono state oltre 50 le società fallite o che non si sono iscritte, per un oceano di punti di penalizzazione, 280 fra ritardi nei pagamenti e illeciti sportivi vari. Ma il presidente della Lega Pro, Gabriele Gravina, non ne fa una questione di categoria: «È un approccio superficiale: molte di queste società sono arrivate dalla B con debiti pregressi. C’è qualcosa tra le componenti del nostro mondo che non funziona».
A dir poco. Eppure non doveva succedere più, così almeno aveva promesso nel marzo 2015 Carlo Tavecchio: «Mai più un caso Parma». Già, e invece due anni dopo rieccoci qua, ancora a fare i conti con i tecnicismi del diritto fallimentare. Rispetto al Modena, che a inizio novembre ha subito l’onta della radiazione, al Vicenza è andata un po’ meglio: ieri la Procura ha richiesto il fallimento con l’avvio dell’esercizio provvisorio, vale dire che un curatore cercherà di condurre la squadra (oggi terz’ultima) fino alla fine del campionato. I giocatori non ricevono lo stipendio da agosto, i più vecchi come capitan Giacomelli («mesi da incubo») stanno aiutando i ragazzini con gli affitti. Oggi giocherebbero a Padova in Coppa Italia ma hanno deciso di scioperare: al loro posto dovrebbe andare la Berretti ma i tifosi vogliono impedire la trasferta. «Che tristezza, serve più rispetto – dice Luca Toni, che ha giocato sia a Vicenza sia a Modena —. Non si scherza con i sentimenti della gente: chi ha sbagliato paghi, altrimenti succederà ancora».
Verissimo. Detto che le criticità sono sempre le stesse, vale a dire controlli permissivi e un numero eccessivo di squadre pro (nel 2013/14 erano 111 e ora 98: in Europa sono ovunque di meno) sarebbe però un errore pensare di rinchiudere il problema nel recinto della B o della C, anche se è vero che i 10 punti di penalizzazione di questa stagione sono tutti condensati in terza serie. Dove la gran parte dei giocatori vive di ingaggi normali, anche 1500 euro al mese, lontanissimi dalla serie A che però ha altri guai, magari non di liquidità (i diritti tv fanno la differenza) ma comunque serissimi.
Lo sa il Milan, che deve restituire 303 milioni più interessi entro ottobre, lo sa la Roma che ha dovuto ricorrere a un aumento di capitale da 120, lo sa il Genoa alle prese con un indebitamento da circa 85. Lo sanno in molti e se ne sono accorte anche le donne di quanto il nostro calcio fatichi a far quadrare i conti: è fallito lo sponsor ufficiale del campionato femminile, una pasticceria di Busto Garolfo, la «Dolci sapori». No, non è uno scherzo.